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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-08-29 ad oggi 2010-09-17 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

2010-08-31 Gheddafi show nella capitale "Islam diventi religione Europa"

L'arrivo del Colonnello per celebrare l'anniversario della firma del trattato di amicizia con l'Italia. Centinaia di ragazze ad attenderlo nella residenza dell'ambasciatore per la lezione di Corano. Tre si convertono, due se ne vanno stizzite: "Non ci hanno pagato". Per il leader libico un calendario fitto di appuntamenti privati

L'Idv attacca il governo: "Non pensa alle tende dell'Aquila ma alla tenda del dittatore"

Gheddafi show a Roma con le hostess: "L'Islam religione d'Europa"

Duecento avvenenti ragazze convocate all'Accademia libica. "Tre si sono convertite durante l'incontro"

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Dalessandro Giacomo

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pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio.

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Il mio commento sull'argomento di Oggi è :

……………………..

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-08-29 ad oggi 2010-09-17

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2010-09-17

 

 

 

 

 

2010-09-15

15 settembre 2010

PESCHERECCIO MITRAGLIATO

Mazara, sopralluogo sull'Ariete

Il Viminale: rispettati i protocolli

Sopralluogo del procuratore di Agrigento Renato Di Natale, questa mattina, sul motopesca Ariete mitragliato in acque internazionali da una motovedetta libica che aveva a bordo anche sei finanzieri italiani. Insieme a Di Natale sono saliti a bordo del peschereccio, arrivato all'alba a Porto Empedocle

(Agrigento) per gli esami balistici del Ris, anche il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e il pm Luca Sciarretta.

La Guardia di finanza ha operato nel rispetto dei protocolli di cooperazione tra Italia e Libia. Queste le conclusioni della riunione d'inchiesta tenutasi ieri al ministero dell'Interno sul caso del peschereccio italiano contro cui hanno aperto il fuoco i militari di una motovedetta libica, a bordo della quale c'erano anche dei finanzieri.

Nei prossimi giorni, la Procura agrigentina sentirà anche i finanzieri che si trovavano a bordo della motovedetta. A darne conferma è il procuratore Di Natale conversando con i giornalisti al molo di Porto Empedocle. I Ris dei Carabinieri di Messina hanno eseguito dei rilievi sul motopesca colpito da oltre 30 colpi di mitraglia.

Dai primi accertamenti sembra che i libici abbiano sparato "ad altezza d'uomo". Intanto, il comandante del motopesca Ariete, Gaspare Marrone, questa mattina ha ribadito ai pm che lo hanno ascoltato che il peschereccio si trovava "in acque internazionali" e che l'equipaggio "non stava pescando".

La Procura ha aperto un'inchiesta a carico di ignoti, per i reati di tentativo di omicidio plurimo aggravato e

danneggiamento.

 

 

 

 

2010-09-14

14 Settembre 2010

NOTTE DI TERRORE

Gli spari a peschereccio italiano

Maroni: "La Libia si è scusata"

Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha detto che la Libia ha presentato le proprie scuse dopo l'incidente di domenica scorsa in cui una sua motovedetta ha mitragliato un peschereccio italiano, e che i libici pensavano si trattasse di un'imbarcazione con a bordo migranti clandestini."Evidentemente - ha aggiunto il ministro - c'è stato un errore di interpretazione. È stato scambiato il peschereccio per una barca che, non fermandosi all'alt, immaginavano avesse a bordo clandestini". Per il ministro degli Esteri Franco Frattini, quanto accaduto "nulla cambia nei rapporti tra Italia e Libia", anche se occorre definire "un accordo di pesca" con Tripoli, come ha spiegato stamattina il titolare della Farnesina ai giornalisti.

A bordo della motovedetta -- una delle sei consegnate dall'Italia alla Libia per il contrasto al traffico di migranti irregolari dalle coste africane -- c'era almeno un militare italiano, come hanno confermato ieri sia il ministro degli Esteri che la Guardia di Finanza. Il ministro Maroni, per parte sua, ha detto di aver disposto l'apertura di "un'inchiesta per appurare quello che è avvenuto. Appena avremo le informazioni saremo in grado di valutare e evitare che succeda ancora". "Abbiamo ricevuto un rapporto ieri sera dagli italiani a bordo. Loro non sono stati coinvolti nelle operazioni, sono tecnici che si occupano della manutenzione, sono lì per addestrare i libici, non sono parte dell'equipaggio attivo", ha detto il ministro. "Oggi si terrà una riunione al ministero per verificare ciò che è avvenuto. Siamo in contatto con le autorità libiche, con cui c'è un'ottima collaborazione". "Si è trattato di un incidente grave, ma comunque di un incidente", ha concluso Maroni.

Il comandante del peschereccio ha però contestato la versione secondo cui l'imbarcazione sarebbe stata scambiata per un trasporto di immigrati clandestini, hanno riferito oggi alcuni media, e ha detto che il guardiacosta libico ha sparato "ad altezza d'uomo". "Lui sapeva di pescare illegalmente", ha risposto a distanza il ministro Frattini parlando oggi con i cronisti al Senato.

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha sottolineato che "le motovedette hanno un uso specifico, il contrasto all'immigrazione clandestina". "Che questo non possa e non debba mai avvenire è non solo il nostro auspicio ma è anche una cosa da precisare operativamente... L'attuale situazione già non consentirebbe di intervenire per usi diversi da quello del contrasto all'immigrazione clandestina", ha detto La Russa a Pisa. Secondo il ministro delle Politiche agricole, il leghista Giancarlo Galan, quanto accaduto è "incomprensibile e inaccettabile".

 

 

 

 

14 settembre 2010

MAZARA DEL VALLO

L'appello di mons. Mogavero: "Dialogo e trattativa"

Un appello, alle istituzioni italiane ed europee, "al dialogo e alla trattativa" per risolvere il problema del limite delle acque territoriali libiche. Lo rivolge il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, parlando ai microfoni di Radio Vaticana dopo l’episodio delle raffiche sparate dai libici contro un peschereccio italiano. Monsignor Mogavero, da anni impegnato a fianco dei migranti, ricorda che "con regolarità questi episodi si verificano e il punto di contrarietà è sempre lo stesso: il limite delle acque territoriali libiche. Il governo di Gheddafi, con atto unilaterale ha allargato il limite delle acque territoriali fino a 72 miglia marine, contro le 12 previste dal diritto internazionale. Quindi tutte le volte che un peschereccio della nostra flotta, secondo la loro impostazione delle cose, sconfina, per loro è una atto di aggressione. Per noi invece è operare in mare aperto secondo le convenzioni internazionali". "La preoccupazione qui è grande – afferma -, perché si vede soprattutto l’assenza di un’azione politica a livello nazionale ed internazionale che affronti finalmente nelle sedi dovute questa questione ormai spinosa".

Mogavero condivide poi le dichiarazioni di Andrea Olivero, presidente delle Acli, il quale contesta la giustificazione che la marina di Tripoli pensava si trattasse "di una imbarcazione con immigrati irregolari". "Bisognerebbe attendere a compiere atti di ostilità gravi – afferma inoltre il vescovo – fino a che non si constatino effettivamente delle intenzioni ostili da parte dell’altra imbarcazione". Il vescovo di Mazara del Vallo conclude ribadendo il suo invito al dialogo: "Noi siamo per la linea costruttiva del dialogo e della trattativa. Prima di dover raccogliere di nuovo amaramente il cadavere di qualche pescatore o marittimo, siciliano o immigrato, imbarcato su mezzi mazaresi, ci si affretti a trovare il modo la via giusta del dialogo per risolvere questa querelle internazionale che sembra un nodo inestricabile per tutti. Ma non esistono nodi inestricabili, ci vuole la pazienza di una trattativa diplomatica che per quanto lunga può di certo approdare a risultati soddisfacenti".

 

 

 

 

 

2010-09-13

13 Settembre 2010

SICILIA

Motovedetta libica spara

contro peschereccio mazarese

Un peschereccio italiano ieri sera è rimasto coinvolto in una sparatoria con una motovedetta libica che gli aveva intimato di fermarsi. Lo ha denunciato l'equipaggio dell'imbarcazione, come riferisce l'Ufficio relazioni esterne della Guardia costiera. Al peschereccio "Ariete" di Mazara del Vallo (Trapani), con dieci persone di equipaggio tutte illese, una motovedetta libica avrebbe intimato di fermarsi. La motovedetta avrebbe poi aperto il fuoco, raggiungendo l'imbarcazione italiana con alcuni colpi di mitraglia.

"Stamattina il peschereccio è arrivato a Lampedusa, dove la Capitaneria di porto ha aperto un'inchiesta", ha detto un portavoce della Guardia costiera, precisando che in base ai rilevamenti strumentali al momento dell'accaduto l'Ariete si trovava a 31 miglia dalla costa libica, in un'area che la Libia considera di propria pertinenza.

L'Italia dei valori ha chiesto in una nota che il ministro degli Esteri Franco Frattini riferisca "immediatamente in Aula su questo gravissimo incidente".

"L'Italia ha accolto il dittatore Gheddafi come non avrebbe dovuto, gli ha concesso di tutto e di più, con il risultato che i nostri pescherecci vengono mitragliati dalle vedette libiche. Il governo ha il dovere di informare il Parlamento sulla dinamica dello scontro, avvenuto in acque internazionali, e sulle implicazioni per la nostra politica estera", dice nella nota il capogruppo dell'Idv alla Camera Massimo Donadi.

 

 

 

 

2010-08-31

31 agosto 2010

IL RAIS A ROMA

Gheddafi lascia l'Italia

con una coda di polemiche

Muammar Gheddafi ha lasciato l'Italia dopo una visita di 48 ore carica di polemiche. L'aereo del leader libico, che indossava una camicia sahariana marrone, è ripartito da Ciampino poco prima delle 13. Il soggiorno a Roma per i festeggiamenti per il secondo anniversario del Trattato di amicizia italo-libico era iniziato domenica con una lezione di Islam a 500 ragazze di un'agenzia di hostess e si è concluso intorno alla mezzanotte di ieri con la cena con oltre 800 invitati. Durante il discorso tenuto in serata, Gheddafi ha chiesto all'Europa "almeno 5 miliardi di euro all’anno per fermare l’immigrazione clandestina".

"Abbiamo letto i resoconti della stampa - ha detto il portavoce della vice presidente della Commissione Ue Viviane Reding - ma noi non commentiamo le dichiarazioni di mister Gheddafi". Il portavoce ha comunque ricordato come, "il dialogo resta lo strumento principale per migliorare la cooperazione con le autorità libiche, in particolare per quel che riguarda la situazione degli immigrati irregolari".

PER FERMARE I CLANDESTINI, 5 MILIARDI DI EURO ALL'ANNO

Le polemiche non hanno senso: "Tutti dovrebbero rallegrarsi" della nuova amicizia fra Italia e Libia, "è stata chiusa una ferita ed è iniziata una vita nuova". Anche sul criticato rapporto con Gheddafi, Silvio Berlusconi non accetta recriminazioni e tira dritto. Malgrado il "rilancio-minaccia" del Colonnello che avvisa l’Europa intera: "Un domani, davanti a milioni di immigrati che avanzano, potrebbe diventare Africa", e allora ecco che servono "almeno 5 miliardi di euro all’anno per fermare l’immigrazione clandestina". Non ha scalfito Berlusconi nemmeno il Gheddafi-show impazzato in questo fine agosto romano (e che, si mormora, ha causato qualche imbarazzo persino dentro il governo). Più delle precedenti 3 visite fatte nel 2009, questa volta il leader della "Gran Giamahiria Araba" non si è fatto mancare nulla (sotto il segno dell’eccesso, se non del puro kitsch) nel suo soggiorno nella capitale: lezioni coraniche quasi esclusivamente per ragazze di bella presenza (reclutate da un’agenzia di hostess e pagate 100-150 euro a testa) e scorta di amazzoni, cavalli berberi e incontri ufficiali, passeggiate serali a piazza Navona con munifiche mance e persino il giallo della tenda (bianca stavolta) dove il Colonnello soggiorna, montata solo 24 ore dopo l’arrivo nel giardino della residenza dell’ambasciatore libico.

Il clou è stato la cena offerta da Silvio Berlusconi, accompagnato da 6 ministri, per l’Iftar, cioè per la fine del Ramadan, ieri sera nella caserma dei Carabinieri "Salvo d’Acquisto", a Tor di Quinto, alla presenza di 800 ospiti, soprattutto big dell’economia e della finanza. E qui, dopo il silenzio delle ore precedenti, ci sono stati i discorsi ufficiali dei due leader. Con Berlusconi che, davanti a una visita che celebrava i due anni (Bengasi 2008) dalla firma del Trattato di amicizia e di cooperazione fra i due Stati, dopo le polemiche del periodo coloniale, con il Colonnello al suo fianco, ha affermato che il Trattato "porterà vantaggi per tutti" e "chi non lo capisce appartiene al passato ed è prigioniero di schemi superati". Poi la parola è passata, per oltre 40 minuti, a Gheddafi che (in tunica bianca, nel pomeriggio ne aveva una marrone), dopo aver salutato "il grande coraggio del mio grande amico Berlusconi", ha sfoggiato la sua oratoria ringraziando l’Italia per la condanna del colonialismo, l’ha indicata come degna di un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell’Onu e ha manifestato l’auspicio "che il Mar Mediterraneo sia un mare di pace". Ma per divenirlo realmente bisogna appunto affrontare la questione-immigrazione.

D’altronde nella due giorni romana l’ha fatta da padrone il business di quella che è stata ribattezzata la Berlusconi-Gheddafi Spa: in appena 24 mesi il giro d’affari fra i due Paesi è bruscamente salito a qualche decina di miliardi di euro (si dice 40). I due si erano incontrati già nel pomeriggio, per 30 minuti sotto la tenda. Poi, sempre insieme si erano spostati alla vicina Accademia libica, dove hanno disertato un convegno storico ma hanno scoperto una targa e inaugurato una mostra fotografica sulla storia della Libia. Durante la quale, ha poi rivelato Gheddafi, il nostro premier "ha pianto" vedendo orrori che, ha aggiunto il Cavaliere,"tutti dovrebbero vedere" .Orrori commessi da "Mussolini, Graziani e Balbo" che "noi condanniamo", ha precisato Gheddafi. Il rapporto economico procede bene: si parla di ulteriori aperture del mercato libico alle imprese tricolori. "L’incontro è andato bene – ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini –, abbiamo parlato anche di economia e di come uscire dalla crisi". Fra i dossier esaminati c’è quello di Finmeccanica che dovrà fornire un complesso sistema satellitare per il controllo della frontiera sud della Libia. Si sarebbe poi parlato del coinvolgimento di aziende italiane per la rete ferroviaria ed elettrica (8 miliardi di lavori nei prossimi anni), oltre che per la metro di Tripoli. Di affari si è continuato a parlare intorno ai tavoli imbanditi. Per la cena con spettacolo (c’è stato anche il Carosello dei Carabinieri), sono arrivati nomi di spicco: il direttore generale di Confindustria Galli, il presidente di Finmeccanica Guarguaglini, l’ad dell’Eni Scaroni e quello di Unicredit Profumo, il presidente dell’Enel Piero Gnudi, il presidente di Impregilo (e della banca Bpm) Ponzellini e, per la Fiat, il capo delle relazioni istituzionali, Auci.

In mattinata la "Guida della Rivoluzione" aveva tenuto la sua seconda lezione (dopo quella di domenica) di Corano. Solo duecento hostess, stavolta: una decina con indosso il tradizionale velo islamico, una portava appesa al collo una foto del Colonnello. Per le altre, camicetta bianca e gonna nera. L’attenzione di Gheddafi si sarebbe concentrata sul ruolo della donna. Le ragazze hanno riferito che il Colonnello ha spiegato che in Libia i lavori pesanti sono praticati solo dagli uomini. In Occidente invece, ha detto il colonnello, "le donne guidano i treni e lavorano nelle miniere, in Libia non sarebbe possibile". E domenica sera Gheddafi si era concesso una breve passeggiata nel centro di Roma, comprando alcuni anelli da ambulanti tunisini ai quali ha dato 300 euro. (Eugenio Fatigante)

 

 

 

 

31 agosto 2010

IL RAIS A ROMA

"Gheddafi e Islam? Va preso sul serio"

Attenzione al Colonnello di Tripoli in visita a Roma. La tenda beduina, le amazzoni che gli fanno da guardia del corpo, le belle ragazze che vuole indottrinare, tutto questo fa parte del solito teatrino di cui ama circondarsi il leader libico. Ma non è solo folklore. "Lo spettacolo sarà anche un po’ ridicolo ma quel che ha detto Gheddafi a proposito di una futura Europa musulmana va preso terribilmente sul serio". È l’opinione di Samir Khalil Samir, islamologo di fama internazionale. Gesuita di origini egiziane, padre Samir è docente al Pontificio Istituto Orientale di Roma, alla Cattolica di Milano e all’università di Beirut, impegnato nel dialogo interreligioso e consulente del Vaticano. E sul presidente della Jiamahiria ha un giudizio molto chiaro.

Gheddafi arriva a Roma e dice che l’islam, prima o poi, sarà la religione d’Europa. Se uno andasse a Tripoli e invitasse i cittadini libici ad abbracciare il cristianesimo cosa succederebbe?

Scoppierebbe il finimondo ed il malcapitato predicatore verrebbe immediatamente arrestato e condannato per il reato di proselitismo. In Libia, così come in ogni altro Paese islamico, non ci puoi neanche metter piede se sei sospettato di voler esercitare un’attività missionaria. Ma quel che è vietato ai cristiani è un dovere per i musulmani. Non soltanto per i singoli credenti ma anche per gli Stati. Ogni Paese musulmano ha un ufficio per la "Dawa", il termine arabo che indica il proselitismo. La Libia ad esempio ha un ufficio incaricato della "Dawa" per tutto il continente africano. Gheddafi ne ha idelamente aperto uno anche per l’Europa.

Qualcuno la considera una buffonata, qualche altro una provocazione. Lei come la vede?

Iniziamo col dire che Gheddafi è abituato a tenere simili discorsi. L’ultima volta l’ha fatto davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 23 settembre dello scorso anno. Lui sa bene che, a differenza dei leader degli altri Paesi islamici che non lo degnano di grande considerazione e lo trattano alla stregua di un giullare, i popoli musulmani lo ammirano perchè predica il Corano a tutto il mondo. E devo dire che, dal punto di vista della religione islamica, il suo discorso non fa una grinza. Nei suoi incontri romani ha affermato che l’islam è l’ultima religione rivelata e che per questo ha cancellato il giudaismo e il cristianesimo. Nessun musulmano lo può contraddire.

Ma ha pure aggiunto che l’Europa è destinata a diventare islamica. Va preso sul serio?Diciamo che si tratta di una previsione non certo campata in aria. Ed io starei attento a liquidarla come una boutade di poco conto. Guardiamo ai fatti. Gli europei hanno un tasso di natalità molto basso, in media l’1,38%, vale a dire la metà di quello degli immigrati di provenienza extracomunitaria, in gran parte musulmani. I demografi prevedono che entro il 2050 un quarto della popolazione europea sarà islamica. Se il trend non cambia l’Europa un giorno si ritroverà abitata in maggioranza da musulmani. E di fatto, se la Turchia entrerà nella Ue, ciò significherà che un grosso pezzo del mondo islamico, almeno a livello sociologico, farà parte dell’Europa. C’è poi il fattore culturale: nel nostro continente diminuisce progressivamente la pratica cristiana, dilaga l’indifferentismo religioso ed il cristianesimo viene spesso deriso e osteggiato mentre l’islam diventa sempre più propagandistico e intollerante.

Mentre noi, permettendo a Gheddafi di tenere il suo discorso a Roma, abbiamo dato una bella dimostrazione di tolleranza...

È così, e lo dico senza alcuna ironia. Anche se mi permetto di notare che Roma non è Hyde Park ma la capitale del cattolicesimo. Io penso che dobbiamo fare i conti con la provocazione lanciata da Gheddafi. Dobbiamo svegliarci: qual è l’Europa che vogliamo? Ha un valore e un’influenza solo economica?

Forse è proprio per questo che Gheddafi a Roma può dire quel che vuole sull’islam: la Libia è un importante partner economico dell’Italia, meglio non contrariarla...

Capisco queste considerazioni, ma dobbiamo agire con coerenza. Non possiamo riempirci continuamente la bocca di belle parole sui diritti umani quando ci rivolgiamo all’interno dell’Europa, e poi far finta di niente con un capo di Stato straniero che è al potere da 41 anni e spesso ha mostrato disprezzo per i dirtti fondamentali della persona umana. Lo ha dimostrato anche recentemente con centinaia di eritrei rinchiusi nei campi di detenzione. Lui non parla solo di affari, si atteggia a predicatore dell’islam. Qualcuno gli faccia notare che per noi gli affari non sono tutto.

Luigi Geninazzi

 

 

 

31 agosto 2010

IL RAIS A ROMA

Opposizioni contro. E il Pdl si divide

Il ghibli causato dalla visita del colonnello Gheddafi si insinua non solo nei rapporti tra maggioranza e opposizioni. Ma squaderna le ante già ben fessurate dei rapporti tra Silvio Berlusconi e finiani.

L’Italia dei valori prende l’immagine simbolo della visita alla lettera e alla tenda installata nel giardino dell’ambasciata di Tripoli a Roma ne contrappone una "della legalità" davanti alla sede di rappresentanza della Gran Jamahiria. Le Forze dell’ordine la fanno, però, spostare e i dipietristi replicano più tardi davanti alla caserma dove si esibiscono i cavalli berberi.

Folklore chiama folklore, si dirà. Però a far indignare gran parte dei politici - oltre allo stile del rais libico e ai suoi sermoni sull’islam - sono anche i silenzi sul tema dell’immigrazione e dei diritti umani. Tutte questioni che vengono sollevate non solo da Pd, Udc, Idv e sigle della sinistra. Ma anche dallo schieramento di centrodestra. A partire da esponenti di Futuro e libertà come Souad Sbai, che invita a scindere il lato economico da quello degli "atti gratuiti di folklore presuntuoso, pretestuoso e umiliante verso la cultura millenaria occidentale". O Carmelo Briguglio che parla di "inopportune esternazioni" che rischiano di provocare dissidi con Stati Uniti e Vaticano. Considerazioni condivise da alcuni esponenti del Pdl. Da Isabella Bertolini ("inutile provocazione") a Enrico La Loggia, che si chiede quando il leader islamico "farà un appello per la libertà di culto nei paesi islamici". Anche il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi ritiene che all’amico Gheddafi vadano "dette parole di verità" e che in questo caso abbia mancato di rispetto agli italiani, in maggioranza cattolici. Altra cosa i successi, sottolineati dalla Craxi e da Mario Valducci: sbocchi per le nostre aziende e contrasto all’immigrazione clandestina.

Terreni sui quali sempre duro è lo scontro con le opposizioni. Per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani il problema - che ci tiene "fuori dai Paesi che contano" - non è tanto il "teatrino" di Gheddafi quanto quello "della politica estera di Berlusconi, dove tutto è concepito nel rapporto tra amici". Di nominare Putin e Lukaschenko (autocrate bielorusso) si incarica il senatore Luigi Zanda, per il quale non si riesce a distinguere dove finiscano gli interessi del Paese e inizino quelli del premier. Gheddafi fa "la star in casa nostra perché Berlusconi tutela l’ennesimo conflitto di interessi", rincara la dose Antonio Di Pietro. Tranchant Ferdinando Adornato (Udc): tutte le democrazie sono al bivio tra affari e diritti umani. Lui non crede "che nel trattato di cooperazione tra Italia e Libia questo secondo aspetto sia stato rispettato". Dura replica del ministro degli Esteri Franco Frattini: "Gente che non conosce affatto né la politica estera, né gli interessi dell’Italia. Da questa opposizione non ci aspettiamo niente".

Il senatore Pd Roberto Di Giovan Paolo, poi, mette sul tavolo il tema dell’immigrazione, dei respingimenti e in particolare delle "condizioni di vita degli stranieri nei centri di permanenza di Tripoli". Anche l’auspicio di un’Europa islamica è visto come una "provocazione" dal numero due del partito, Enrico Letta, che sfida Governo e Lega. Così come l’udc Rocco Buttiglione che giudica il silenzio del primo "allucinente". Savino Pezzotta si dice "offeso e indignato dall’ipocrisia" e dall’"indifferenza" di chi si è proclamato in passato paladino delle radici cristiane o della laicità.

Dal Carroccio poche voci. Il sindaco di Verona Matteo Tosi elogia Gheddafi ("animale politico eccezionale"). Massimo Polledri, invece, gli chiede reciprocità. Mentre Claudio Morganti gli intima di "predicare a casa sua". E la Padania a tutta pagina oggi titola "L’Europa sia cristiana", indicando il "rischio Turchia". Colorito, come sempre, Mario Borghezio, per il quale quella del libico è la filosofia del "mercante di tappeti". Che con il vento si sa volano meglio.

Gianni Santamaria

 

 

 

 

30 agosto 2010

LA VISITA E LE POLEMICHE

Gheddafi: "In Libia, donne

più rispettate che in Europa"

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha lasciato poco dopo le 19 la residenza dell'ambasciatore libico a Roma, dove insieme al leader africano Muammar Gheddafi ha inaugurato l'Accademia libica a Roma. Il premier che ha tenuto un colloquio privato con Gheddafi di circa mezz'ora, nel quale si è discusso di politica internazionale ed economia, era accompagnato dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, e dai sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti.

FESTEGGIAMENTI E POLEMICHE

Festeggiamenti e polemiche nella visita di Muammar Gheddafi a Roma. Dopo lo show domenicale con le hostess e l'invito all'Europa a convertirsi all'Islam, il leader libico stamattina ha tenuto un secondo incontro all'Accademia libica con le ragazze dell'agenzia Hostessweb (stavolta però 200 e non più 500) durante il quale, secondo quanto riferito da una delle ragazze, Gheddafi ha evidenziato che "in Libia la donna è più rispettata che in Occidente e negli Stati Uniti"

Nel pomeriggio Gheddafi ha scoperto una targa all'Accademia insieme al premier Silvio Berlusconi in cui si auspica che l'istituto sia "un continuo ponte culturale e civile tra i due Paesi". Berlusconi e Gheddafi si sono poi recati nei locali dell'Accademia dove era allestita una mostra fotografica che rappresenta il primo evento dell'attività dell'Accademia libica a Roma. Nel successivo colloquio, a cui ha partecipato anche il ministro degli Esteri Franco Frattini, si è parlato della presenza delle imprese italiane in LIbia, di Medio Oriente, Africa e crisi internazionale.

In serata, si tengono i festeggiamenti per l'anniversario del Trattato di amicizia, con lo spettacolo di 30 cavalli berberi e il carosello dei Carabinieri nella caserma Salvo D'Acquisto. Seguirà l'Iftar - il pasto che spezza il digiuno imposto ai musulmani dal mese di Ramadan - offerto al leader libico e agli altri 800 invitati.

Fra questi, ci saranno nomi di spicco del mondo dell'industria e della finanza italiana. Tra i partecipanti sono previsti il direttore generale di Confindustria Paolo Galli, il presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini, l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni e il numero due Claudio Descalzi, il presidente dell'Enel Piero Gnudi, l'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo, il presidente di Impregilo Massimo Ponzellini e l'ad del gruppo Alberto Rubegni.

"ITALIA RIDOTTA A DISNEYLAND"

Dopo le critiche arrivate dall'opposizione e da ambienti cattolici alle uscite di Gheddafi, liquidate come "folklore" da Berlusconi, è scesa in campo FareFuturo. La fondazione vicina a Gianfranco Fini ha parlato di un'Italia ridotta "a Disneyland di Gheddafi". La sezione italiana di Amnesty International ha scritto una lettera a Berlusconi per ricordare le "gravi violazioni" dei diritti umani in Libia e per chiedere che questo tema sia messo al centro dei colloqui e dei rapporti bilaterali. Anche il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, ha espresso "perplessità" per alcuni atteggiamenti di

Gheddafi e lo ha invitato a non mancare di rispetto "ai cittadini italiani, in grande maggioranza cattolici". Ma per il fratello ed ex collega, Bobo Craxi, si tratta di "polemiche un pò esagerate" e "agitate da chi preferisce i marines armati alle letture del Corano in periodo di Ramadan, o magari

canticchiare Tripoli, bel suol d'amore".

"È inimmaginabile per qualsiasi paese europeo guidato dalla destra offrirsi per costruire un palcoscenico a Gheddafi e per far sfilare 500 ragazze a pagamento mandate da un'agenzia per far finta di essersi convertite all'Islam. C'è di mezzo la dignità di un paese e la dignità delle donne italiane". Lo ha dichiarato Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera, alla Festa nazionale del partito a Torino.

 

 

 

 

 

2010-08-30

30 agosto 2010

LA VISITA E LE POLEMICHE

Gheddafi a Roma:

"L'Europa sia islamica"

Giunto ieri nella capitale per festeggiare il secondo anniversario della firma del Trattato di amicizia italo-libica e firmare nuovi accordi, Gheddafi incontrerà oggi il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Al suo arrivo ha ricevuto centinaia di ragazze reclutate per l'occasione, come già fatto nel novembre scorso, auspicando che l'Islam diventi "la religione di tutta l'Europa". Oggi pomeriggio parteciperà con

Berlusconi all'inaugurazione di una mostra fotografica. Questa sera festa alla caserma dei carabinieri, con un carosello di trenta cavalli berberi. Il premier offrirà all'ospite l'Iftar, la tradizionale cena del Ramadan.

LE REAZIONI. "Parole pericolosissime", dice Mario Borghezio, europarlamentare della Lega e per Rosy Bindi del Pd viene violata "la dignità delle donne italiane" mentre Francesco Storace giudica "intollerabile" il suo "show sulla fede": piovono critiche dall'opposizione sulla visita romana di Muammar Gheddafi e sulle sue parole per un'Europa islamizzata.

Da Idv, Lega, Pd e Udc si attacca: Livia Turco dal Pd chiede a Berlusconi di riferire in parlamento al termine della visita del leader libico. "I vertici internazionali - dice - lo sappiamo, costituiscono sempre un momento importante a patto, però, che al centro vi siano gli interessi del Paese e non servano esclusivamente per qualche interesse particolare". Per l'Idv "Berlusconi finisce per rendersi complice non solo della sorte dei tanti disperati ricacciati nel deserto libico ma di una nuova umiliante violazione della dignità delle donne italiane, come afferma la vicepresidente della Camera Rosy Bindi.

"Solo nell'Italietta berlusconiana che si compiace di barzellette e battute misogine - afferma Bindi - e che ha incoraggiato una nuova forma di mercificazione del corpo della donna è possibile assistere alla celebrazione così imbarazzante e subalterna di un personaggio come Gheddafi. Purtroppo non c'è da stupirsi - aggiunge - per lo spettacolo offerto agli italiani con l'avallo del nostro governo. Invece di

chiedere ragione delle condizioni di vita di migliaia di migranti, il governo Berlusconi si presta ad offrire un palcoscenico a chi per fare la sua propaganda pretende di circondarsi di belle ragazze. Ma così Berlusconi finisce per rendersi complice non solo della sorte dei tanti disperati ricacciati nel deserto libico ma di una nuova umiliante violazione della dignità delle donne italiane"

"Qualcuno ricordi a Gheddafi che l'Europa è cristiana. Gli show sulla fede sono intollerabili" afferma Francesco Storace, segretarionazionale de La Destra. E la richiesta di Gheddafi di avere centinaia di avvenenti ragazze ad attenderlo al suo arrivo in Italia suona tanto come istigazione alla prostituzione, tuona il senatore dell'Italia dei Valori Stefano Pedica, per il quale a Gheddafi non è bastato fare spregio dei diritti umani deportando i profughi nei lager costruiti nel deserto, ignorare la responsabilità gravissima di aver appoggiato il terrorismo internazionale e prendere in giro gli italiani rimpatriati dalla

Libia che non ha ancora indennizzato: ora ha voluto anche ricostruirsi il suo harem con hostess italiane, reclutate per avvenenza e disponibilità. E chi meglio poteva assecondarlo nei suoi desideri se non il satrapo Silvio Berlusconi?".

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2010-09-17

primo atto della commissione speciale di tripoli

La Libia sospende il comandante della motovedetta che ha sparato all'"Ariete"

Nota del ministero degli Esteri libico: "E' stato sospeso dal servizio e messo sotto interrogatorio"

primo atto della commissione speciale di tripoli

La Libia sospende il comandante della motovedetta che ha sparato all'"Ariete"

Nota del ministero degli Esteri libico: "E' stato sospeso dal servizio e messo sotto interrogatorio"

MILANO - Prima decisione da parte libica sull'incidente in mare che ha visto coinvolto il peschereccio italiano Ariete. Il comandante della motovedetta libica che ha sparato domenica scorsa al peschereccio italiano "è stato sospeso dal servizio e messo sotto interrogatorio". Lo annuncia una nota del Ministero degli Esteri libico riferendo che "la commissione speciale istituita per indagare sullo spiacevole incidente ha iniziato il suo lavoro".

Redazione online

16 settembre 2010

 

 

La vicenda del motopesca mitragliato. La Russa: "Non credo al loro errore"

Il comandante del peschereccio

"Inseguiti dai libici per 5 ore"

Agli atti dell'inchiesta la ricostruzione dell'attacco. Una versione che però non coincide con quella del Viminale

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"Inseguiti dai libici per 5 ore"

Agli atti dell'inchiesta la ricostruzione dell'attacco. Una versione che però non coincide con quella del Viminale

Il peschereccio Ariete (Fotogramma)

Il peschereccio Ariete (Fotogramma)

ROMA - Due versioni che non coincidono. Non è ancora chiaro come siano andate davvero le cose nella vicenda del peschereccio "Ariete" mitragliato domenica scorsa da una motovedetta libica, a bordo della quale c'erano anche alcuni finanzieri italiani. I magistrati e i carabinieri del Ris sono al lavoro per trovare una risposta. Intanto, una prima ricostruzione dei fatti arriva da due diversi canali: un rapporto del Viminale che dà conto della riunione d'inchiesta convocata su indicazione del ministro Maroni; e le dichiarazioni rese dal comandate dell'Ariete, Gaspare Marrone, all'Ufficio Circondariale Marittimo di Lampedusa, ora agli atti dell'inchiesta della Procura della Repubblica di Agrigento. E quel che ne esce sono due versioni discordanti. Perché se il documento ministeriale riporta le fasi di un'azione durata dalle 19.10 alle 20.45 e non riferisce mai di un inseguimento del motopesca da parte della vedetta libica, il comandante del peschereccio parla di un inseguimento di 5 ore, dalle 18.10 alle 23, durante le quali è stato più volte aperto il fuoco contro l'unità italiana.

Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano

IL COMANDANTE - Ecco quello che risulta dalla dichiarazione del comandante, Gaspare Morrone: "Alle ore 18.10 ... la motovedetta libica apriva il fuoco colpendo ripetutamente il motopesca. Dopo la prima raffica cambiavo rotta anche per evitare la collisione con la suddetta motovedetta che si avvicinava al mio motopesca. Successivamente, la motovedetta sparava altre raffiche, ad intervalli di circa un'ora, ed io continuavo a cambiare più volte la rotta del mio motopesca per evitare la collisione con loro. Tutto ciò proseguiva fino alle ore 21.00 circa; quindi ricevevamo in tutto circa 4 raffiche. Alle ore 21.00 subivamo l'ultima raffica e dopo di che riprendevamo la nostra navigazione....Alle ore 23.00 la motovedetta libica desisteva dall'inseguimento e potevamo così proseguire la nostra navigazione verso Lampedusa...".

IL VIMINALE - Secondo la ricostruzione del Viminale, invece, il comandante dell'unità libica ha intercettato il peschereccio italiano "ritenendo di averne constatato l'attività di pesca di frodo in acque considerate da quelle Autorità di propria pertinenza". I libici avrebbero a questo punto intimato al peschereccio di fermare le macchine, "altrimenti il guardacoste avrebbe fatto uso delle armi". L'avvertimento sarebbe avvenuto in inglese, e poi in italiano, attraverso gli "osservatori" della Finanza presenti a bordo. "Il peschereccio - si legge nel verbale - non ottemperava tuttavia all'ordine di fermarsi, proseguendo la navigazione". Secondo il Viminale, in ogni caso, l'operato degli uomini della Guardia di Finanza che erano a bordo della motovedetta libica "è pienamente consono" a quanto previsto dai Protocolli di cooperazione tra Italia e Libia per fronteggiare l'immigrazione clandestina. Quindi, i finanzieri "in nessun caso possono essere chiamati a rispondere delle attività svolte dal comandante e dal personale dell'unità del Paese ospitante".

LA RUSSA - In serata, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ribadisce che i libici "hanno fatto bene a scusarsi, l'ho apprezzato. Sono incidenti che non devono verificarsi. E per fortuna non ci sono state conseguenze nefaste, altrimenti le scuse non sarebbero bastate". Poi però il ministro aggiunge: "Può darsi che abbiano confuso il peschereccio, ma io non credo manco per niente al fatto che abbiano scambiato il peschereccio per un barcone di clandestini. E comunque non è lecito sparare".

L'OPPOSIZIONE - Alla Camera, per esporre la posizione del governo sulla vicenda, si è presentato Elio Vito, responsabile dei rapporti con il Parlamento. Erano invece assenti Frattini e Maroni. Una scelta dettata dalla volontà di mantenere un basso profilo sull'incidente dopo le scuse arrivate dai libici e di archiviare la vicenda, ma che si è inevitabilmente attirata le critiche dell'opposizione. A protestare sono stati quelli dell'Idv e i radicali. I dipietristi volevano che Maroni desse conto della sua affermazione secondo la quale i libici avevano sparato perché forse avevano scambiato il peschereccio per una nave di clandestini. Il radicale Matteo Mecacci, di fronte all'assenza di Frattini, ha sostenuto che la latitanza del ministro è la prova della "complicità del governo Berlusconi con Gheddafi". Ma Frattini tira dritto per la sua strada e risponde a muso duro. "L'opposizione è sempre in mala fede e contro l'interesse dell'Italia in questi casi", si è adirato. "Maroni ha chiarito quello che non c'era bisogno di chiarire - ha aggiunto Frattini - sparare non è mai nelle regole d'ingaggio, né nei confronti dei pescatori, né nei confronti dei clandestini".

Redazione online

15 settembre 2010(ultima modifica: 16 settembre 2010)

 

 

 

Viminale "Il patto è chiaro, non abbiamo responsabilità operative"

Maroni: regole d'ingaggio?

In Libia nessuna modifica

Il ministro e i nostri militari a bordo: giusto andare sottocoperta. I nostri uomini non possono partecipare ad alcuna attività operativa, non a caso sono in abiti civili

Viminale "Il patto è chiaro, non abbiamo responsabilità operative"

Maroni: regole d'ingaggio?

In Libia nessuna modifica

Il ministro e i nostri militari a bordo: giusto andare sottocoperta. I nostri uomini non possono partecipare ad alcuna attività operativa, non a caso sono in abiti civili

ROMA - Le regole di ingaggio dei militari della Guardia di finanza impegnati in Libia non cambieranno. Alcuni punti dell'accordo sui pattugliamenti in mare potranno essere meglio chiariti, ma l'impianto non sarà modificato. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni lo ha chiarito ai suoi collaboratori dopo aver esaminato la relazione della commissione d'indagine del Viminale che ha ricostruito quanto accaduto domenica pomeriggio nel golfo della Sirte e i contatti con le autorità libiche.

 

Gli accertamenti delegati al prefetto Rodolfo Ronconi hanno "assolto" i due sottufficiali e i quattro tecnici delle Fiamme gialle che si trovavano a bordo della motovedetta che ha fatto fuoco contro il peschereccio "Ariete". Secondo le verifiche effettuate ascoltando la versione del comandante del reparto "la decisione di andare sottocoperta quando sono cominciati gli spari è pienamente consona ai protocolli". Ora si attendono le decisioni della magistratura, ma dal punto di vista politico la scelta sembra fatta: si continua seguendo le medesime procedure.

 

"I nostri uomini - ha chiarito il ministro - hanno compiti di supporto, ma nel trattato siglato con i libici è ben specificato che non possono partecipare ad alcuna attività operativa, non a caso sono in abiti civili e senza segni di riconoscimento. Quindi è tutto chiaro, non c'è alcuna necessità di apportare modifiche". Due giorni fa era stato proprio Maroni a confermare la riunione tecnica voluta dal ministro degli Esteri Franco Frattini per la possibile revisione del trattato. Ma con il trascorrere delle ore si è ritenuto non fosse opportuna la riapertura del tavolo delle trattative con il colonnello Gheddafi anche tenendo conto che l'eventuale discussione potrebbe essere l'occasione da parte del regime di presentare all'Italia nuove richieste.

 

In realtà nelle ultime ore, soprattutto dopo la presa di posizione di numerosi esponenti politici - la maggior parte appartenenti al Pdl e alla Lega - si era ipotizzato di poter consentire ai finanzieri di salire sulle sei motovedette cedute dal governo italiano soltanto per l'addestramento, evitando quindi di farli partecipare all'attività di ricognizione, vale a dire alla fase operativa. Ma proprio su questo Maroni ha espresso contrarietà visto che "i mezzi escono esclusivamente per effettuare il controllo di quel tratto di mare e non è possibile che i nostri non siano a bordo perché il loro ruolo è quello di prestare assistenza tecnica ai libici, sia per quanto riguarda la guida dei natanti sia per la manutenzione. In ogni caso il testo dell'accordo parla chiaro e non c'è alcuna possibilità di equivoco".

Il ministro si riferisce in particolare all'articolo secondo cui "gli osservatori non possono in nessun caso emanare ordini o direttive concernenti la condotta della navigazione e dell'attività operativa, né eseguire materialmente controlli a persone e mezzi navali individuati durante i pattugliamenti". Ma soprattutto ritiene indispensabile mantenere quella norma che assegna loro il compito di "assicurare i punti di contatto con il Comando di appartenenza al fine di agevolare nel corso dell'attività di pattugliamento congiunto lo scambio di informazioni e ogni possibile cooperazione in caso di necessità".

 

Durante i contatti con le autorità libiche che si sono susseguiti in questi giorni è stato ribadito che le sei motovedette possono essere utilizzate esclusivamente nelle attività di contrasto all'immigrazione clandestina, ma anche su questo il ministro non ritiene sia necessario intervenire in maniera formale. "Come ho già detto - ha spiegato - è stato un incidente deplorevole, ma sono certo che non accadranno fatti analoghi. Del resto siamo già stati invitati a partecipare all'inchiesta che è stata avviata dai libici e in quella sede ribadiremo la necessità di rispettare alla lettera quanto il trattato già prevede senza necessità di intervenire ulteriormente". La partita, almeno per quanto riguarda il Viminale, appare chiusa. Ora bisognerà vedere se il resto del governo deciderà di allinearsi. Ma nell'entourage del ministro danno già per scontato che sarà proprio questa la decisione finale.

Fiorenza Sarzanini

Fiorenza Sarzanini

16 settembre 2010

 

 

 

2010-09-15

la vicenda del peschereccio di mazara del vallo mitragliato

Spari libici, la Lega attacca

Il Carroccio: "Le scuse di Gheddafi non bastano, rivedere regole di ingaggio"

la vicenda del peschereccio di mazara del vallo mitragliato

Spari libici, la Lega attacca

Il Carroccio: "Le scuse di Gheddafi non bastano, rivedere regole di ingaggio"

MILANO - Resta alta la tensione e proseguono le polemiche in merito alla vicenda del peschereccio di Mazara del Vallo mitragliato domenica sera da una motovedetta libica, a bordo della quale c'erano anche dei finanzieri italiani. A intervenire, all'indomani della forte presa di posizione della Cei (che ha parlato di "governo inerte") è ora la Lega. Stefano Stefani, esponente del Carroccio e presidente della commissione Esteri di Montecitorio, ritiene che "le scuse" del governo di Gheddafi "non bastano" e che l’Italia "deve pretendere di più". Ovvero, "che vengano ridefinite le regole di ingaggio e finalmente si risolva una volta per tutte la questione delel acque internazionali fra Italia e Libia" poiché "i pescatori italiani spesso sconfinano perché il confine delle acque non è chiaro". "Bisogna cogliere l’occasione - dice Stefani in una dichiarazione pubblicata sulla Padania - per risolvere i contenziosi e ridefinire l’intera situazione, tutelando sia i pescatori di Mazara che la sicurezza degli Stati".

ELIO VITO RIFERISCE ALLA CAMERA - Nel pomeriggio il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, alla Camera dove riferirà sulla vicenda del peschereccio attaccato dai libici. Lo hanno riferito fonti della Farnesina, spiegando che il ministro degli Esteri, Franco Frattini, contrariamente a quanto inizialmente previsto, non potrà presenziare perché impegnato in una visita a Zagabria. Oltre a Vito, parteciperanno al question time i ministri Calderoli, Gelmini e Fazio. Le richieste al governo di riferire in Aula erano state avanzate da Pier Ferdinando Casini e dal capogruppo dell'Idv, Massimo Donadi.

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IL RAPPORTO DEL VIMINALE - Nel frattempo emergono i primi dettagli dal rapporto del Viminale. Domenica sera, secondo la ricostruzione dei fatti riportata nel verbale della riunione d'inchiesta svoltasi martedì al ministero dell'Interno, non c'è stato alcun inseguimento del motopesca italiano da parte della motovedetta libica. La Guardia di Finanza, secondo la conclusioni della riunione d'inchiesta, ha operato nel rispetto dei protocolli di cooperazione tra Italia e Libia.

L'"ARIETE" RIENTRATO A PORTO EMPEDOCLE - All'alba il peschereccio "Ariete" è rientrato a Porto Empedocle. L'unità è stata sottoposta a sequestro cautelativo dalla Procura di Agrigento, che ha ordinato una serie di perizie balistiche da parte dei carabinieri del Ris di Messina per accertare se - come riferito dai dieci uomini d'equipaggio - i militari libici abbiano sparato "ad altezza d'uomo". L'inchiesta, aperta dai magistrati a carico di ignoti, ipotizza i reati di tentativo di omicidio plurimo aggravato e danneggiamento. Non è escluso che il procuratore Renato Di Natale, l'aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Luca Sciarretta decidano di ascoltare anche i militari della Guardia di Finanza che erano a bordo della motovedetta, donata a Gheddafi dal governo italiano, in qualità di "osservatori". Il comandante del motopesca Gaspare Marrone e l'armatore Vincenzo Asaro contestano la ricostruzione del ministro dell' Interno Roberto Maroni, che ha parlato di "incidente", sostenendo che i libici sapevano benissimo che stavano sparando a un peschereccio italiano e non a un barcone di immigrati.

LA POSIZIONE DELL'"ARIETE" - I dati del 'blue box', il sistema di rilevamento Gps a bordo dell'"Ariete", hanno confermato che l'imbarcazione al momento del tentativo di abbordaggio si trovava a circa 30 miglia dalla costa, in acque internazionali. Dal canto loro però i membri dell’equipaggio del peschereccio avrebbero ammesso, stando a quanto riferito a SkyTg 24 dal comandante della Capitaneria di Porto di Porto Empedocle, Vito Ciringione, che durante la pesca "si sono spostati molto più giù rispetto a quanto consentito", sconfinando nelle acque di Tripoli. Ciringione ha riferito che sul natante "ci sono i segni degli spari, una trentina di colpi ben visibili sulla parte sinistra della fiancata e a poppa".

Redazione online

15 settembre 2010

 

 

"Abbiamo avvertito i pescatori che i militari erano pronti ad aprire il fuoco"

I libici mitragliavano. E i nostri

finanzieri erano scesi sottocoperta

Obbligati dagli accordi a lasciare il ponte della nave

"Abbiamo avvertito i pescatori che i militari erano pronti ad aprire il fuoco"

I libici mitragliavano. E i nostri

finanzieri erano scesi sottocoperta

Obbligati dagli accordi a lasciare il ponte della nave

Quando i libici hanno cominciato a sparare contro il peschereccio "Ariete" i militari della Guardia di finanza sono scesi sottocoperta. È l’incredibile dettaglio che emerge dai primi atti raccolti dai funzionari del Viminale incaricati di svolgere accertamenti per capire che cosa sia davvero accaduto domenica pomeriggio e stabilire se le procedure siano state rispettate. Mentre dalla motovedetta partiva la sventagliata, i finanzieri sono dovuti uscire di scena perché questo prevede l’accordo firmato dai due Paesi. Non solo. Il trattato assegna loro compiti di "supporto e addestramento". E vieta che possano "eseguire controlli sui mezzi navali individuati " e impone che salgano a bordo "in abiti civili, scevri da ogni segno distintivo".

Attraverso gli ufficiali di collegamento che si trovano a Tripoli, la commissione guidata dal prefetto Rodolfo Ronconi ha acquisito le testimonianze dei due sottufficiali che insieme ai quattro "tecnici" erano sulla motovedetta. Secondo il loro racconto "il motopesca è stato avvistato a 30 miglia dalla costa verso le 18 e subito gli è stato intimato di fermarsi". "Ariete" non ha obbedito all’ordine e anzi ha cercato di allontanarsi il più possibile. I libici hanno dunque deciso di insistere e di mettersi all’inseguimento. "Il primo avviso - hanno dichiarato i militari italiani - è stato inviato con messaggi acustici, il secondo via radio in lingua inglese, il terzo con messaggi ottici". È a questo punto che uno dei finanzieri avrebbe deciso di avvisare il comandante di "Ariete" — ancora una volta via radio—delle inevitabili conseguenze. "Quando ci siamo resi conto che non avevano intenzioni di fermarsi — avrebbe spiegato il finanziere — abbiamo deciso di avvertirli che i libici erano determinati a fare fuoco. I militari che erano con noi a bordo della motovedetta erano pronti ed è stato in quel momento, cioè quando sono partiti gli spari ad altezza di scafo, che siamo scesi sottocoperta". Secondo la versione fornita dai libici "il comandante della motovedetta ha deciso di intervenire tentando l’abbordaggio perché gli occupanti del peschereccio stavano commettendo un reato: erano entrati in acque internazionali per la pesca di frodo". È proprio questa la violazione più evidente del trattato bilaterale visto che più volte nel testo si ribadisce come il "pattugliamento marittimo viene effettuato ai fini di contrastare l’immigrazione clandestina". Non c’è alcuna deroga, non è possibile intervenire se non per effettuare attività di "controllo, ricerca e salvataggio".

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Già questa mattina il capo della polizia Antonio Manganelli dovrebbe riferire al ministro dell’Interno i primi risultati dell’indagine amministrativa. L’intesa italo- libica specifica che "gli italiani in missione sono sottoposti alle leggi del Paese ospitante e non possono essere chiamati a rispondere di quanto commesso da altri ". E questo porterebbe ad escludere che i finanzieri possano essere indagati per un eventuale favoreggiamento nel reato di tentato omicidio ipotizzato dalla procura di Agrigento. Rimane però il problema delle regole di ingaggio e dunque del ruolo che è stato loro assegnato.

In queste ore la Farnesina ha ribadito la necessità di chiarire in maniera netta come le motovedette debbano essere utilizzate soltanto nell’attività legata all’immigrazione clandestina. Un modo per evitare eventuali contestazioni in sede europea riguardo alle violazioni sui trattati relativi alla pesca, ma anche alla definizione delle frontiere marittime. Discorso più complesso riguarda i compiti assegnati ai finanzieri che salgono a bordo.

Il Viminale non appare propenso a modificare lo status di "osservatori e addestratori" per evitare che poi si possa chiedere ai nostri militari di avere un ruolo operativo durante le attività effettuate in mare, comprese quelle di respingimento che avvengono in acque internazionali. Ma è lo stesso prefetto Manganelli a chiarire che "una decisione sarà presa al termine degli accertamenti in corso". E chissà se già questa sera se ne parlerà durante il ricevimento organizzato all’ambasciata libica per festeggiare l’anniversario della Rivoluzione che nel 1969 ha portato Gheddafi al potere che vede tra gli invitati numerosi esponenti delle istituzioni italiane.

Fiorenza Sarzanini

15 settembre 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-09-14

parla il , presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici e vescovo di Mazara del Vallo

Peschereccio mitragliato

I vescovi: "Governo inerte"

Monsignor Mogavero: "Molto preoccupati per la facilità con cui si mette mano alle armi"

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I fori sul peschereccio "Ariete" lasciati dagli spari dei libici (Ansa)

I fori sul peschereccio "Ariete" lasciati dagli spari dei libici (Ansa)

MILANO - La vicenda del peschereccio Ariete mitragliato dai libici turba i vescovi italiani, che accusano di inerzia l'esecutivo. "Preoccupa molto - ha detto monsignor Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici - che non ci sia nessuna iniziativa politica che metta mano quanto meno ad affrontare la questione della competenza circa le acque del Mediterraneo". "Noi siamo molto preoccupati - spiega inoltre Mogavero - per la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone".

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IL CAPITANO E MARONI - Su quanto accaduto nel Golfo della Sirte è tornato in mattinata anche il ministro Roberto Maroni: "La Libia si è scusata per quello che è successo" ha detto intervenendo telefonicamente a Mattino 5 su Canale 5. "Evidentemente - ha aggiunto il titolare del Viminale - c'è stato un errore di interpretazione, posso immaginare che abbiano scambiato il peschereccio, come avviene ogni tanto, per una barca che non fermandosi all'alt immaginavano potesse avere a bordo dei clandestini o cose del genere. Posso solo immaginarlo perché non abbiamo ancora tutte le informazioni: ho aperto un'inchiesta per accertare quello che è avvenuto, appena avrò le informazioni saremo in grado di valutare e ovviamente di evitare che in futuro si ripetano episodi del genere". Gaspare Marrone, il capitano del peschereccio mitragliato, conferma d'altro canto la sua versione di fatti. E rifiuta l'ipotesi dell'"equivoco" avanzata da Roberto Maroni. "Era evidente chi fossimo: dei pescatori italiani. Glielo avevo detto prima dell'attacco" ha spiegato. "Non so perché il ministro dica queste cose - ha aggiunto Marrone - ma tutto si può affermare tranne che sia stato un incidente. Né è possibile sostenere che ci abbiano scambiati per clandestini. Hanno sparato per colpirci e potevano ucciderci".

"UN INSEGUIMENTO DURATO CINQUE ORE" - Anche davanti agli uomini Capitaneria di porto che lo hanno interrogato su delega della Procura di Agrigento, il capitano dell'Ariete ha negato che possa essersi trattato di un incidente. Marrone ha detto che dall'unità libica è giunto via radio un messaggio in italiano che intimava al peschereccio di fermarsi e che minacciava di fare fuoco in caso contrario. Il comandante ha parlato anche di un inseguimento durato quasi cinque ore, con la motovedetta che avrebbe sparato almeno quattro raffiche. "Quando siamo arrivati a Lampedusa - ha raccontato - c'erano 30 fori sul lato sinistro". La procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta ipotizzando anche il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti e ha disposto il sequestro del peschereccio sul quale verranno effettuati rilievi da parte del Ris dei carabinieri. Anche Laurens Jolles, il rappresentante per il sud Europa dell'Unhcr, l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, ha fatto sentire la propria voce. "Sorprende e preoccupa la dichiarazione del ministro Maroni secondo cui è stato sparato al peschereccio italiano perchè potrebbe essere stato scambiato per una barca di clandestini", ha detto.

"SAPEVANO DI PESCARE ILLEGALMENTE" - L’attacco a colpi di mitragliatrice subito del peschereccio Ariete rappresenta soltanto l’ultimo di una lunga serie di scontri che coinvolgono, da anni, le imbarcazioni della flotta di Mazara del Vallo, e le motovedette appartenenti alle autorità libiche e tunisine. Per il ministro egli Esteri, Franco Frattini, che mercoledì riferirà alla Camera durante il question time sulla vicenda del peschereccio mitragliato, il comandante dell'Ariete "sapeva di pescare illegalmente".

Redazione online

14 settembre 2010

 

 

 

2010-09-13

I COLPI PARTITI DA UNA ex unità della Guardia di finanza consegnata a Tripoli

Peschereccio mitragliato

Con i libici anche un ufficiale italiano

La sparatoria non ha avuto conseguenze. L'equipaggio ha evitato l'abbordaggio. La Farnesina: rapide verifiche

I COLPI PARTITI DA UNA ex unità della Guardia di finanza consegnata a Tripoli

Peschereccio mitragliato

Con i libici anche un ufficiale italiano

La sparatoria non ha avuto conseguenze. L'equipaggio ha evitato l'abbordaggio. La Farnesina: rapide verifiche

Il capitano del peschereccio, Gaspare Marrone (Ansa)

Il capitano del peschereccio, Gaspare Marrone (Ansa)

LAMPEDUSA - A bordo della motovedetta libica che domenica sera ha sparato contro un peschereccio di Mazara del Vallo c'era anche un ufficiale della Guardia di Finanza. La notizia anticipata dall'Ansa è stata poi confermata dal Comando generale del Corpo. Il finanziere, è stato precisato, si trovava a bordo della motovedetta in qualità di osservatore. L'imbarcazione dalla quale sono partiti i colpi è una delle sei, appartenenti alle Fiamme Gialle, che il governo italiano ha consegnato alla Libia (lo scorso anno le prime tre e le altre quest'anno) nell'ambito dell'accordo per contrastare l'immigrazione clandestina. Tutte e sei le motovedette battono bandiera libica e sono ora a tutti gli effetti mezzi navali del Paese nordafricano. L'accordo prevede che per un periodo i nostri militari svolgano sulle motovedette la funzione di osservatori e consulenti tecnici. Fonti della Farnesina hanno fatto sapere che le "notizie emerse saranno verificate con completezza, con tutte le autorità nazionali ed estere interessate. Obiettivo - spiega il ministero degli Esteri - è ricostruire la verità dei fatti in modo rapido e trasparente".

LA SPARATORIA - Domenica sera, a largo delle coste libiche, l'Ariete, un peschereccio di Mazara del Vallo, è stato raggiunto da alcuni colpi di mitraglia sparati da una motovedetta libica che gli aveva intimato di fermarsi. La sparatoria non ha avuto conseguenze sull'equipaggio dell'Ariete, che è riuscito a evitare l'abbordaggio e ad allontanarsi. Il peschereccio ha proseguito la navigazione verso Lampedusa, dove è giunto alle 7,30. La guardia costiera ha avviato un'inchiesta per verificare le modalità del tentato abbordaggio e dell'attacco, se ci siano stati preavvisi da parte libica e il comportamento delle parti.

Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano Libia, i colpi sul peschereccio italiano

"PARLAVANO ITALIANO" - L'"Ariete", iscritto al compartimento marittimo di Mazara del Vallo, è un peschereccio d'altura di 32 metri con dieci uomini d'equipaggio, al comando del capitano Gaspare Marrone. Secondo quanto ha riferito quest'ultimo via radio alla Guardia costiera italiana, l'assalto sarebbe avvenuto a 31 miglia da Al Zawara, centro libico al confine con la Tunisia, all'interno del golfo della Sirte. Una zona che le autorità di Tripoli, nonostante le norme del diritto marittimo internazionale, continuano a considerare di propria esclusiva competenza. Anche la versione dei fatti fornita dal capitano del peschereccio conferma la presenza di un italiano a bordo della motovedetta libica. Marrone ha infatti raccontato che l’intimazione a fermarsi è giunta da un uomo che parlava con un accento italiano impeccabile: "Ho il dubbio che vi potesse essere un italiano a bordo di quella motovedetta. Ci ha urlato "fermatevi o questi vi sparano". Che motivo aveva di dire "questi"? Avrebbe detto piuttosto "fermi o vi spariamo". E poi con quell’accento più italiano del mio", ha proseguito il capitano. I colpi di mitraglia hanno sforacchiato la fiancata dell'imbarcazione e un gommone utilizzato come tender. Secondo il comandante Vittorio Alessandro, del comando generale della Guardia costiera, ""l'equipaggio è stato molto fortunato".

REAZIONI POLITICHE - "Dopo la barbarie dei respingimenti nei confronti degli immigrati, adesso i libici sparano anche contro i pescatori italiani. Il governo venga in Parlamento a riferire sull'accaduto", dice il senatore del Pd Giuseppe Lumia. Anche l'Idv ha chiesto che il ministro degli Esteri Frattini intervenga in Parlamento.

PRECEDENTI - Il 10 giugno scorso le motovedette libiche avevano sequestrato tre pescherecci mazaresi, che erano stati rilasciati dopo tre giorni grazie all'intervento personale di Berlusconi.

Redazione online

13 settembre 2010

 

 

 

 

2010-09-12

"Gheddafi vuole l'acqua dei Reatini:

no ai progetti libici su Antrodoco"

Legambiente denuncia: nel borgo il colonnello investirebbe milioni di euro, ma mira al suo oro blu

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I salti del Velino ad Antrodoco (dal sito Picchioverdeviaggi)

I salti del Velino ad Antrodoco (dal sito Picchioverdeviaggi)

ROMA - Giù le mani dei libici da Antrodoco. Proprio mentre nella capitale italiana si diffonde la notizia che ci sarebbe anche un fondo libico fra i possibili acquirenti della A.s. Roma, Legambiente lancia l'allarme su un affare che di sportivo ha ben poco.

Secondo l'associazione il colonnello Gheddafi avrebe progetti nascosti - e non confessabili - per il piccolo borgo laziale di Antrodoco, che nell'estate del G8 aquilano aveva fatto notizia per una improvvisa visita del colonnello.

La scritta DUX tagliata nei boschi sopra Antrodoco (foto Reuters)

La scritta DUX tagliata nei boschi sopra Antrodoco (foto Reuters)

L'ORO BLU - Gheddafi - che in seguito aveva spedito nel borgo Reatino ai piedi del Monte Giano l'ambasciatore libico in Italia, Hafed Gaddur, accompagnato da Muri El Mishari, generale dell'esercito a capo del cerimoniale - sotiene di aver adottato il paesino per simpatia, ma in realtà sarebbe interessato a divenire comproprietario dell'acqua che scaturisce dalle fonti della zona.

I progetti sull'oro blu del leader libico, ben visti dagli amministratori locali, starebbero per concretizzarsi. All’orizzonte del piccolo comune, 2800 abitanti, un albergo di lusso con beauty farm e uno stabilimento per imbottigliare l’acqua minerale.

Gheddafi con gli abitanti di Antrodoco

Gheddafi con gli abitanti di Antrodoco

LE FONTI DELLA CAPITALE - Il retroscena era stato già raccontato dal Corriere della Sera nel giugno scorso: Gheddafi ha scoperto il piccolo centro, sovrastato peraltro dalla scritta Dux (realizzata con gli alberi piantati nel ’39 dagli allievi del corpo forestale), mentre si recava al G8 dell’Aquila seguendo un percorso alternativo all’autostrada. Ma qualcuno sospetta la "scoperta" non sia stata casuale.

"A poca distanza da Antrodoco - ricorda Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio - ci sono le sorgenti del Peschiera, che forniscono acqua potabile di altissima qualità alla stragrande maggioranza dei romani. Non vorremmo che l'operazione del colonnello Gheddafi ad Antrodoco prefigurasse un primo passo per una più ampia "conquista" delle riserve idriche appenniniche".

PROGETTI E DUBBI - Sul progetto di sfruttamento delle acque di Antrodoco, nel quale il leader libico investirebbe 15 o 16 milioni di euro, Legambiente chiede sia fatta chiarezza: "L'acqua è un bene comune, pubblico e universale, come hanno appena ribadito quei milioni di cittadini italiani che hanno firmato per il referendum contro ogni ipotesi di sua privatizzazione - scrive Parlati -. Per questo siamo molto preoccupati dalle oscure operazioni che sembrano ruotare attorno alle preziose riserve idriche sotterranee dei Monti Reatini e in particolare dalle voci di ingenti investimenti del "regime autoritario" libico nel Comune di Antrodoco".

Legambiente si domanda poi "quale possa essere l'interesse pubblico tale da giustificare un'operazione del genere senza alcuna gara per la scelta del partner, con l'ipotesi di cessioni di importanti beni in comodato gratuito o attraverso la costituzione di un'apposita società mista".

Paolo Brogi

11 settembre 2010

 

 

 

 

2010-08-31

Non è piaciuto il proselitismo del Colonnello: "In altri Paesi non ci sarebbe stato"

"Avvenire" all'attacco sul Gheddafi show

"Momenti urtanti, è stato un boomerang"

Editoriale del quotidiano dei vescovi contro l'"incresciosa messa in scena" del leader libico a Roma

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Gheddafi e Berlusconi durante la serata di celebrazione del secondo anniversario del trattato di Bengasi (Ansa)

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ROMA - Un' "incresciosa messa in scena" firmata dal colonnello Gheddafi o "forse solo un boomerang", "certamente è stata una lezione, magari pure per i suonatori professionisti di allarmi sulla laicità insidiata". Il quotidiano dei vescovi, Avvenire, in un editoriale firmato dal direttore Marco Tarquinio tira le fila della visita del leader libico a Roma, tra affari e provocazioni. Ultima delle quali la richiesta di denaro all'Europa per scongiurare il rischio che il vecchio continente diventi nero come l'Africa a causa dell'immigrazione clandestina. Che ha proprio nella Libia uno dei propri principali crocevia. La provocazioni finite nel mirino del giornale cattolico sono tuttavia in particolare quelle legate alla "conversione all'Islam" auspicata dal rais di Tripoli per l'intera popolazione europea.

"MOMENTI INCRESCIOSI" - "Incontrarsi serve comunque e sempre", premette Tarquinio lodando la "nuova stagione" e la "riconciliazione" tra Roma e Tripoli. Però - sottolinea il giornale della Cei - non si possono sottacere "aspetti sostanziali e circostanze volutamente folkloristiche" della visita così come "momenti incresciosi e urtanti" quali l'incontro per "una sessione di propaganda islamica (a sfondo addirittura europeo) tra il leader libico e hostess appositamente reclutate".

L'ITALIA E GLI ALTRI - Avvenire si chiede quindi come Gheddafi - nella "tollerante e pluralista Italia" dalle "profonde e vive radici cristiane" e al tempo stesso capace di "una positiva laicità" - abbia potuto "fare deliberato spettacolo di proselitismo (anche grazie a un Tg pubblico incredibilmente servizievole...). Non sapremmo dire in quanti altri paesi tutto questo avrebbe avuto luogo o, in ogni caso,avrebbe avuto spropositata (e stolida) eco". "Probabilmente è stato un boomerang - conclude l'editoriale -una dimostrazione di quanto possano confondersi persino in certo islam giudicato non (più) estremista piano politico e piano religioso".

"NON STIAMO A GUARDARE" - L'editoriale di Avvenire non è il solo segnale di malumore degli ambienti cattolici. Sulla prima pagina della Stampa è pubblicato un intervento di Maurizio Lupi e Mario Mauro, due dei più influenti esponenti del mondo cattolico interno al Pdl (deputato il primo, europarlamentare il secondo), che sotto il titolo "Basta offrire il palcoscenico al dittatore" si richiamano a Cesare Augusto per dire che "lo spettacolo è finito" e per ammonire sui rischi del verbo gheddafiano sull'islamizzazione dell'Europa, lasciate correre come semplice folklore: "Le frasi di Gheddafi - scrivono - sono pericolose proprio per il fatto che non ne avvertiamo la gravità".

Redazione online

31 agosto 2010

 

 

IL LEADER LIBICO: "Dateci 5 miliardi all'anno O DIVENTERETE COME L'AFRICA"

Immigrati, Gheddafi provoca l'Europa

E Berlusconi: "Si è chiusa una ferita"

Il raìs:"L'Italia finora ha fatto poco rispetto a ciò che abbiamo subito". Poi elogia il premier: "Coraggioso"

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ROMA - Lo ha definito "il mio amico", il "leader della rivoluzione". E nel suo intervento alla caserma "Salvo D'Acquisto" per le celebrazioni del secondo anniversario del trattato italo-libico Silvio Berlusconi ha sottolineato che "tutti dovrebbero rallegrarsi" della nuova amicizia tra Italia e Libia sancita il 30 agosto 2008 con la storica firma di Bengasi. In quell'occasione, ha sottolineato il premier, "è stata chiusa una ferita ed è iniziata una vita nuova": "Chi non capisce i vantaggi di questa intesa - ha detto il presidente del Consiglio -, appartiene al passato. Noi invece guardiamo al futuro". Nel suo intervento Berlusconi aveva sottolineato l'importanza strategica della nuova alleanza, lasciato intendere i tornaconti sul fornte dell'economia e ricordato tra l'altro gli accordi tra i due Paesi per la lotta all'immigrazione clandestina.

"FERITA CHIUSA" - Il capo del governo si è detto convinto dell'importanza del trattato anche per la chiusura di "una ferita" e per la possibilità di "recuperare il tempo perduto" dopo le tensioni del dopoguerra legate all'intervento coloniale italiano. "Il passato del popolo libico carico di sofferenza è consegnato ai libri di storia - ha sottolineato il premier -. La Libia ha vissuto il dolore che si infligge ad un popolo quando lo si vuole dominare".

"LA REPLICA DI GHEDDAFI" - Gheddafi, che ha preso la parola subito dopo, non ha rinunciato a sottolineare a sua volta le sofferenze subite dal suo popolo, ha ripercorso alcuni episodi risalenti al periodo coloniale, ha parlato di Graziani quale maestro di Hitler e ha enfatizzato il fatto che "ogni famiglia libica ha nella propria storia un morto, una persona risultata dispersa o costretta a subire mutilazioni a causa dell'occupazione italiana", ha ricordato l'ingente quantità di mine lasciate sul territorio libico dalle forze dell'Asse. L'Italia - ha commentato- ha eseguito alcuni interventi "riparatori" in LIbia, ha ad esempio costruito un ospedale ortopedico a Bengasi per curare le vittime delle mine, "ma è poca cosa rispetto a quanto successo veramente al popolo libico".

"BERLUSCONI CORAGGIOSO" - Ma alla fine anche lui ha ringraziato "il mio amico Berlusconi" e parlato della possibilità di "voltare pagina". "Avete riconosciuto gli errori del passato, commessi dall’Italia passata, fascista, e non attuale - ha detto il Colonnello, che ha invitato i giovani italiani a studiare gli orrori del colonialismo -. Il popolo libico è piccolo e pacifico e non aveva intenzioni ostili verso gli italiani. Ma ora vi ringrazio per la condanna del colonialismo e per il coraggio che avete dimostrato ammettendo gli errori; voi e il vostro coraggioso Berlusconi". Berlusconi che, ha ricordato, "ha pianto guardando le foto che testimoniavano le sofferenze del mio popolo". Berlusconi che a differenza di altri che lo hanno preceduto - e il leader libico ha citato Andreotti, Prodi e D'Alema, definendoli "amici" - che si sono limitati a firmare singoli accordi, ha portato fino alla fine la sottoscrizione del trattato. "Per questo è stato coraggioso".

"5 MILIARDI CONTRO L'IMMIGRAZIONE" - Nel suo intervento Gheddafi ha poi sollecitato un finanziamento di cinque miliardi di euro all'anno alla Libia, altrimenti "l'Europa potrebbe diventare Africa, potrebbe diventare nera". "La Libia chiede all'Unione Europea - ha detto Gheddafi - che l'Europa offra almeno cinque miliardi di euro all'anno per fermare l'immigrazione non gradita. Bisogna sostenere questo esercito che combatte per fermare l'immigrazione - ha aggiunto - altrimenti l'Europa potrebbe diventare Africa, potrebbe diventare nera. Libia è l'ingresso dell'immigrazione non gradita, dobbamo lottare insieme per affrontare questa sfida. L'Italia- deve convincere i suoi alleati europei per applicare la proposta libica".

LE CANZONI DI BERLUSCONI - La serata, caratterizzata anche dall'esibizione dei gruppi folkloristici berberi e del carosello equestre dei nostri carabinieri, è proseguita fino a tarda ora anche al di là del protocollo ufficiale. "Dobbiamo ancora terminare la cena, stiamo ancora qui insieme a festeggiare questa bella festa dell'amicizia, se fate i bravi vi canto anche una canzone" ha detto Berlusconi parlando dal tavolo d'onore nel corso della cena offerta dalla presidenza del consiglio. Al tavolo d'onore, oltre al premier e al Colonnello erano seduti il ministro degli Esteri Franco Frattini, quello della Difesa Ignazio La Russa, quello dell'Interno Roberto Maroni, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta e il portavoce di Palazzo Chigi, Paolo Bonaiuti. Agli altri tavoli erano presenti, tra gli altri, il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini, il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, il viceministro alle Attività produttive, Adolfo Urso oltre al vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero. Menu tipicamente italiano per i commensali. Sono state servite una insalata caprese, pennette tricolore di primo, filetto di chianina di secondo. come dessert, gelato all'italiana. Durante la cena, il premier si è più volte avvicinato al leader libico per parlare con lui a stretto contatto. Verso la fine della serata il presdiente del Consiglio ha anche cantato una canzone in francese.

Redazione online

30 agosto 2010(ultima modifica: 31 agosto 2010)© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

I limiti invalicabili

per il buon nome del Paese

I limiti invalicabili

per il buon nome del Paese

Fu Indro Montanelli a spiegare che talvolta bisognava votare "tappandosi il naso". Gli interessi economici di tutti gli Stati, anche delle democrazie liberali, applicano un identico pragmatismo. Pensiamo ai rapporti degli Usa con la Cina, che non è certo la patria dei diritti umani. Pensiamo agli europei, italiani compresi, che per il gas e il petrolio trascurano i vizietti autoritari della Russia o la natura non esattamente democratica delle monarchie del Golfo. Non dobbiamo dunque scandalizzarci se l’Italia e il suo governo (peraltro ci provarono anche quelli precedenti, di destra e di sinistra) hanno teso tutt’e due le mani a un interlocutore tirannico, dal passato tenebroso e bizzarro come Muammar Gheddafi.

Non dobbiamo neppure, visto che da questa tolleranza ricaviamo un notevole tornaconto, essere eccessivamente intransigenti sulla forma propria delle visite di Stato, e ritenerci perciò offesi da quel che è stato benevolmente definito "folclore". In questi tempi di vacche magre fare business con chi se lo può permettere e portare in Italia i relativi benefici (sperando che tali davvero siano) è cosa che vale ampiamente qualche distrazione protocollare. Tanto più che Berlusconi, visto che di lui si tratta, per favorire l’azienda Italia ha chiuso con Gheddafi l’interminabile contenzioso coloniale e post coloniale, e non ha, come erroneamente si dice, "sdoganato " la reproba ed ex terrorista Libia perché a questo l’Occidente aveva già disinvoltamente provveduto prima della firma del Trattato di Bengasi.

Eppure, anche se è ragionevole e conveniente "tapparsi il naso" e accogliere Gheddafi nel modo migliore, crediamo che l’Italia di Berlusconi abbia sbagliato nel superare, o nel lasciare che venissero superati, limiti che dovrebbero essere considerati invalicabili perché collegati al buon nome del Paese e alla sua credibilità sulla scena internazionale. Erano presenti Berlusconi e quasi tutto il suo governo, ieri, quando Muammar Gheddafi ha lanciato quello che è difficile non definire un ricatto all’Europa. Per fermare l'immigrazione clandestina nella Ue, ha spiegato, la Libia deve ricevere almeno cinque miliardi di euro l’anno. Altrimenti risulterà impossibile controllare il flusso di milioni di esseri disperati, e l’Europa si ritroverà nera come l’Africa.

È vero che il leader libico non ha indicato scadenze, non ha precisato i termini dello scambio. Ma ha affermato (e noi rimaniamo speranzosi in attesa di smentite) di muoversi con il sostegno dell’Italia. Come se la ben pagata rappacificazione bilaterale gli offrisse ora l’occasione di alzare la posta, di chiedere soldi a tanti mettendo loro alla gola il coltello dei clandestini. Erano presenti Berlusconi e quasi tutto il suo governo anche quando Gheddafi — che nel frattempo aveva strizzato l’occhio ai padroni di casa appoggiando un seggio italiano nel Consiglio di sicurezza dell’Onu — ha disegnato la sua visione del Mediterraneo. Un mare di pace, e va bene. Un mare che va salvato dall’inquinamento, e va bene. Un mare nel quale deve esserci dialogo tra sponda nord e sponda sud, e va benissimo. E poi, ecco la ciliegina: un mare da sottrarre ai "conflitti imperialistici", nel quale possano muoversi soltanto le navi militari dei Paesi rivieraschi. Chissà se Gheddafi pensava in astratto. Perché in concreto l’unica forza "straniera" dislocata nel Mediterraneo è la VI Flotta statunitense, che ha le sue basi, guarda caso, in Italia.

Tutto "folclore", tutte stranezze di un leader che è sempre stato diverso? Chi vuole crederlo lo creda. Ma a noi pare di rivedere semplicemente il Gheddafi di sempre, quello pre-Trattato con l’Italia, quello che ha sempre tenuto la corda tesa per ricompattare il suo fronte interno e ha sempre monetizzato gli interessi altrui. Se necessario con un non troppo velato ricatto, come accade nei confronti di una Europa che conosce bene, e affronta male, la questione dell’immigrazione clandestina. E non finiscono qui, le grandi questioni che la visita del leader libico ha sollevato e che fanno da contraltare alle nostre convenienze economico- energetiche. Gheddafi si fa predisporre una platea in fiore per auspicare che l’Islam diventi la religione dell’Europa. Concetto per nulla scandaloso, dal momento che ognuno è libero di auspicare il trionfo anche planetario della propria religione.

Ma Gheddafi il suo proselitismo lo fa a Roma, capitale della cristianità. E lo fa ospite di Berlusconi, che polemizzò a suo tempo con la Francia perché la laica Parigi non voleva che nella poi fallita costituzione europea venissero menzionate le radici giudaico-cristiane. Questo numero Gheddafi lo aveva già recitato in occasione della sua prima visita a Roma. Si poteva e si doveva prevedere, e prevenire, la sua ripetizione. Anche perché sorge spontanea una domanda: come reagirebbe il medesimo Gheddafi se il capo dello Stato italiano si recasse a Tripoli e lì, nell’ambasciata d’Italia ma davanti a una folta platea libica appositamente riunita, auspicasse la cristianizzazione di Libia e dintorni? Poi c’è quel tipo di forma che diventa sostanza. Passi, lo abbiamo detto, per gli aspetti circensi.

Ma è sbagliato inserire tra le stranezze del colonnello anche la ripetuta convocazione di centinaia di hostess alle quali esprimere, appunto, il desiderio di estendere le fortune islamiche. Come si è giunti a queste riunioni che per la loro evidente selettività di sesso e di estetica offendono le donne? Chi ha finanziato una ricerca tanto accurata e tanto difficile (pensiamo alle implicazioni in materia di sicurezza)? Qualora venisse invocato il rispetto dell’extraterritorialità (gli incontri hanno avuto luogo in sedi libiche), quale parte hanno svolto le autorità italiane? Se si considera che è sempre aperta la ferita delle intese sui respingimenti degli immigrati clandestini provenienti dalla Libia (il numero degli arrivi in Italia è effettivamente diminuito, ma la sorte di quei disgraziati rimandati al mittente rimane più che incerta nei poco ospitali campi di Gheddafi), la nostra impressione è che il conto del dare e dell’avere avrebbe potuto, anzi avrebbe dovuto essere fatto meglio. Anche tappandosi il naso.

Franco Venturini

31 agosto 2010

 

 

 

E il raìs riscrisse la Storia

"Italiani maestri di Hitler"

La visita alla mostra sul passato coloniale

LA POLEMICA

E il raìs riscrisse la Storia

"Italiani maestri di Hitler"

La visita alla mostra sul passato coloniale

ROMA — Fuori, nel caos di viale Cortina d'Ampezzo, è appena svanita la seconda vagonata di studentesse del Rais (Glorioso Corano appoggiato sull'anca in favor di telecamera: "Ex terrorista, lui? Ehhh, non ho fatto una ricerca approfondita per rispondere!", sospira una moretta da reality). Il povero Shaykh Abd al Wahid Pallavicini, presidente della Comunità religiosa islamica, venuto fin quassù a sollecitare a Berlusconi tramite Gheddafi nientemeno che il "riconoscimento dell'Islam tra le grandi religioni monoteiste diffuse in Italia", "e non solo per rimediare l'otto per mille!", si fa largo a fatica ("sì, c'è molto di sacro e anche di profano, noi cerchiamo di stare nel sacro..."). Dentro, nell'Accademia di Libia, tra noi e loro, c'è la storia e c'è il sangue, c'è questa mostra terribile e dolorosa, "L'occupazione italiana 1911-1943".

Gheddafi e Berlusconi (De Vita)

Gheddafi e Berlusconi (De Vita)

Farsa e dramma giocano a rimpiattino tutto il giorno, nell'incredibile copione della visita gheddafiana. "Gli storici dicono che il maresciallo Graziani è stato il maestro di Hitler per i campi di concentramento e l'Olocausto. Lo stesso sistema è stato usato contro i libici. Nei campi morivano cinquanta libici al giorno, donne, uomini, bambini", tuonerà in serata il Rais tra danzatori folk e galoppate di cavalli berberi, nella caserma Salvo d'Acquisto dei carabinieri. Incomincia a maneggiare direttamente la Storia e i suoi orrori già sotto il grande tendone dell'Accademia che ospita la mostra, palcoscenico pomeridiano del lunedì dei cari leader, Muhammar e Silvio, di nuovo insieme, ma stavolta gelati dalle troppe polemiche: dunque, niente baciamano del nostro premier al dittatore, Berlusconi è terreo e forse di pessimo umore mentre arriva su una macchinetta da golfista con il partner libico accanto e Letta seduto vicino all'autista, per scoprire una targa che in arabo augura all'Accademia di essere un ponte culturale con noi. L'augurio del Colonnello agli europei, lanciato tramite le sue discepole romane ("Ha detto convertitevi all'Islam", svelavano l'altro ieri le più ardite) ha lasciato strascichi pesanti, anche nel Pdl in tanti l'hanno presa maluccio. Beppe Pisanu, molto applaudito al convegno di politici, professori e imprenditori che accompagna la mostra, ridacchia e spiega: "In quella battuta c'è più malizia politica di quanta ne sia stata colta!". Prego? "Mi segua: Gheddafi ha detto che l'Europa deve avvicinarsi all'Islam. E, del resto, quale nazione islamica è in bilico per entrare in Europa? La Turchia. Dunque Gheddafi ha detto agli europei: avete già 20 milioni di musulmani, i Turchi sono 70 milioni... Dov'è la notizia? Nel fatto che il Colonnello non si scalda per niente all'idea dell'ingresso della Turchia in Europa, anzi. Gheddafi sa benissimo che l'Islam non ha chance di espansione in Occidente, semmai rischia l'occidentalizzazione, come dice Messori".

Traduzione: tramite le sue veline coraniche, il rais di Tripoli avrebbe semplicemente messo un bastone tra le ruote del carro con cui Erdogan vorrebbe guidare il Paese che fu dell'Ataturk in seno all'Unione. Possibile? Pisanu ha chiavi di lettura e rapporti col mondo islamico da quando era ministro degli Interni: "Sì, me ne sono sempre occupato", dice sornione. Del resto con Gheddafi ogni cosa ha il suo doppio, come con la sua faccia scavata dal deserto e il suo inverosimile henné che lo fa sembrare in lontananza un'accompagnatrice di Berlusconi sul trabiccolo da golfisti: farsa e dramma stanno lì, mischiati, come nel tendone della mostra. C'è questa lunga sequenza di pannelli agghiaccianti sui nostri trent'anni in Libia: fucilazioni, gas tossici, deportazioni di massa, fino all'esecuzione di Omar El Mukhtar, il Leone del Deserto impiccato a quasi settant'anni e morto invocando il suo Dio dal patibolo, l'uomo di cui Gheddafi esibiva la foto appuntata in petto durante la sua prima visita romana. E c'è una "seconda parte" della mostra, lato sud, che sa un po' di "pecetta", di romanissimo cerotto giustapposto dopo il trattato d'amicizia berlusconiano del 2008. "Con quella parte io non c'entro nulla, la mia mostra si ferma al 1943, sia chiaro", spiega il curatore Costantino Di Sante. L'allora ambasciatore italiano a Tripoli, Francesco Paolo Trupiano, avrebbe ottenuto che pure i nostri rapporti più recenti (e più civili) fossero effigiati come si deve, e così ecco i pannelli con foto di Gheddafi e Andreotti, Gheddafi e D'Alema e, soprattutto, Gheddafi e il caro Silvio, sempre e comunque col ritornello di sottofondo dei soldi che tornano, infine tornano, assieme agli appalti e alle commesse, come sogna anche Pier Francesco Guarguaglini, il leader di Finmeccanica in prima fila al convegno, "sì, speriamo".

Qui, dagli interventi dei libici, coordinati da Ibrahim Magdud, il direttore dell'Accademia, il messaggio che passa è chiaro: li avremo irrorati di iprite, gli avremo bombardato l'oasi di Taizerbo, gli avremo pure deportato centomila poveretti in tredici campi di concentramento, gli avremo persino mandato giù dall'Italia fior di esaltati come l'aviere Vincenzo Biani che in "Ali del deserto" raccontava l'emozione di sganciare bombe e brindare a champagne all'atterraggio; ma, accidenti, possiamo tornare a essere "italiani brava gente" se solo riapriamo i cordoni della borsa. "Metabolizzare, non rimuovere", traduce Gianluigi Rossi, preside di Scienze politiche della Sapienza. "Non eravamo tutti fascisti, c'era chi voleva la Libia indipendente", sbotta Valentino Parlato, un'infanzia a Tripoli che adesso si ridisegna nelle piazze e nelle strade della mostra. Il gran carosello di emozioni non si placa, fuori c'è una tenda blu montata dall'Italia dei Valori contro Gheddafi. Dentro, il rais porta il premier a visitare di nuovo la mostra. "Si è commosso, il mio coraggioso amico Silvio s'è commosso guardando le foto dei nostri drammi", rivelerà in serata. Non se n'era accorto nessuno, ma se lo dice il Colonnello è vero di sicuro.

Goffredo Buccini

31 agosto 2010

 

 

 

E all'Europa: "Dateci 5 miliardi all'anno per fermare l'immigrazione"

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Berlusconi e Gheddafi sul palco della caserma "Salvo D'Aquisto"

Berlusconi e Gheddafi sul palco della caserma "Salvo D'Aquisto"

ROMA - Lo ha definito "il mio amico" e il "leader della rivoluzione" e nel suo intervento alla caserma "Salvo D'Acquisto" per le celebrazioni del secondo anniversario del trattato italo-libico Silvio Berlusconi ha sottolineato che "tutti dovrebbero rallegrarsi" della nuova amicizia tra Italia e Libia sancita il 30 agosto 2008 Bengasi. In quell'occasione, ha sottolineato il premier, "è stata chiusa una ferita ed è iniziata una vita nuova": "Chi non capisce i vantaggi di questa intesa - ha detto il presidente del Consiglio, appartiene al passato. Noi invece guardiamo al futuro". Nel suo intervento Berlusconi aveva sottolineato l'importanza strategica della nuova alleanza e ha ricordato tra l'altro gli accordi tra i due Paesi per la lotta all'immigrazione clandestina.

"FERITA CHIUSA" - Il capo del governo si è detto convinto dell'importanza del trattato anche per la chiusura di "una ferita" e per la possibilità di "recuperare il tempo perduto" dopo le tensioni del dopoguerra legate all'intervento coloniale italiano. "Il passato del popolo libico carico di sofferenza è consegnato ai libri di storia - ha sottolineato il premier -. La Libia ha vissuto il dolore che si infligge ad un popolo quando lo si vuole dominare".

"LA REPLICA DI GHEDDAFI" - Gheddafi, che ha preso la parola subito dopo, non ha rinunciato a sottolineare a sua volta le sofferenze subite dal suo popolo, ha ricordato alcuni episodi risalenti al periodo coloniale, ha parlato di Graziani quale maestro di Hitler e ha enfatizzato il fatto che "ogni famiglia libica ha un morto, una persona risultata dispersa o costretta a subire mutilazioni a causa dell'occupazione italiana", ha ricordato l'ingente quantità di mine lasciate sul territorio libico dalle forze dell'Asse. L'Italia - ha ricordato - ha eseguito alcuni interventi sul territorio libico, ha ad esempio costruito un ospedale ortopedico a Bengasi per curare le vittime delle mine, "ma è poca cosa rispetto a quanto successo veramente al popolo libico".

"BERLUSCONI CORAGGIOSO" - Ma alla fine anche lui ha ringraziato "il mio amico Berlusconi" e parlato della possibilità di "voltare pagina". "Avete riconosciuto gli errori del passato, commessi dall’Italia passata, fascista, e non attuale - ha detto il Colonnello, che ha invitato i giovani italiani a studiare gli orrori del colonialismo -. Il popolo libico è piccolo e pacifico e non aveva intenzioni ostili verso gli italiani. Ma ora vi ringrazio per la condanna del colonialismo e per il coraggio che avete dimostrato ammettendo gli errori; voi e il vostro coraggioso Berlusconi". Berlusconi che, ha ricordato, "ha pianto guardando le foto che testimoniavano le sofferenze del mio popolo". Berlusconi che a differenza di altri che lo hanno preceduto - e il leader libico ha citato Andreotti, Prodi e D'Alema, definendoli "amici" - che si sono limitati a firmare singoli accordi, ha portato fino alla fine la sottoscrizione del trattato. "Per questo è stato coraggioso".

"5 MILIARDI CONTRO L'IMMIGRAZIONE" - Nel suo intervento Gheddafi ha poi sollecitato un finanziamento di cinque miliardi di euro all'anno alla Libia, altrimenti "l'Europa potrebbe diventare Africa, potrebbe diventare nera". "La Libia chiede all'Unione Europea - ha detto Gheddafi - che l'Europa offra almeno cinque miliardi di euro all'anno per fermare l'immigrazione non gradita. Bisogna sostenere questo esercito che combatte per fermare l'immigrazione - ha aggiunto - altrimenti l'Europa potrebbe diventare Africa, potrebbe diventare nera. Libia è l'ingresso dell'immigrazione non gradita, dobbamo lottare insieme per affrontare questa sfida. L'Italia- deve convincere i suoi alleati europei per applicare la proposta libica".

Redazione online

30 agosto 2010

 

 

 

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Berlusconi e Gheddafi insieme a Roma

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ROMA - E' continuato anche nella giornata di lunedì il Gheddafi show a Roma con un nuovo incontro con un gruppo di hostess italiane. Poco dopo mezzogiorno nella sede dell'Accademia libica sono arrivati diversi pullman con a bordo 400 ragazze. Nel gruppo si sono notate anche alcune giovani con il velo, ragazze che domenica si erano convertite all'islam con un breve rito davanti al leader libico. Un'altra delle partecipanti portava al collo una catenina con una medaglietta con l'immagine del Colonnello.

"IL RISPETTO DELLA DONNA" - "In Libia la donna è più rispettata che in Occidente e negli Stati Uniti" ha detto Gheddafi stando al racconto di una delle ragazze che hanno partecipato all'incontro, Elena Racoviciano, interpellata dall'Ansa. Non solo: parlando dell'Islam, il leader libico ha ribadito che per lui "se bisogna credere in una sola fede, questa è l'Islam perchè Maometto è stato l'ultimo dei profeti e quindi è quello da seguire". Un'altra delle hostess, Erika, interpellata da Sky Tg 24 ha invece raccontato che la "conversione" all'Islam di tre ragazze avvenuta domenica si è consumata tra le foto dello stesso colonnello da un lato e dall'altro del premier Silvio Berlusconi, affisse ai lati di un tavolo dove erano disposte varie copie del Corano. Le tre ragazze, ha riferito ancora Erika, "erano felici e contente", "hanno acconsentito a cambiare nome e chissà cos'altro...".

Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi

L'INCONTRO NELLA TENDA - Gheddafi e il premier Silvio Berlusconi si sono poi incontrati per un faccia a faccia nella tenda beduina che il rais si è portato dalla Libia e che è stata montata nel giardino dell'ambasciata libica. L'incontro è durato mezz'ora. Poi i due leader hanno visitato insieme una mostra fotografica che inaugura la nuova Accademia Libica di via Cortina d'Ampezzo, a poche centinaia di metri dalla residenza dell'ambasciatore della Libia. Il premier italiano, che è apparso meno sorridente del solito e che al termine della visita alla mostra si è allontanato senza rilasciare dichiarazioni, è stato accompagnato, tra gli altri, dal ministro degli Esteri Franco Frattini e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. In seguito si sono svolte le celebrazioni per il secondo anniversario del Trattato italo-libico alla caserma Salvo d'Aquisto nel corso delle quali il premier ha parlato di "ferita chiusa" e di occasione per voltare pagina: "Chi non capisce i vantaggi di questa nuova amicizia - ha detto - appartiene al passato. Noi invece guardiamo al futuro".

LE POLEMICHE - Intanto proseguono le polemiche dopo la "convocazione" di domenica 200 ragazze-hostess per convertirle all'islam. Berlusconi ha liquidato la faccenda come "folklore". Amnesty International ha scritto una lettera a Berlusconi nella quale si ricordano le "gravi violazioni" dei diritti umani in Libia e chiede di inserire il tema dei diritti umani dell'agenda dei colloqui italo-libici. "Ogni volta che Gheddafi torna a Roma è sempre peggio della precedente senza che nessuno di coloro che lo hanno invitato gli faccia notare qualcosa",ha detto a Radio Radicale la vice presidente del Senato Emma Bonino. Per protesta contro "le scelte politiche di questo governo nei confronti del dittatore Gheddafi" i radicali dell'Associazione Aglietta alla festa nazionale del Pd in corso a Torino indosseranno una fascia nera a lutto. Potito Salatto, eurodeputato del Ppe e membro della commissione europea degli Esteri, chiede cosa accadrebbe se fosse Berlusconi a donare Bibbie o Vangeli in terra libica. L'appello all'Europa a convertirsi all'islam non è piaciuto ai cavalieri templari del Super Ordo Equestri Templi che rilanciano: "Siano gli islamici a diventare cristiani". Secondo il sito web finiano FareFuturo "l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi, il parco-giochi delle sue vanità senili, ma la ragione è purtroppo politica. Il governo berlusconiano è passato dall'atlantismo all'agnosticismo, dalle suggestioni neo-con alla logica commerciale, per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione". Invece per Ignazio La Russa, ministro della Difesa e coordinatore del Pdl, "l'ospite è sacro". Ma la sua collega di governo, il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, non è del tutto d'accordo: "Qualunque fede religiosa merita il massimo rispetto, ciò che in questa occasione temo stia mancando nei confronti dei cittadini italiani, in grande maggioranza cattolici", le sue parole. "A un amico come il colonnello Gheddafi occorre dire parole di verità, in ogni circostanza", ha aggiunto poi, ricordando anche "i frutti positivi del Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia".

"L'EUROPA SIA CRISTIANA" - Molte critiche erano state rivolte in particolare alla Lega, che non ha preso posizione attraverso i suoi leader sull'auspicio della conversione dell'Europa all'Islam vaticinata da Gheddafi. La risposta è stata affidata al quotidiano La Padania che martedì va in edicola con il titolo "L'Europa sia cristiana". Nel sottotitolo il quotidiano del Carroccio così prosegue: "Gheddafi sogna il vecchio Continente convertito a Maometto". Poi cita il professore Del Valle che dice: "Il rischio concreto si chiama Turchia, vero cavallo di Troia dell'espansione islamica".

STAMPA ARABA - La stampa araba, e libica in particolare, esalta la visita di Gheddafi a Roma. Al-Jamahiriya titola: "Il capo della rivoluzione arriva a Roma per celebrare il secondo anniversario del trattato di amicizia tra i due Paesi". Aprono con questa notizia anche gli altri giornali libici, come Quryna e Al-Shames, dove non si parla però dell'incontro con le ragazze italiane. "Ragazze italiane si convertono all'islam dopo aver incontrato Gheddafi", titola invece Arab online. I principali giornali panarabi dedicano ampio spazio a questo evento. Titola Al-Hayat, edito a Londra: "Gheddafi in Italia con la sua tenda, ripete le sue lezioni alle donne sull'islam". Secondo Al-Sharq al-Awsat "Gheddafi arriva in Italia per celebrare il secondo anniversario della firma del Trattato di amicizia".

Redazione online

30 agosto 2010

 

 

 

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Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi Berlusconi ricevuto da Gheddafi

L'INCONTRO NELLA TENDA - Gheddafi e il premier Silvio Berlusconi si sono poi incontrati per un faccia a faccia nella tenda beduina che il rais si è portato dalla Libia e che è stata montata nel giardino dell'ambasciata libica. L'incontro è durato mezz'ora. Poi i due leader hanno visitato insieme una mostra fotografica che inaugura la nuova Accademia Libica di via Cortina d'Ampezzo, a poche centinaia di metri dalla residenza dell'ambasciatore della Libia. Il premier italiano, che è apparso meno sorridente del solito e che al termine della visita alla mostra si è allontanato senza rilasciare dichiarazioni, è stato accompagnato, tra gli altri, dal ministro degli Esteri Franco Frattini e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. In seguito si sono svolte le celebrazioni per il secondo anniversario del Trattato italo-libico alla caserma Salvo d'Aquisto nel corso delle quali il premier ha parlato di "ferita chiusa" e di occasione per voltare pagina: "Chi non capisce i vantaggi di questa nuova amicizia - ha detto - appartiene al passato. Noi invece guardiamo al futuro".

LE POLEMICHE - Intanto proseguono le polemiche dopo la "convocazione" di domenica 200 ragazze-hostess per convertirle all'islam. Berlusconi ha liquidato la faccenda come "folklore". Amnesty International ha scritto una lettera a Berlusconi nella quale si ricordano le "gravi violazioni" dei diritti umani in Libia e chiede di inserire il tema dei diritti umani dell'agenda dei colloqui italo-libici. "Ogni volta che Gheddafi torna a Roma è sempre peggio della precedente senza che nessuno di coloro che lo hanno invitato gli faccia notare qualcosa",ha detto a Radio Radicale la vice presidente del Senato Emma Bonino. Per protesta contro "le scelte politiche di questo governo nei confronti del dittatore Gheddafi" i radicali dell'Associazione Aglietta alla festa nazionale del Pd in corso a Torino indosseranno una fascia nera a lutto. Potito Salatto, eurodeputato del Ppe e membro della commissione europea degli Esteri, chiede cosa accadrebbe se fosse Berlusconi a donare Bibbie o Vangeli in terra libica. L'appello all'Europa a convertirsi all'islam non è piaciuto ai cavalieri templari del Super Ordo Equestri Templi che rilanciano: "Siano gli islamici a diventare cristiani". Secondo il sito web finiano FareFuturo "l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi, il parco-giochi delle sue vanità senili, ma la ragione è purtroppo politica. Il governo berlusconiano è passato dall'atlantismo all'agnosticismo, dalle suggestioni neo-con alla logica commerciale, per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione". Invece per Ignazio La Russa, ministro della Difesa e coordinatore del Pdl, "l'ospite è sacro". Ma la sua collega di governo, il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, non è del tutto d'accordo: "Qualunque fede religiosa merita il massimo rispetto, ciò che in questa occasione temo stia mancando nei confronti dei cittadini italiani, in grande maggioranza cattolici", le sue parole. "A un amico come il colonnello Gheddafi occorre dire parole di verità, in ogni circostanza", ha aggiunto poi, ricordando anche "i frutti positivi del Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia".

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STAMPA ARABA - La stampa araba, e libica in particolare, esalta la visita di Gheddafi a Roma. Al-Jamahiriya titola: "Il capo della rivoluzione arriva a Roma per celebrare il secondo anniversario del trattato di amicizia tra i due Paesi". Aprono con questa notizia anche gli altri giornali libici, come Quryna e Al-Shames, dove non si parla però dell'incontro con le ragazze italiane. "Ragazze italiane si convertono all'islam dopo aver incontrato Gheddafi", titola invece Arab online. I principali giornali panarabi dedicano ampio spazio a questo evento. Titola Al-Hayat, edito a Londra: "Gheddafi in Italia con la sua tenda, ripete le sue lezioni alle donne sull'islam". Secondo Al-Sharq al-Awsat "Gheddafi arriva in Italia per celebrare il secondo anniversario della firma del Trattato di amicizia".

Redazione online

30 agosto 2010

 

 

 

 

Parla una delle giovani che hanno assistito al discorso del Colonnello

"Così mi sono convertita"

"Il mio fidanzato adesso mi dice: finalmente ti sei coperta"

Parla una delle giovani che hanno assistito al discorso del Colonnello

"Così mi sono convertita"

"Il mio fidanzato adesso mi dice: finalmente ti sei coperta"

ROMA — "Il mio ragazzo mi ha detto: finalmente ti sei coperta, prima per strada ti guardavano tutti...". Ha gli occhi verdissimi e ride, Rea Beko, 27 anni. Esce con il chador nero dall’accademia libica di via Caldonazzo. Sembra felice: "Mi sento purificata, ora faccio il digiuno, rispetto il Ramadan". Telecamere e microfoni la inseguono, ma lei sale muta sul pullman di "Hostessweb". Più tardi, però, ha voglia di parlare, di raccontare il suo giorno più lungo davanti a Gheddafi. "Il Colonnello — dice — è come uno di quei saggi antichi a cui si rivolgevano i cavalieri prima di andare in battaglia. Un saggio che dà consigli...". Laureata in scienze sociali all’università La Sapienza, frequenta un master in politiche pubbliche: "Il mio sogno è diventare sindaco di Roma", dice scherzando ma mica poi tanto.

Rea è nata a Tirana, Albania, ma vive in Italia da quando ha 15 anni. Papà imprenditore, mamma stilista, lei lavora come promotrice finanziaria. "Cominciai a leggere il Corano fin da piccola — racconta la biondissima neomusulmana — Prima ero cristiana ortodossa, ma in realtà tutte le religioni mi hanno sempre interessato, il buddismo, l’induismo, il cristianesimo, ho letto molto, ho studiato molto, forse perché sono nata in un Paese in cui non era così facile professare apertamente il proprio culto. Ma Dio è inspiegabile, non mi potete adesso chiedere di Dio, non è un cielo che si illumina all’improvviso". Il suo abbraccio all’Islam, così, è arrivato alla fine di un percorso, cominciato un anno fa con le lezioni di Corano del raìs e proseguito con i viaggi in Libia, ospite di Gheddafi insieme ad altre hostess come lei: "Ma voi sbagliate a fare distinzioni — avverte Rea —. Cristiani e musulmani, siamo tutte persone, anche la mia amica Clio Evans, hostess e attrice mezzo inglese e mezzo romana, è venuta in Libia a trovare Gheddafi. Anche a lei il Colonnello ha regalato una collanina d’oro con il suo ritratto, ma Clio è rimasta cristiana. E non per questo non siamo più amiche".

Fabrizio Caccia

30 agosto 2010

 

 

 

retroscena - il racconto di un'"infiltrata" tra le ragazze convocate dall'agenzia

Ore e ore sotto il sole per 80 euro:

la giornata delle hostess di Gheddafi

Giovani, carine, disoccupate e abbagliate dalla promessa di un futuro radioso in Libia, magari col matrimonio

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Lunga attesa sotto il sole per le hostess (Ansa)

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ROMA - Per almeno la metà delle 536 ragazze selezionate dall’agenzia hostessweb, l’incontro-dibattito a sfondo religioso programmato con il leader libico Muammar Gheddafi si è trasformato in ore di attesa. Giunte in pullman al civico 8 di via Cortina D’Ampezzo intorno alle 12.30, le ragazze hanno prima affrontato le lungaggini dei controlli della sicurezza. Sotto il sole delle prime ore del pomeriggio, disposte in una lunga fila nell’area interna dell’accademia culturale libica, hanno dovuto mostrare disciplina e obbedienza alle guardie libiche addette ai controlli, per ottenere il lasciapassare. E non tutte ce l’hanno fatta. Dopo il "sì" del body scanner e l’abbandono fuori della porta dell’accademia dei portafogli, dei cellulari e finanche delle sigarette, alcune sono state rispedite al mittente, mentre circa 500 sono entrate.

Solo duecento di loro, però, sono rimaste all’interno ad attendere la lezione di Corano. La sala riunioni, troppo piccola, ha suggerito infatti agli organizzatori di dividere l’incontro in due tranche. Non prima di aver ammonito tutte però, di evitare la stampa assiepata fuori, e di non raccontare i dettagli degli accordi economici con l’agenzia intermediaria, pena l’esclusione dalle liste di hostessweb, e la rinuncia alla paga. Ma oltre all’ammonimento, anche una promessa: "Per chi si mostrerà interessata al Corano, questa è l’occasione di farsi avanti – ha spiegato Alessandro – ci saranno infatti nuovi incontri e nuove opportunità di guadagno. Le ragazze che durante l’incontro si mostreranno interessate, saranno infatti invitate in Libia, ad approfondire i vari aspetti della cultura libica. Per esempio, a settembre, ci sarà un evento per la festa nazionale, a cui si potrà partecipare".

E con nuove prospettive di guadagno in arrivo, la metà delle aspiranti hostess, accampate nell’atrio dell’accademia, sedute per terra e sui muretti, hanno affrontato altre ore di attesa sotto il sole, per assicurarsi intanto gli 80 euro di rimborso promessi (64 per chi fosse stata segnalata da un’amica e non fosse direttamente iscritta nelle liste dell’agenzia intermediaria). Ore spese parlando a bassa voce, senza disturbare o fare troppe domande, per non infastidire le guardie, per fare amicizia, e per capire cosa avesse spinto tante ragazze, così diverse, a condividere il pomeriggio nell’atrio libico, per terra, sotto il sole.

C'è Sabrina, 22 anni, pugliese, iscritta a Farmacia alla sapienza di Roma, bellissima, bionda, occhi azzurri: "Cosa c’entra farmacia con tutto questo? in fondo sono curiosa…". C'è Monica, laureata in scienza della formazione, senza lavoro, ma pronta a proseguire la specializzazione: spera in un lavoro precario, "non si sa mai". E poi Pamela, 22 anni, mora, occhi da cerbiatto e gambe da gazzella, ammirate dalle altre nei pantacollant neri da 13 euro, che su di lei fanno però una gran figura. Vive in uno dei grattaceli della zona "che ho sentito che vogliono abbattere, per metterci tutti nei container", spiega alle amiche. Non ha nessuna fiducia nel futuro in Italia, e si chiede se sia il caso di andare all’estero a trovare fortuna. Ha solo un diploma al turistico, e forse, se nulla cambia, si segnerà all’università a lingue, a settembre. Sedute da una parte due polacche parlano tra loro. Ma il loro desino è simile: Marta, licenziata di fresco da un ristoratore romano che le dava 30 euro al giorno in nero, ha un bambino di tre anni, è separata, e aspetta i soldi "per mettere insieme l’affitto del mese nella casa di Ponte Galeria", spiega.

Finalmente si apre la porta e le prime duecento escono con il Corano sotto il braccio. È arrivata l’ora del dibattito. Ma, appena sedute nella sala, è subito chiaro a tutte che è meglio non fare domande scomode. D’altra parte gli organizzatori hanno avvertito: quelle a sfondo giornalistico-politico, verranno censurate. Gheddafi parla con tono sommesso, ma sicuro. Spiega a tutte che l’unica via di salvezza è il Corano. Ripete più volte: "L'ultimo profeta è Maometto. C’era scritto anche sul Vangelo, ma poi è stato modificato. Ora dunque l’unica sacra scrittura valida rimane il Corano, perché è l’unica che è arrivata a noi autentica". E prosegue: "Anche Gesù sapeva perfettamente che il nuovo profeta sarebbe stato Maometto. Hamed, per l’esattezza, che nella nostra lingua si traduce in Mohammed". E la religione islamica è l’unica e universale, alla quale bisogna convertirsi prima del giorno del giudizio: "Chi non sarà convertito entro quel giorno – ammonisce – sarà perdente".

Una ragazza chiede: "Ma allora la nostra religione è sbagliata?". "No – risponde Gheddafi-. Solo che ogni religione, anche quella cristiana cattolica, ha avuto il suo periodo. Perché il messia Gesù era quello che precedeva l’ultimo, Maometto. Ora la religione musulmana le deve rimpiazzare tutte". Arrivano anche domande sulla lapidazione delle donne peccatrici e sulla condizione delle donne in Libia, ma su queste il Leader glissa e la sicurezza mette a tacere le coraggiose.

Intanto è pronto per tutte, alla fine del dibattito, un invito a unirsi in matrimonio con gli uomini libici e rinsaldare così il legame Italia-Libia. "In passato questo due Paesi si sono fatti la guerra - ha spiegato Gheddafi -. Ma ora i rapporti promettenti di diplomazia tra me e il capo di Stato italiano Berlusconi consentono di mischiare le due etnie, e di procedere verso l’unità. Ma non prima, spiega che voi abbiate letto il Corano, senza preconcetti e con l’apertura mentale necessaria alla conversione". Infatti, prima di lasciare l’accademia culturale libica, già tre ragazze, entrate senza velo, lo indossano, uscendo, fiduciose nelle promesse di felicità, prosperità e, perché no, di ricchezza che un Paese diverso dall’Italia potrà assicurare loro.

Sabrina La Stella

29 agosto 2010

 

 

 

LA VISITA A ROMA / 2

I capricci di Sua Maestà da Tripoli

LA VISITA A ROMA / 2

I capricci di Sua Maestà da Tripoli

Compiaciuto tra i suoi 30 cavalli berberi più belli di quelli di Ben Hur, le amazzoni di scorta con rimmel antisommossa e le sue 500 ninfette italiane prese a nolo, "Papi" Muammar benedice l'amico Silvio e tutto il popolo italiano: questa sì è un'accoglienza da Re! E chissà che anche stavolta, tra le seguaci conquistate dalla sua oratoria e da un pacco di fruscianti bigliettoni, non spunti fuori qualche convertita all'Islam...

Diciamo la verità: era cominciata male, tra Gheddafi e gli italiani. Prima il fastidio delle polemiche sulla cacciata dei nostri connazionali buttati fuori dopo la rivoluzione. Poi lo strascico del rancore per la nostra occupazione coloniale che gli aveva fatto istituire la Giornata della Vendetta. Poi i seccanti sospetti su un suo coinvolgimento in certi episodi terroristici. Poi i missili contro Lampedusa e la rivendicazione della sovranità sulle Tremiti. Per non dire di certe parole di Oriana Fallaci: "Oltre ad essere un tiranno è un gran villanzone". Peggio: "È clinicamente stupido". Peggio ancora: "È senz'altro il più cretino di tutti". Screanzata. Più ancora di Indro Montanelli, che lo aveva bollato come "un sinistro pagliaccio". Più di Reagan, che lo chiamava: "Il cane di Tripoli".

Vabbè, pietra sopra. Tutto cancellato dal rapporto con l'amico Silvio. Lui, Muammar, l'aveva detto già nel lontano 1994: "Io e Berlusconi siamo fatti per intenderci, in quanto rivoluzionari. Prevedo per lui grandi successi nella gestione dello Stato, così com'è stato nella gestione del Milan. La sua personalità è apparsa all'orizzonte cambiando tutto da cima a fondo". Certo, il Cavaliere non ha accettato tutti i suoi consigli su come risolvere le grane parlamentariste. L'anno scorso in Campidoglio, ad esempio, aveva detto: "Il partitismo è un aborto della democrazia. Se me lo chiedesse il popolo italiano gli darei il potere. Annullerei i partiti, affinché il popolo possa prendere il loro posto. Non ci sarebbero più elezioni e si verificherebbe l'unità di tutti gli italiani. Basta destra e sinistra. Il popolo italiano eserciterebbe il potere direttamente, senza rappresentanti". Quindi, all'università "La Sapienza", aveva spiegato che questa è l'essenza della democrazia: "Demos in arabo vuol dire popolo e crazi vuol dire sedia. Cioè il popolo si vuole sedere sulle sedie". Aristotelico.

Allora, alle "letterine" affittate perché ascoltassero a ottanta euro l'una il sermone maomettano, aveva rivelato: "Sapete che al posto di Gesù crocifissero un suo sosia?". Questa volta, tra i sorridenti inchini e gli ossequiosi salamelecchi dei nostri uomini di governo solitamente ostili, diciamo così, a certi discorsi, è andato oltre: "L'Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l'Europa". Lo dicesse l'imam di una sgangherata moschea di periferia sarebbe scaraventato fuori tra strilli di indignazione. Lo dice lui? Spallucce. È la politica, bellezza.

Così è fatto, "Papi" Muammar: adora essere circondato da cammelli, cavalli e puledre. Il tutto con una sobrietà che in quattro decenni di potere è diventata leggendaria. Oddio, diciamo la verità: il Colonnello si muove nel solco di una storia antica. È un secolo che gli italiani dalla Libia si aspettano cose spropositate. Basti ricordare come, per eccitare la fantasia dei lettori prima della conquista, l'inviato de "La Stampa" Giuseppe Bevione scriveva che laggiù c'erano "ulivi più colossali che le querce" e che l'erba medica poteva "essere tagliata 12 volte all'anno" e che i poponi crescevano "a grandezze incredibili, a venti e trenta chili per frutto". Va da sé che, con questi poponi alle spalle, il re beduino della Jamahiriyya non poteva essere da meno.

Il suo piccolo Paese, disse un giorno Igor Man, "gli è sempre andato stretto". Detto fatto, si è sempre mosso alla grande. Come quando si presentò al vertice dell'Unione africana ad Addis Abeba facendosi precedere da 15 lussuosissime auto blu personali fatte sbarcare da aerei giganteschi e scandalizzò tutti con due valigie ("Un regalo del nostro leader ai capi di Stato africani", spiegarono i diplomatici) piene d'oro zecchino. O quando, sceso a Roma con la solita corte di 300 attaché, pretese che gli montassero una tenda di 60 metri quadrati a Villa Pamphilii con 12 poltrone dai piedi dorati, lampade, divanetti, tavoli e "grandi incensieri per profumar l'ambiente". O quando inaugurò un pellegrinaggio attraverso Swaziland, Mozambico, Malawi, Zimbabwe e Kenia presentandosi in Sudafrica con due Boeing 707 in configurazione Vip, un jet più piccolo d'appoggio, un gigantesco Antonov russo con a bordo due autobus di lusso da 46 posti, sessanta auto blindate e 400 guardie del corpo armate fino ai denti di kalashnikov. Più, piccolo dettaglio regal-pastorale, un container frigorifero di agnelli macellati.

Potevano i figli di tanto padre non seguirne l'esempio? No. Ed ecco Hannibal e Moutassem sgommare in Costa Smeralda al volante di una Ferrari a testa fino a far saltare i nervi del giardiniere della spettacolare villa presa in affitto, furibondo per la quotidiana raccolta di cocci delle bottiglie di champagne millesimato buttate dalla finestra. Ecco il conto preteso per via giudiziaria (la famiglia si era dimenticata di pagare) dall'hotel Excelsior di Rapallo per una vacanza di Al Saadi, detto l'Ingegnere: 392 mila euro per sei settimane. Ecco lo stesso Al Saadi, capricciosamente deciso a "giocare al calciatore professionista", affittare Villa Miotti a Tricesimo: 13 mila euro al mese. Spiccioli per un uomo che, volendo farsi insegnare qualche trucco sul palleggio, raccontò Emanuela Audisio su Repubblica, ingaggiò per gli allenamenti un trainer personale esclusivo: Diego Armando Maradona. Costo: 5 milioni di dollari.

Anche queste cose però, diciamo la verità, finiscono per annoiare. Ed è così che il despota tripolino, un bel giorno, ha deciso di commissionare alla Tesco Ts di Torino un'auto disegnata da lui medesimo. Possibile? Parola dei costruttori dei due prototipi: "Durante la realizzazione di questa macchina, l'équipe tecnica di Tesco Ts ha seguito alla lettera le idee del designer, il Leader, per produrre la vettura perfetta secondo la sua visione". E come poteva essere la vettura perfetta, per sua maestà Muammar? Rifiniture in marmo. Un capriccio è un capriccio. Se no che gusto c'è ad essere il leader di una Jamahiriyya Popolare e Socialista?

GIAN ANTONIO STELLA

30 agosto 2010

 

 

 

 

I finiani: "pronti a discutere". Ma il Pdl: "Studiano manovre perché sono deboli"

Legge elettorale, coro di no a D'Alema

Il sistema tedesco non piace nel Pd

Bindi: indietro non si torna; Parisi: da lui c'era da aspettarselo; Bonino: no alle alleanze post-elettorali

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ROMA - Niente voto subito, non con questa legge elettorale. Di più: dovendo ipotizzare una riforma delle regole per l'elezione di deputati e senatori, il modello di riferimento potrebbe essere quello tedesco perché "l'idea malsana e malintesa di bipolarismo che abbiamo cullato e costruito in questi anni ci ha portato a un sistema che fa comodo solo a Berlusconi, che col 38% dei consensi può farsi eleggere al Quirinale, e chiudere i giochi per sempre. Ci rendiamo conto che l'indicazione del premier sulla scheda non esiste in nessun paese del mondo? Ci rendiamo conto che in Italia con questo falso mito maggioritario ormai gli organi di garanzia contano sempre meno?". Il sasso lanciato da Massimo D'Alema con un'intervista a Repubblica fa discutere il centrosinistra dopo che dalle colonne del Corriere della Sera era invece partito un appello bipartisan di 42 politici e studiosi a favore del sistema uninominale. E molte sono le voci critiche che si levano all'interno dello schieramento, soprattutto da parte di chi vede nel bipolarismo una scelta irreversibile.

"Non era necessario essere profeti per prevedere la fine che in pochi giorni avrebbe fatto il ritorno dell'Ulivo - ha commentato l'ulivista doc Arturo Parisi -. Tornato dalle ferie, dopo averci invitati a non fermarci alle sigle, D'Alema ripropone con coerenza la ricetta di sempre. Governo per la legge elettorale col centro, sistema tedesco, per ritornare al bel tempo antico quando Berlusconi non c'era". Così Arturo Parisi, deputato Pd ed ex ministro della Difesa. "Son passati appena tre mesi - ha ricordato - da quando una Assemblea Nazionale del Pd varava con enfasi un documento che indicava come posizione del partito 'un sistema di impianto maggioritario fondato sui collegi uninominali. Dove stia D'Alema lo sanno anche i bambini. Dove siano Bersani, il Pd, e il Nuovo Ulivo è un mistero".

Per Rosy Bindi, presidente dell'assemblea nazionale del Pd, non si può battere il berlusconismo tornando alla politica delle mani libere, come risulterebbe dal sistema elettorale alla tedesca auspicato da Massimo D’Alema."Il Pd deve fare in modo che il tempo dell’agonia del berlusconismo sia utilizzato per fare almeno alcune riforme istituzionali (riduzione del numero dei parlamentari e superamento delbicameralismo perfetto) e una nuova legge elettorale. E in questa fase il primo compito del Pd è quello di essere unito e di salvaguardare in primo luogo, come partito del nuovo Ulivo, il suo profilo plurale. Sulla modifica della legge elettorale sarebbe auspicabile trovare una larga intesa, un accordo con tutti anche con questa maggioranza, vittima anch’essa del parcellum. Ma visto che non e’ possibile, il Pd deve lavorare a costruire una maggioranza partendo da una proposta che sia tra di noi condivisa, che indichi i punti per noi irrinunciabili, pronti comunque alle necessarie mediazioni. Ci siamo trovati d’accordo su un sistema che consenta agli elettori di scegliere: un partito, chi va in Parlamento e la coalizione che deve governare. Questi sono i punti per noi irrinunciabili, in grado di segnare la discontinuita’ vera con la seconda Repubblica, che in realta’ a portato alle estreme conseguenze le degenerazioni della prima".

"Dalla Lega e dal Pdl ci sarà un muro nei confronti della nostra proposta per l'uninominale - fa notare la radicale Emma Bonino -. D'Alema sostiene invece un altro sistema, quello tedesco, alternativo a quello che proponiamo noi, perchè comporterebbe alleanze post elettorali, così come vogliono anche l'Udc e l'estrema sinistra. Sono posizioni che esistono, ed è quindi giusto che vengano allo scoperto. Ma certo questo è un dibattito politico serio, altro che il cicaleccio al quale abbiamo assistito nelle scorse settimane".

Critico il Pdl, che di cambiare la legge elettorale non ha alcuna intenzione. "E’ evidente che D’Alema cerca di surrogare con la manovra politica e con la modifica della legge elettorale la debolezza politica e sociale del Partito Democratico e della sinistra in genere rispetto all’azione di governo e alla forza del blocco sociale di centrodestra - ha detto Fabrizio Cicchitto -. Si vuole smontare il premio di maggioranza e andare al sistema tedesco per far si che siano i partiti dopo il voto, e non gli elettori con il voto, a stabilire chi deve governare. Su questo piano certamente D’Alema è all’altezza della sua fama".

Dal fronte dei finiani Italo Bocchino fa invece sapere che "la proposta di D'Alema va valutata con attenzione, come ogni proposta. Abbiamo bisogno di una legge elettorale che da una parte garantisca bipolarismo e dall'altra la stabilitá dei governi, che possibilmente faccia scegliere gli eletti agli elettori e faccia dichiarare prima le alleanze. Con questi paletti si può discutere, a partire dalla legge in vigore, aperti a tutte le soluzioni".

Redazione online

30 agosto 2010

 

 

 

 

 

LEGGE ELETTORALE E SISTEMA MAGGIORITARIO

Democrazia "bipolare",

una discussione necessaria

LEGGE ELETTORALE E SISTEMA MAGGIORITARIO

Democrazia "bipolare",

una discussione necessaria

Il sistema elettorale attuale piace a pochissimi, persino fra coloro che se ne sono avvantaggiati. Tutti sappiamo che arriverà prima o poi il giorno in cui verrà sostituito o cambiato. Difficilmente la legge elettorale che porta la firma di Roberto Calderoli e che è in vigore dal 2005 potrà resistere ancora per molti anni.

Al momento, tuttavia, è più facile pensare di cambiarla che riuscirci. Per due ragioni. Perché il nucleo centrale dell’attuale maggioranza di governo (berlusconiani e leghisti) non ha interesse a cambiarla. E perché gli avversari della legge vigente sono divisi, sono in radicale disaccordo fra loro, hanno idee diversissime su cosa mettere al suo posto. Non c’è niente di male in ciò e sarebbe anzi sorprendente il contrario. Le diverse leggi elettorali non sono neutre rispetto alle chance di affermazione delle varie fazioni in campo e dei loro progetti politici. A rischio di semplificare eccessivamente, possiamo dire che il confronto principale è fra coloro che vogliono sbarazzarsi del bipolarismo (la contrapposizione fra due soli schieramenti inaugurata nel 1994) e coloro che vorrebbero rafforzarlo.

I primi pensano a un cambiamento della legge elettorale vigente che faccia saltare il premio di maggioranza (lo chiamerebbero "sistema tedesco" ma la sostanza sarebbe questa). Eliminato il premio, che obbliga a formare coalizioni prima del voto, il bipolarismo verrebbe travolto. Si tornerebbe all’assetto della Prima Repubblica, con le coalizioni di governo che si formano in Parlamento dopo le elezioni. C’è chi pensa che tale assetto favorirebbe la ricostituzione di un grande rassemblement parlamentare "centrista" dotato di una formidabile rendita di posizione: la possibilità di contrattare la formazione dei governi sia con la sinistra che con la destra.

Al momento, è anche l’idea di quella parte del Partito democratico che si immagina perdente in un nuovo scontro elettorale con Berlusconi e per questo affida le proprie fortune politiche future a improbabili scenari di "governi tecnici" e riforma elettorale (il solito "sistema tedesco") che — così essi sperano—colpisca l’attuale premier. C’è poi la posizione di chi difende il bipolarismo, ma pensa anche che la legge elettorale attuale (con le sue liste bloccate) lo assicuri malamente, sacrificando troppo della rappresentatività sull’altare della governabilità. Una governabilità, per giunta, neppure garantita, date le altissime probabilità, dovute ai cattivi marchingegni di questa legge, di maggioranze diverse fra Camera e Senato. Sta qui, mi sembra, il senso che i promotori hanno voluto dare all’appello a favore dell’uninominale maggioritario pubblicato dal Corriere due giorni fa e al quale anche chi scrive ha aderito.

Non è una operazione nostalgia, come indicano la quantità e qualità di consensi e di adesioni che l’iniziativa sta suscitando nel Paese. Non è solo il tentativo di resuscitare un movimento che, grazie alle intuizioni di Marco Pannella (che fondò la Lega per l’Uninominale nel 1986) e di Mario Segni (Movimento per la riforma elettorale, del 1987), portò poi al referendum del 1993 e alla chiusura di una lunga fase storica. È soprattutto il tentativo di tenere viva un’idea di democrazia (maggioritaria, bipolare, tendenzialmente bipartitica) che ai promotori dell’appello pare tuttora più allettante dei disegni concorrenti. E anche per ricordare a tutti che quando, fra qualche mese o qualche anno, verrà messa mano alla legge elettorale, con quella prospettiva si dovrà comunque fare i conti.

Angelo Panebianco

30 agosto 2010

 

 

 

 

"Sì all'uninominale" Arrivano nuove adesioni Stop dalla maggioranza

Gelmini: c'è un'ottima legge. Bossi: non si cambia

"Sì all'uninominale" Arrivano nuove adesioni Stop dalla maggioranza

Gelmini: c'è un'ottima legge. Bossi: non si cambia

ROMA - All'appello per l'uninominale pubblicato dal Corriere si aggiungono le adesioni dell'ex ministro del governo Ciampi, Luigi Spaventa, e di Gilberto Corbellini, docente di Storia alla Sapienza di Roma. Partita come un'iniziativa di personalità politiche bipartisan e di studiosi per modificare l'attuale legge elettorale, ora si estende a livello locale nel tentativo di coinvolgere in maniera diretta la cosiddetta società civile. Uno dei promotori, Franco Corbelli del Movimento diritti civili, fa sapere che già oggi "in Calabria appronteremo dei banchetti per la raccolta di firme per cambiare il Porcellum". L'appello, insomma, suscita interesse ma anche perplessità. Appartiene al primo caso il sondaggio fatto tra i telespettatori di Skytg24, in base al quale l'86% è favorevole a rivedere quel meccanismo.

Perplesso per gli sviluppi del dibattito è il costituzionalista Giovanni Guzzetta che pure ha firmato il testo. Denuncia "l'idea perversa che l'unica alternativa alla legge attuale sia il ritorno al proporzionale. Se questi sono gli obiettivi dei sedicenti difensori della democrazia allora "Porcellum forever". Se si vuole, invece, fare sul serio l'unica strada seria è l'uninominale".

Gaetano Quagliariello (Pdl) obietta che "parlare in astratto di legge elettorale è un vecchio vizio italiano, perché è del tutto evidente che i meccanismi di scelta degli eletti seguono le riforme istituzionali. L'appello a favore dell'uninominale, a mio giudizio, è un grimaldello per favorire la restaurazione. Temo il vero scopo sia quello di togliere agli elettori il potere di indicare la coalizione che dovrà governare il Paese e quindi il premier che la deve guidare, il rischio è che si torni al passato con i cittadini che non contano più visto che gli accordi si fanno dopo il voto".

Il no del ministro Mariastella Gelmini è ancora più netto. Definisce quella attuale "un'ottima legge che garantisce la stabilità politica". Non è vero, argomenta, che un ritorno al sistema invocato dai firmatari "garantirebbe la governabilità perché proprio quel meccanismo contribuì negli anni Novanta a realizzare due ribaltoni". Non solo. Secondo la Gelmini "non è neppure vero che restituirebbe la scelta ai cittadini: non prendiamoci in giro con l'uninominale vengono creati collegi di serie A, B e C e le segreterie di partito piazzano i propri candidati di punta in collegi blindati".

Concetti che riprende Fabrizio Cicchitto (Pdl) attaccando "le mistificazioni dell'opposizione: a proposito delle preferenze riesumeremo le mille polemiche fatte a loro riguardo negli anni Novanta, a partire dai privilegi di chi aveva i soldi, al voto di scambio, all'azione della criminalità organizzata". Sintetizza Umberto Bossi: "Ci mancherebbe altro che cambiassimo la legge elettorale. Il Pd non vince le elezioni non per la legge elettorale, ma perché la gente non lo vuole".

Lorenzo Fuccaro

30 agosto 2010

 

 

 

 

 

La lettera Il leader dell'Api

Rutelli: sulle riforme nascerà un nuovo polo

La lettera Il leader dell'Api

Rutelli: sulle riforme nascerà un nuovo polo

Moltissimi italiani sono delusi, arrabbiati con la politica. Un'estate di polemiche avvelenate - anziché di soluzioni per la crescita economica e il lavoro - li ha allontanati ancora di più. Alle radici di questa crisi c'è il fallimento del bipolarismo all'italiana. Erano annunciati due poli "europei": un centrodestra liberale, un centrosinistra riformatore. Si è invece radicalizzata una partigianeria esasperata e inconcludente. È una verità abbagliante: in questi 17 anni, non ce l'ha fatta il centrosinistra e non ce l'ha fatta il centrodestra, nonostante dieci anni di governo (l'ultimo, con la maggioranza più larga in 60 anni di Repubblica). Ne scrivo in prima persona: dopo sette anni come sindaco eletto della Capitale, ho guidato la Margherita (un partito "a due cifre") cercando di contribuire a un profilo democratico-riformista nel centrosinistra. Nel 2001, in alternativa a Berlusconi, avevo raccolto oltre 16 milioni di voti (pur senza Rifondazione comunista, radicali, Di Pietro), per poi costruire, assieme a Fassino, alleanze vincenti - nelle amministrative, suppletive, regionali - fino al 2006 e al governo Prodi. Ma il nostro governo perse fiducia nel Paese, prima che in Parlamento, anche per le pretese della sinistra più radicale, un corto circuito con il mondo cattolico, la mancanza di coesione interna. Da qui l'estremo tentativo, con la nascita del Pd, di formare una visione e un progetto innovativi e credibili. Tentativo non riuscito, e certificato dalle ripetute sconfitte elettorali, Roma inclusa, che hanno accresciuto la divaricazione tra democratico-liberali e sinistra giustizialista e movimentista. Non ho lasciato il Pd con avversione, né alla ricerca di posizioni personali (cui, al contrario, ho rinunciato), ma per la certezza che ogni nuova battaglia in questa guerra di neo Guelfi e Ghibellini porterebbe il Paese più in basso. Non più lontano. Del resto, se non si voterà in autunno è proprio perché il primo partito sarebbe quello del rifiuto, dell'astensione. Ma è ancora possibile unire le forze responsabili, anziché ri-precipitarsi in conflitti frustranti in cui tutti perdono (e crescono solo le forze irresponsabili)? Ecco quattro punti di risposta.

1. Il confronto che interessa gli italiani è sull'economia. Si stanno sottovalutando i pericoli dell'autunno. La forte crescita delle "scommesse" sull'instabilità italiana (i Credit Default Swaps). Il desiderio tedesco di accrescere la pressione europea sul nostro debito. Le criticità competitive e dell'occupazione (si discetta sulle inevitabili scelte di Marchionne, ma neppure si nomina, da mesi, il ministro dello Sviluppo economico!). Si promettono mirabilie federaliste, ma intanto si moltiplicano i centri di spesa e salgono, in regimi di monopolio, le tariffe locali. Difficilmente le forze responsabili potrebbero sottrarsi dal concorrere a un programma nazionale per la crescita nei prossimi anni. Senza confondere opposizioni e maggioranza. Noi l'abbiamo dimostrato votando l'unica riforma votabile di questa legislatura; quella sull'università (che ora attende le risorse per funzionare).

2. Ho proposto alcune settimane fa una convergenza per riforme essenziali sulla giustizia civile e penale. Ma il governo non ha risposto, inchiodato com'è su leggi e leggine ad hoc. Queste ci troveranno contrari.

3. La linea di Bersani propone un'alleanza di sinistra con Vendola e Idv e possibili accordi istituzionali più larghi. Questo non scioglie il problema della coerenza dei programmi; ma pone un punto di chiarezza politica, con cui misurarsi in modo costruttivo.

4. Un nuovo Polo politico nascerà. Nascerà su un coraggioso programma di governo (penso a molte misure di tagli della spesa pubblica pro crescita di Cameron-Clegg o alle scelte pro innovazione, formazione, ricerca della Merkel). Noi abbiamo costituito l'Alleanza per l'Italia per unire le forze con chi condivida un'agenda di cambiamento e buongoverno. Nella Festa nel Borgo di Labro (Rieti, 2-5 settembre), avanzeremo una precisa proposta. Per questo nuovo Polo che faccia le riforme, e per rispondere a milioni di italiani delusi.

Francesco Rutelli

30 agosto 2010

 

 

 

L'appello

"Battaglia per l'uninominale:

potere di scelta ai cittadini"

Quarantadue politici e studiosi in campo per la riforma elettorale

L'appello

"Battaglia per l'uninominale:

potere di scelta ai cittadini"

Quarantadue politici e studiosi in campo per la riforma elettorale

Per ottenere finalmente anche nel nostro Paese quella stabilità e certezza delle leggi elettorali che gli standard democratici internazionali raccomandano e in qualche misura esigono,

per approdare a una riforma elettorale effettiva, durevole e orientata nel senso del collegio uninominale indicato in modo nettissimo dagli italiani a grande maggioranza nel referendum del 1993, poi in larga parte disatteso dal legislatore,

per adottare finalmente anche in Italia un sistema elettorale ispirato ai modelli sperimentati ormai da secoli in regimi civili - quali quelli anglosassoni - che si sono rivelati tra i più fecondi sul piano della democrazia, della sicurezza e del benessere dei propri cittadini,

per dare agli elettori la piena libertà, l'effettivo pieno potere e la piena responsabilità di scegliere il governo e gli eletti, assicurando un rapporto personale efficace dell'eletto con chi lo elegge,

per promuovere in questo modo, al tempo stesso, l'autonomia della società civile e la laicità dello Stato, intesa come metodo indispensabile di cooperazione per il bene comune tra persone di fedi o ideologie diverse,

per ridurre il costo delle campagne elettorali e tagliare il costo - divenuto insostenibile - delle rendite che gli apparati dei partiti si assegnano quando si consente loro di assumere la funzione di tramite tra i cittadini e i parlamentari,

ti invitiamo ad aderire al

Comitato per l'Uninominale

(www.uninominale.it)

Pietro Ichino, giuslavorista nell'Università di Milano, senatore P d; Mario Baldassarri, economista, senatore Fl i; Alfredo Biondi , avvocato, già vicepresidente della Camera; Antonio Bonfiglio, sottosegretario di Stato alle Politiche agricole e foresta li, Pdl; Emma Bonino, vicepresidente del Senat o; Marco Cappato, segretario dell'Associazione Luca Coscio ni; Stefano Ceccanti, costituzionalista nell'Università "La Sapienza" di Roma, senatore Pd; Umberto Croppi, assessore alla Cultura del Comune di Rom a; Sergio D'Elia, segretario di Nessuno tocchi Cain o; Franco Debenedetti, economista, opinionist a; Benedetto Della Vedova, deputato Fli; Stefano De Luca, segretario del Partito Liberale Italiano; Michele De Lucia, tesoriere di Radicali italia ni; Giuseppe Di Federico, processualista nell'Università di Bologn a; Salvo Fleres, senatore Pd l; Jas Gawronski, giornalista, parlamentare europeo Ppe; Roberto Giachetti, deputato Pd; Maria Ida Germontani, senatrice Fli; Domenico Gramazio, senatore Pdl; Giovanni Guzzetta, professore di Istituzioni di diritto pubblico nell'Università di Tor Vergata, Roma; Ignazio Marino, chirurgo, senatore Pd; Antonio Martino, economista, deputato Pdl; Enrico Morando, senatore Pd; Magda Negri, senatrice Pd; Francesco Nucara, segretario del Partito Repubblicano Italiano , deputato Gruppo Misto; Federico Orlando, politico e giornalista, condirettore di Europa; Tullio Padovani, penalista, Scuola Superiore di Studi Universitari "Sant'Anna" di Pisa; Angelo Panebianco, politologo nell'Università di Bologna, saggista e opinionista; Marco Pannella, Partito radicale transnazionale; Gianfranco Pasquino, politologo nell'Università di Bologna; Mario Patrono, professore di diritto pubblico e comunitario nell'Università "La Sapienza" di Roma; Mario Pepe, deputato Pdl; Stefano Rolando, economista nell'Università Iulm di Milano; Nicola Rossi, economista nell'Università di Tor Vergata - Roma, senatore Pd; Michele Salvati, economista nell'Università di Milano, opinionista; Carlo Scognamiglio, economista, già presidente del Senato; Mario Staderini, segretario di Radicali italiani; Sergio Stanzani, già senatore, presidente del Partito radicale transnazionale; Marco Taradash, consigliere regionale della Toscana, Pdl; Giorgio Tonini, senatore Pd; Silvio Viale, medico, direzione Associazione Luca Coscioni; Valerio Zanone, già segretario del Partito liberale italiano

28 agosto 2010

 

2010-08-30

Nel pomeriggio vede Berlusconi. Amnesty International: parli di diritti umani

Gheddafi, un nuovo incontro

con le ragazze da convertire all'islam

Domenica lo show, lunedì la replica. FareFuturo: "Siamo diventati la Disneyland del Colonnello"

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Domenica sera Gheddafi ha preso un cappuccino in Campo de' fiori (Ansa)

Domenica sera Gheddafi ha preso un cappuccino in Campo de' fiori (Ansa)

ROMA - Prosegue anche lunedì il Gheddafi show a Roma con un nuovo incontro con un gruppo di hostess italiane. Poco dopo mezzogiorno all'Accademia libica sono arrivati quattro pullman con a bordo 400 ragazze. Nel gruppo anche alcune giovani con il velo che domenica si erano convertite all'islam con un breve rito davanti al leader libico. Un'altra ragazza portava al collo una catenina con una medaglietta con l'immagine del Colonnello.

TENDA - Ora c'è il mistero sulla tenda beduina che il rais si è portato dalla Libia e che doveva essere montata nel giardino dell'ambasciata libica. Muammar Gheddafi non ha ancora dato ordine di montarla. Lo riferiscono fonti interne all'Accademia libica in Italia, direttamente collegata al giardino della residenza dell'ambasciatore libico. Secondo le stesse fonti, la tenda potrebbe essere montata in giornata.

APPUNTAMENTI - Nel pomeriggio Gheddafi incontrerà Berlusconi a un convegno che si terrà nella sede dell'Accademia, e in serata prenderà parte alle celebrazioni del secondo anniversario del Trattato italo-libico alla caserma Salvo d'Aquisto, dopo di che il presidente del Consiglio offrirà al Colonnello una cena alla quale sono state invitate 800 persone.

POLEMICHE - Intanto proseguono le polemiche dopo la "convocazione" di domenica 200 ragazze-hostess per convertirle all'islam. Berlusconi ha liquidato la faccenda come "folklore". Amnesty International ha scritto una lettera a Berlusconi nella quale si ricordano le "gravi violazioni" dei diritti umani in Libia e chiede di inserire il tema dei diritti umani dell'agenda dei colloqui italo-libici. "Ogni volta che Gheddafi torna a Roma è sempre peggio della precedente senza che nessuno di coloro che lo hanno invitato gli faccia notare qualcosa",ha detto a Radio Radicale la vice presidente del Senato Emma Bonino. Per protesta contro "le scelte politiche di questo governo nei confronti del dittatore Gheddafi" i radicali dell'Associazione Aglietta alla festa nazionale del Pd in corso a Torino indosseranno una fascia nera a lutto. Potito Salatto, eurodeputato del Ppe e membro della commissione europea degli Esteri, chiede cosa accadrebbe se fosse Berlusconi a donare Bibbie o Vangeli in terra libica. Aldo Di Biagio, deputato finiano di Futuro e libertà, invita a pensare ai profughi italiani espulsi dalla Libia nel 1970. L'appello all'Europa a convertirsi all'islam non è piaciuto ai cavalieri templari del Super Ordo Equestri Templi che rilanciano: "Siano gli islamici a diventare cristiani". Secondo il sito web finiano FareFuturo "l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi, il parco-giochi delle sue vanità senili, ma la ragione è purtroppo politica. Il governo berlusconiano è passato dall'atlantismo all'agnosticismo, dalle suggestioni neo-con alla logica commerciale, per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione".

STAMPA ARABA - La stampa araba, e libica in particolare, esalta la visita di Gheddafi a Roma. Al-Jamahiriya titola: "Il capo della rivoluzione arriva a Roma per celebrare il secondo anniversario del trattato di amicizia tra i due Paesi". Aprono con questa notizia anche gli altri giornali libici, come Quryna e Al-Shames, dove non si parla però dell'incontro con le ragazze italiane. "Ragazze italiane si convertono all'islam dopo aver incontrato Gheddafi", titola invece Arab online. I principali giornali panarabi dedicano ampio spazio a questo evento. Titola Al-Hayat, edito a Londra: "Gheddafi in Italia con la sua tenda, ripete le sue lezioni alle donne sull'islam". Secondo Al-Sharq al-Awsat "Gheddafi arriva in Italia per celebrare il secondo anniversario della firma del Trattato di amicizia".

Redazione online

30 agosto 2010

 

 

 

Rosy Bindi: umiliata la dignità delle donne italiane

Gheddafi show a Roma con le hostess: "L'Islam religione di tutta Europa"

Cinquecento ragazze reclutate da un'agenzia per la lezione sul Corano: tre si convertono

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Una delle tre ragazze convertite (foto Jpeg Fotoservizi)

Una delle tre ragazze convertite (foto Jpeg Fotoservizi)

ROMA - "L'Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l'Europa". Così il leader libico Muammar Gheddafi ha apostrofato domenica pomeriggio a Roma le quasi 500 ragazze convocate per una lezione sul Corano. Il leader libico, giunto in mattinata nella capitale per celebrare il secondo anniversario della firma del Trattato di amicizia fra Italia e Libia, ha distribuito copie del Corano a 487 ragazze (c'erano anche 47 ragazzi, ma per loro non c'è stato tempo), che ha incontrato divise in due scaglioni. Tre ragazze, due italiane e una spagnola, si sono presentate con il velo perché si sono convertite all'Islam: una decisione che Gheddafi ha suggellato con un "rito veloce", una piccola cerimonia di iniziazione. Le tre convertite sono uscite, tra le ultime, tutte insieme, senza rilasciare alcuna dichiarazione. Tutte indossavano il tradizionale chador islamico, dal quale però uscivano i capelli. Dopo qualche minuto, è uscita anche una quarta ragazza, anch'essa con un velo musulmano completamente nero. Secondo alcune delle hostess presenti all'incontro, tuttavia, quest'ultima non si sarebbe convertita in vista dell'arrivo di Gheddafi, ma aveva abbracciato già da tempo la religione islamica. Gheddafi ha collegato l'ipotesi di un'Europa islamica all'ingresso della Turchia nell'Unione europea, e ha parlato di Maometto, "ultimo profeta", mentre Gesù sarebbe il penultimo. Le ragazze gli hanno potuto fare alcune domande: vietate però quelle politiche o "scomode" (leggi il resoconto della giornata nel racconto di un'"infiltrata" tra le hostess).

"CI HANNO CHIESTO 500 PERSONE" - Spiega Alessandro Londero, presidente di Hostessweb, l'agenzia di casting che ha reclutato i partecipanti all'incontro: "La richiesta dei libici era stata di circa 500 persone, ma probabilmente se ne aspettavano di meno, perché la sala prevista per l'incontro non le conteneva tutte". "Ecco perché - ha aggiunto - abbiamo dovuto fare due sessioni, e nonostante questo un'ottantina di ragazze sono rimaste fuori". Inoltre, il colonnello avrebbe dovuto impartire una terza lezione di Corano esclusivamente agli ospiti uomini, ma "abbiamo fatto tardi e non ce n'è stato il tempo. Lui poi ha detto: sono stanco, e abbiamo finito". Il responsabile dell'agenzia ha inoltre precisato che per le ragazze era previsto un "rimborso spese" di 100 euro per chi veniva dal Lazio, e 150 euro per chi veniva da un'altra regione e che il pagamento sarebbe avvenuto solo dopo l'evento. Lunedì è in programma un nuovo incontro con altre hostess, ma "come sempre - ha detto Londero - sapremo tutto all'ultimo minuto".

LE HOSTESS CACCIATE - Non tutte le ragazze presenti hanno superato la selezione del personale libico. Due di loro, che uscivano arrabbiate e deluse, non hanno voluto spiegarne il motivo, giustificandosi con un "noi non siamo nessuno". E alla domanda se fosse stata una "brutta esperienza", hanno risposto: "Lasciamo perdere". Le due ragazze hanno lasciato rapidamente l'edificio coprendosi il volto dalle telecamere con il passaporto. La tensione nel gruppo era già emersa prima dell'ingresso in accademia, quando alcune hostess e un coordinatore avevano avuto un acceso diverbio. "Non siamo retribuite" avrebbe poi detto una ragazza ai giornali. La volta scorsa, invece, ad ognuna delle partecipanti all'incontro era stato riconosciuto un "gettone" di 50 euro. "Mettete nei guai le ragazze - ha detto ai cronisti uno dei responsabili dell'agenzia, che teneva d'occhio le giovani che parlavano ai giornalisti - perché chi rilascia dichiarazioni non verrà pagata".

BINDI: UMILIATE DONNE ITALIANE - "Berlusconi finisce per rendersi complice non solo della sorte dei tanti disperati ricacciati nel deserto libico ma di una nuova umiliante violazione della dignità delle donne italiane", afferma la vicepresidente della Camera Rosy Bindi. "Solo nell'Italietta berlusconiana che si compiace di barzellette e battute misogine - afferma - e che ha incoraggiato una nuova forma di mercificazione del corpo della donna è possibile assistere alla celebrazione così imbarazzante e subalterna di un personaggio come Gheddafi. Purtroppo non c'è da stupirsi - aggiunge Bindi - per lo spettacolo offerto agli italiani con l'avallo del nostro governo. Invece di chiedere ragione delle condizioni di vita di migliaia di migranti, il governo Berlusconi si presta ad offrire un palcoscenico a chi per fare la sua propaganda pretende di circondarsi di belle ragazze".

STORACE: SHOW INTOLLERABILE - "Qualcuno ricordi a Gheddafi che l'Europa è cristiana. Gli show sulla fede sono intollerabili". È quanto dichiara Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra.

LE POLEMICHE - "La richiesta di Gheddafi di avere centinaia di avvenenti ragazze ad attenderlo al suo arrivo in Italia suona tanto come istigazione alla prostituzione", tuona il senatore dell'Italia dei Valori Stefano Pedica, per il quale "a Gheddafi non è bastato fare spregio dei diritti umani deportando i profughi nei lager costruiti nel deserto, ignorare la responsabilità gravissima di aver appoggiato il terrorismo internazionale e prendere in giro gli italiani rimpatriati dalla Libia che non ha ancora indennizzato: ora ha voluto anche ricostruirsi il suo harem con hostess italiane, reclutate per avvenenza e disponibilità. E chi meglio poteva assecondarlo nei suoi desideri se non il satrapo Silvio Berlusconi? È un'offesa alle donne che in Italia hanno conquistato parità e diritti con fatica". il senatore della Lega Piergiorgio Stiffoni, sentendo parlare di Europa islamizzata, commenta: "Dopo Boumedienne, allora presidente algerino, nel 1974 quando all'Onu disse che sarebbe stato "il ventre delle loro donne a dare loro la vittoria" nella sopraffazione dell'occidente, ora Gheddafi si contorna di una platea femminile per mandare i suoi messaggi. L'Islam non viene in pace ma per conquistarci". "Il circo mediatico organizzato per accogliere il dittatore Gheddafi serve a coprire le scomode verità che si nascondono dietro il Trattato Italia-Libia", dice Mario Staderini, segretario di Radicali italiani.

L'ARRIVO CON LE AMAZZONI - Gheddafi era arrivato a Ciampino alle 13.30, dopo un doppio cambio di programma. Sempre imprevedibile, Gheddafi - che indossava la tradizionale jeard libi e che è sceso dalla scaletta del velivolo scortato da due delle donne che compongono la sua scorta personale - è stato accolto dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, e dall'ambasciatore libico in Italia, Abdulhafed Gaddur. Dopo i saluti da cerimoniale, per il leader libico sono previste oltre 24 ore di appuntamenti privati: fino cioè alle 17 di lunedì, quando si terrà il primo appuntamento ufficiale della visita, il convegno all’Accademia libica su "I rapporti fra Libia e Italia", seguito da una mostra fotografica sulla storia del paese nordafricano. Al seguito del rais ci sono 30 cavalli arabi con altrettanti cavalieri: lunedì sera, alle 21, si esibiranno nel corso delle celebrazioni previste alla caserma Salvo D’Acquisto, alla presenza del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Gheddafi ha trovato già montata nei giardini dell'ambasciata di Libia a Roma la grande tenda beduina che sempre lo accompagna nei viaggi all'estero e che è giunta sabato nella capitale.

Il cappuccino al bar (foto Jpeg)

Il cappuccino al bar (foto Jpeg)

IL FUORI PROGRAMMA IN CENTRO - In serata l'ennesimo fuori programma: Gheddafi è uscito dalla residenza dell'ambasciatore libico per fare un giro nel centro della città. Lo stuolo di macchine al seguito della limousine bianca si è diretto a Campo dè Fiori, dove il leader libico si è seduto al tavolino del bar Obika: davanti al locale si è subito formato in capannello di gente e di telecamere, con il colonnello che, sorridente, ha salutato a più riprese la folla. Le decine di macchine della scorta hanno causato più di qualche grattacapo ai responsabili della sicurezza. Poi il colonnello, contornato da una decina di guardie del corpo, si è diretto passeggiando verso piazza Navona, dove si è anche fermato a chiacchierare con alcuni ambulanti arabi a una bancarella, chiedendo loro come si trovano in Italia. Finito il colloquio, uno dei consiglieri del leader libico, dietro indicazione di Gheddafi, ha comprato per 300 euro in contanti un’abbondante manciata degli anelli venduti dagli ambulanti. Dopo avere attraversato a piedi Piazza Navona - circondato dalle guardie del corpo e da una folla di curiosi - Gheddafi si è fermato per un ultimo drink al ristorante "Il Passetto" in piazza di Santa Apollinare. Accomodatosi in un tavolo all'esterno, Gheddafi è stato accolto dai gestori del ristorante che gli hanno offerto un'aranciata, sempre sotto i riflettori delle telecamere e dei numerosi flash dei fotografi. Dopo pochi minuti Gheddafi ha lasciato il tavolo del ristorante per rientrare nella residenza dell'ambasciatore libico sulla Cassia.

Redazione online

29 agosto 2010(ultima modifica: 30 agosto 2010)

 

 

 

LO SHOW DEL COLONNELLO

Gheddafi, dopo hostess e cavalli

il bagno di folla a Campo de' Fiori

Tuffo nella movida romana per il leader libico: cappuccino, gelato e guardie del corpo

LO SHOW DEL COLONNELLO

Gheddafi, dopo hostess e cavalli

il bagno di folla a Campo de' Fiori

Tuffo nella movida romana per il leader libico: cappuccino, gelato e guardie del corpo

Gheddafi nella serata romana (Ansa)

Gheddafi nella serata romana (Ansa)

ROMA - Gheddafi sbarca a Roma ed è subito show. Il circo mediatico è cominciato domenica mattina quando il colonnello è atterrato con oltre un'ora di ritardo, alle 13.15 all'aeroporto militare di Ciampino sotto l'occhio vigile dei cecchini sui tetti e di un elicottero delle forze di sicurezza, accolto sul tappeto rosso dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, l'ambasciatore libico Abdulhafed Gaddur, e un picchetto d'onore dell'Aeronautica militare. Nessuna foto di eroi libici appuntata sul petto (come fece in occasione della prima visita in Italia), ma anche questa volta Gheddafi - vestito con un tradizionale mantello marrone - non ha rinunciato alla scorta di due "amazzoni" in tuta mimetica e ai 30 cavalli berberi che lunedì sera dovranno esibirsi per le celebrazioni del Trattato nella caserma 'Salvo D'Acquistò per gli 800 invitati di Berlusconi che offrirà all'ospite libico la cena dell'Iftar, che pone fine alla giornata di digiuno del Ramadan. Lunedì, nel pomeriggio, i due inaugureranno una mostra fotografica nell'Accademia libica, mentre resta l'incertezza sull'agenda della mattinata di Gheddafi.

Le prove dei cavali dei carabinieri (Mario Proto)

Le prove dei cavali dei carabinieri (Mario Proto)

CAVALLI - Atterrati a Fiumicino, i cavalli sono stati trasportati nella Caserma Salvo d'Acquisto, dove, dopo il tramonto si sono tenute le prove del carosello dei carabinieri. In programma, prima una gallopata dei destrieri berberi, poi il carosello.

CAMPO DE' FIORI - La sera, dopo l'incontro del pomeriggio con 500 hostess, il leader libico si è concesso un bagno di folla nel centro di Roma, tempio della movida. Si è conclusa così, con una passeggiata tra le vie più affollate della capitale e con alcune soste nei bar e nei ristoranti più frequentati, la prima giornata del colonnello in Italia. Giunto intorno alle 21.30 circondato da numerose guardie del corpo e protetto dalle ingenti misure di sicurezza, è bastato un attimo al leader libico per sollevare lo stupore di una piazza Campo de' Fiori gremita di giovani e turisti che lo hanno immediatamente circondato per salutarlo e fotografarlo. Gheddafi si è quindi accomodato, come se nulla fosse, al tavolino del bar Obika, tra gli altri avventori del locale. Qui si è quindi consentito cappuccino e acqua minerale per rinfrancarsi al termine della giornata di digiuno, come impone il ramadan. Aria stanca ma serena, dopo aver lanciato alcuni cenni di saluto alla folla, Gheddafi si è rimesso in cammino per un nuovo bagno di folla lungo piazza Navona. Poco prima, il colonnello ha fatto la felicità di alcuni venditori ambulanti tunisini con cui si è fermato a scambiare alcune parole informandosi sulla loro provenienza e sulla loro attività qui in Italia. Il leader libico ha anche voluto acquistare una ventina di anelli scelti a caso per i quali ha lasciato sul tavolino la cifra, del tutto di favore, di 300 euro in contanti. Sempre inseguito da una lunga scia di curiosi, fotografi, reporter e agenti, Gheddafi ha quindi ripreso il cammino fino al ristorante Il Passetto, ultima meta della passeggiata serale. Pochi sorsi d'aranciata sotto l'ultimo intenso bagno di flash. Prima di allontanarsi a bordo della sua auto per rintrare nella residenza sulla Cassia, la folla lo ha salutato con un lungo e caloroso applauso.

SICUREZZA E TRAFFICO - Lunedì, nel pomeriggio, gli impegni istituzionali porteranno il leader libico in centro, dove si prevedono ripercussioni sul traffico. Giaà nella mattina di lunedì disagi nella zona intorno a via Cortrina d'Ampezzo, sede dell"Ufficio popolare della Giamahiria-Accademia libica in Italia in via Cortina d'Ampezzo che ospita in questi giorni il leader libico, blindata per ragioni di sicurezza.

Redazione online

30 agosto 2010

 

 

 

 

2010-08-29

L'Idv attacca il governo: "Non pensa alle tende dell'Aquila ma alla tenda del dittatore"

Gheddafi show a Roma con le hostess: "L'Islam religione d'Europa"

Duecento avvenenti ragazze convocate all'Accademia libica. "Tre si sono convertite durante l'incontro"

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Alcune hostess escono dall'incontro con Gheddafi, che ha regalato a ciascuna una copia del Corano (foto Blow up)

Alcune hostess escono dall'incontro con Gheddafi, che ha regalato a ciascuna una copia del Corano (foto Blow up)

ROMA - "L'Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l'Europa". Così il leader libico Muammar Gheddafi ha apostrofato domenica pomeriggio a Roma le centinaia di ragazze convocate per una lezione sul Corano. A raccontarlo è stata una delle giovani hostess, Erika, di Roma, uscendo dall'Accademia libica. Il leader libico, giunto in mattinata nella capitale per celebrare il secondo anniversario della firma del Trattato di amicizia fra Italia e Libia, ha distribuito copie del Corano a circa 500 ragazze, che ha incontrato a scaglioni. "Tre ragazze con il velo si sono convertite con un rito davanti a Gheddafi", ha raccontato Alessandra. "Hanno pronunciato una formula", ha aggiunto. Gheddafi ha collegato - secondo quanto riferito da una delle ragazze - l'ipotesi di un'Europa islamica all'ingresso della Turchia nell'Unione europea. Tra gli argomenti toccati dal colonnello nel corso dell'incontro anche l'amicizia tra Italia e Libia, più volte ribadita dal leader. Molte le domande rivoltegli nel corso dell'incontro con le 500 ragazze. Una di loro, Erika, ricorda che diverse ragazze hanno chiesto approfondimenti di tipo religioso, mentre "un paio sono state le domande a sfondo giornalistico". Un'altra hostess, Tiziana, ha invece raccontato che il buffet non presentava alimenti a base di carne. "È stata una cerimonia molto formale, organizzata meglio del novembre scorso", ha evidenziato Tiziana, che aveva partecipato anche alle due serate di incontri organizzate quando Gheddafi è venuto a Roma per il vertice Fao. La ragazza ha poi riferito che nel corso della cerimonia "sono state rispettate tutte le nostre abitudini. E Gheddafi ha più volte sottolineato che la donna è libera, anche in Libia, dove può accedere a qualsiasi professione". Lunedì, probabilmente in mattinata, si terrà un nuovo incontro tra Muammar Gheddafi e centinaia di ragazze (non è chiaro se le stesse), sempre sui temi dell'Islam e del Corano; ancora top secret luogo e ora.

L'ARRIVO CON LE AMAZZONI - Gheddafi è arrivato a Ciampino alle 13.30, dopo un doppio cambio di programma. Sempre imprevedibile, Gheddafi - che indossava la tradizionale jeard libi e che è sceso dalla scaletta del velivolo scortato da due delle donne che compongono la sua scorta personale - è stato accolto dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, e dall'ambasciatore libico in Italia, Abdulhafed Gaddur. Dopo i saluti da cerimoniale, per il leader libico sono previste oltre 24 ore di appuntamenti privati: fino cioè alle 17 di lunedì, quando si terrà il primo appuntamento ufficiale della visita, il convegno all’Accademia libica su "I rapporti fra Libia e Italia", seguito da una mostra fotografica sulla storia del paese nordafricano.

I PULLMAN PER LE RAGAZZE - Duecento avvenenti ragazze in abiti eleganti sono state convocate per l'incontro pomeridiano con Gheddafi nel cortile dell'Accademia libica a Roma, situata nei pressi della residenza dell'ambasciatore libico sulla Cassia. Il colonnello vi sarà ospitato in questi due giorni con la sua inseparabile tenda beduina, che la volta scorsa venne invece montata nei giardini di villa Doria Pamphilj. Tre pullman hanno accompagnato sul posto le ragazze, reclutate dall'agenzia Hostessweb, che già si era occupata di convocare le 200 ragazze che hanno seguito lo scorso anno gli insegnamenti del leader libico sulla religione islamica.

Ragazze in attesa della lezione di Gheddafi (Ansa)

Ragazze in attesa della lezione di Gheddafi (Ansa)

LA FUGA DELLE DUE HOSTESS - C'è anche un piccolo giallo: due delle ragazze hanno deciso di andarsene dalla villa poco prima dell'inizio dell'evento. Ai giornalisti assiepati fuori del cancello, che hanno notato quanto apparissero arrabbiate e deluse, non hanno voluto spiegarne il motivo, giustificandosi con un "noi non siamo nessuno". E alla domanda se fosse stata una "brutta esperienza", hanno risposto: "Lasciamo perdere". Le due ragazze hanno lasciato rapidamente l'edificio coprendosi il volto dalle telecamere con il passaporto. La tensione nel gruppo era già emersa prima dell'ingresso in accademia, quando alcune hostess e un coordinatore avevano avuto un acceso diverbio. "Non siamo retribuite" avrebbe poi detto una ragazza ai giornali. La volta scorsa, invece, ad ognuna delle partecipanti all'incontro era stato riconosciuto un "gettone" di 50 euro. Le tre convertite sono uscite, tra le ultime, tutte insieme, senza rilasciare alcuna dichiarazione. Tutte indossavano il tradizionale chador islamico, dal quale però uscivano i capelli. Dopo qualche minuto, è uscita anche una quarta ragazza, anch'essa con un velo musulmano completamente nero. Secondo alcune delle hostess presenti all'incontro, tuttavia, quest'ultima non si sarebbe convertita in vista dell'arrivo di Gheddafi, ma aveva abbracciato già da tempo la religione islamica.

SCORTA DI AMAZZONI - Anche stavolta il leader libico ha portato con sé la sua scorta di amazzoni e la già citata tenda beduina. Al seguito del rais ci sono poi 30 cavalli arabi con altrettanti cavalieri: lunedì sera, alle 21, si esibiranno nel corso delle celebrazioni previste alla caserma Salvo D’Acquisto, alla presenza del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. I purosangue saranno ospitati nelle scuderie del IV Reggimento dei Carabinieri a cavallo fino al loro ritorno in patria. Lo spettacolo dovrebbe cominciare con alcuni cavalieri libici e proseguirà con il celeberrimo Carosello dei Carabinieri, che andrà in scena proprio in onore del leader libico e vedrà la partecipazione di circa 130 cavalli e cavalieri dell’Arma, due squadroni e una fanfara. Ultimo atto sarà la cena in caserma offerta dal premier italiano, e un ricevimento con 800 invitati.

LE POLEMICHE - Critiche al governo italiano per l'eccesso di accondiscendenza nei confronti del raiss sono arrivate dall'Italia dei Valori. "Il governo Berlusconi si occupa della tenda di Gheddafi ma non si preoccupa delle tende dell'Aquila" aveva detto il senatore Stefano Pedica che aveva accusato l'eseucito di "totale asservimento agli sfizi del dittatore libico, che ha preso il nostro paese come località di vacanza all inclusive". Ai dipietristi replica Margherita Boniver, del Pdl: "L'Idv attacca Berlusconi per aver firmato lo storico trattato di cooperazione e amicizia con la Libia. Si dimentica che il trattato di Bengasi è stato costruito pezzo su pezzo dopo diversi anni di trattativa tra i vari governi italiani e il leader libico, quindi non è frutto di una sola politica. La ricorrenza che viene celebrata lunedì porterà grandi vantaggi e soprattutto la fine dell'epoca coloniale. Ne beneficeranno le imprese, si continueranno ad avere benefici sulla collaborazione nella lotta all'immigrazione clandestina e ci auguriamo potranno avere qualche risarcimento anche le migliaia di cittadini italiani cacciati su due piedi negli anni 70. Tutto questo è evidente per un trattato molto positivo e quindi oltre alle prevedibili eccentricità di Gheddafi bisogna guardare al futuro e continuare sulla giusta strada".

Redazione online

29 agosto 2010

 

 

REPUBBLICA

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2010-09-17

IL CASO

Peschereccio, giallo sulle mitragliette

"Alla Libia motovedette prive di armi"

La Procura di Agrigento intenzionata a fare chiarezza dopo la perizia balistica dei Ris, secondo cui a sparare contro l'Ariete sarebbero state le mitragliette fisse in dotazione alle motovedette. Armi che l'Italia non ha fornito alla Libia. La Guardia di Finanza ribadisce: "Erano armi leggere". Da Tripoli la notizia: indagato e sospeso il comandante della motovedetta libica

Peschereccio, giallo sulle mitragliette "Alla Libia motovedette prive di armi"

ROMA - L'Italia ha fornito a Gheddafi sei motovedette senza armi. Ma secondo una prima ricostruzione degli esperti del Ris sui fori provocati dalla sventagliata che domenica scorsa ha raggiunto il peschereccio "Ariete" a trenta miglia dalla costa di Tripoli, non sarebbero state usate "armi portatili" bensì mitragliette fisse. Quelle, cioè, solitamente installate sulle motovedette.

Si configura come un giallo la perizia su quei cinquanta colpi esplosi ai danni del motopesca di Mazara del Vallo. Perizia che, spiega il procuratore della Repubblica di Agrigento Renato Di Natale, "gli specialisti dell'Arma dei carabinieri non hanno ancora depositato, per farlo hanno chiesto un termine non molto lungo". Ma la Procura vuole vederci chiaro. Anche sentendo, la prossima settimana, i sei militari che quel giorno erano a bordo dell'imbarcazione.

La Guardia di Finanza ribadisce in una nota: "Spari da armi portatili di proprietà dei libici". E conferma che le motovedette furono cedute ai libici "prive di qualsiasi armamento". Intanto dalla Libia rimbalza la notizia: il comandante della motovedetta libica che ha aperto il fuoco sul peschereccio Ariete è stato sospeso dal servizio 1 e messo sotto inchiesta. In serata è stato interrogato assieme a tutto l'equipaggio.

E intanto fonti dei carabinieri smentiscono che il Ris abbia

già consegnato i risultati della perizia sull'Ariete ai giudici, e smentiscono che sia possibile determinare il tipo di armi usate soltanto dall'esame dei fori di entrata dei proiettili che ranno raggiunto il peschereccio.

La Procura: "Sentiremo i finanzieri". "Secondo quanto risulta dagli accordi italo-libici, l'Italia avrebbe fornito alla Libia solo le imbarcazioni e non le armi - sostiene la Procura - ma sul punto intendiamo interrogare i sei finanzieri che erano a bordo durante l'attacco all'Ariete". Per l'episodio, al momento, i magistrati siciliani ipotizzano il reato di tentato omicidio plurimo a carico di ignoti. L'inchiesta è coordinata dal procuratore della Repubblica Renato Di Natale e dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, condotta dal sostituto procuratore Luca Sciarretta.

"Non armi portatili ma mitragliette fisse". Stando alle analisi del reparto speciale dei carabinieri, a sparare non furono dunque mitra e kalashnikov, come da una prima ricostruzione contenuta in un rapporto del Viminale 2, ma le armi in dotazione alla motovedetta, una delle sei fornite ai libici dall'Italia. Mitragliette fisse, la cui fornitura non sarebbe però inclusa nell'accordo stipulato nel 2008 con Gheddafi per arginare il flusso di clandestini dalle coste nordafricane.

L'analisi sui fori. Il Ris ha analizzato i fori provocati dai proiettili: i buchi sono di circa 10 millimetri, segno, secondo gli esperti, che sono stati sparati da mitragliette pesanti, come quelle fisse in dotazione delle motovedette militari. Non è possibile, invece, stabilire la nazionalità delle armi. Potrebbe anche trattarsi di copie delle armi italiane. Ma è sempre più urgente un chiarimento sui reali contenuti dell'accordo italo-libico.

GdF ribadisce: "Armi leggere libiche". "I colpi esplosi in direzione del peschereccio italiano provenivano da armi portatili di bordo, non montate su supporto fisso, di proprietà della Guardia Costiera libica". Lo spiega la Guardia di finanza in una nota, in cui si precisa anche che "le motovedette originariamente dotate di armamento navale di tipo mitragliera Breda calibro 30mm., sono state cedute alla Guardia Costiera libica prive di qualsiasi armamento fisso e/o portatile".

(16 settembre 2010)

 

 

 

 

Tripoli, sotto inchiesta

il comandante della vedetta

Sospeso dal servizio l'ufficiale che ha ordinato al suo equipaggio di sparare al peschereccio italiano

Tripoli, sotto inchiesta il comandante della vedetta

 

ROMA (V.N.) - La Libia reagisce alla crisi del motopeschereccio "Ariete" mettendo sotto inchiesta e sospendendo dal servizio il comandante della vedetta che ha sparato contro gli italiani. L'ufficiale che domenica sera aveva ordinato al suo equipaggio di inseguire e mitragliare i pescatori siciliani è stato messo a terra servizio e, assieme a tutti gli altri componenti libici dell'equipaggio imbarcato su una ex metovedetta italiana, è in stato di fermo, interrogato dai magistrati libici.

La notizia, anticipata in serata ai media italiani da Tripoli, è stata confermata da un comunicato del ministero degli Esteri libico: "Il Comitato generale per le comunicazioni estere e la cooperazione internazionale - si legge nella nota - dichiara che la Commissione speciale istituita per indagare sullo spiacevole incidente che riguarda gli spari contro il peschereccio italiano da parte di una motovedetta libica domenica 12 settembre ha iniziato il suo lavoro, e che il comandante della motovedetta libica è stato sospeso dal servizio e messo sotto interrogatorio".

(16 settembre 2010)

 

2010-09-15

Mazara, Lega: "Le scuse di Tripoli non bastano"

E il Viminale smentisce l'inseguimento

Il presidente della commissione Esteri Stefani: "L'Italia deve pretendere di più, vanno ridefinite le regole di ingaggio". Cicchitto: "No a demagogia da opposizioni". Franceschini: "Episodio gravissimo". La ricostruzione dei fatti. Il capitano del peschereccio: "Un assalto lungo tre ore"

Mazara, Lega: "Le scuse di Tripoli non bastano" E il Viminale smentisce l'inseguimento

ROMA - "Alla luce della sparatoria di domenica sera, le scuse del governo Gheddafi non bastano e l'Italia deve pretendere di più". Così la Lega fa sentire la sua voce sulla vicenda del peschereccio italiano contro cui sono stati esplosi colpi di mitraglia da una motovedetta libica 1. Il governo si appresta a riferire in Parlamento e Frattini respinge le critiche mosse dall'opposizione sulle dichiarazioni di Maroni. E Stefano Stefani, presidente leghista della commissione Esteri, chiede che "vengano ridefinite le regole di ingaggio e finalmente si risolva una volta per tutte la questione delle acque internazionali fra Italia e Libia. Poiché i pescatori italiani spesso sconfinano perché il confine delle acque non è chiaro". Stefani insiste: "Bisogna cogliere l'occasione per risolvere i contenziosi e ridefinire l'intera situazione, tutelando sia i pescatori di Mazara che la sicurezza degli Stati".

La ricostruzione del Viminale. Dalla ricostruzione fatta dal Viminale e riportata nel verbale della riunione d'inchiesta svoltasi ieri al ministero dell'Interno, risulta che non c'è stato alcun inseguimento da parte della motovedetta. Ma il comandante dell'imbarcazione, Gaspare Marone, insiste: "Si è trattato di un assalto bello e buono, un tentativo di abbordaggio roseguito per circa tre ore, anche dopo la nostra fuga, con raffiche di mitraglia sparate a intervalli di un quarto d'ora, venti minuti". Marrone, scoltato oggi da magistrati della Procura di Agrigento, ha ribadito che l'imbarcazione non era impegnata in una battuta di pesca e che si trovava in acque internazionali. Una replica alle dichiarazioni del ministro degli Esteri Franco Frattini che ieri aveva accusato i marinai di "pescare illegalmente", e a quelle del ministro dell'Interno Roberto Maroni, che aveva parlato di un "incidente" sostenendo che forse i militari libici avevano scambiato il peschereccio per un barcone di clandestini. ''Non è possibile - aggiunge Marrone - al comandante abbiamo espressamente detto d'essere italiani, pescatori italiani''.

La ricostruzione dell'episodio. La Guardia di finanza ha operato nel rispetto dei protocolli di cooperazione tra Italia e Libia. Queste le conclusioni della riunione d'inchiesta tenutasi al ministero dell'Interno. Nel documento si legge che alle 19.25 i militari libici hanno aperto il fuoco prima in aria, poi in acqua e poi contro lo scafo dell'"Ariete", che si trovava "a circa 30 miglia nautiche a nord della località di Abu Kammash". "Ciò nonostante - si legge ancora nel verbale - l'imbarcazione da pesca proseguiva la navigazione verso nord. Alle 20 il comandante dell'Unità militare straniera (libica, ndr), valutata l'impossibilità di bloccare la corsa del natante fuggitivo, decideva di interrompere l'azione in attesa di ordini da parte delle autorità libiche competenti". Dopo circa tre quarti d'ora, ricevute disposizioni dalle autorità libiche, "il comandante del Guardacoste invertiva la rotta e si dirigeva verso il porto di Zuwarah".

Frattini: "Opposizione contro interesse del Paese". Frattini respinge le critiche dell'opposizione nei confronti delle parole di Maroni sul fatto che il peschereccio sia stato scambiato per una imbarcazione con clandestini a bordo. "In questi casi l'opposizione è sempre in malafede e contro gli interessi dell'Italia. Maroni - continua il titolare della Farnesina - ha chiarito quello che non c'era bisogno di chiarire: sparare non è mai nelle regole di ingaggio, né nei confronti dei pescatori né in quelli dei clandestini. Questo è stato chiarito ma all'opposizione è inutile spiegarlo". Quanto all'indagine, no comment del ministro: "L'inchiesta verificherà cosa è successo. Non sono abituato a trarre conclusioni finché l'inchiesta non è conclusa". E sulle parole del rappresentante per le questioni giuridiche della Cei, il vescovo Domenico Mogavero, "è La posizione di un vescovo - chiosa Frattini - e io non commento la posizione di quel vescovo".

Botta e risposta Cicchitto-Franceschini. Cicchitto accusa le opposizioni di usare "la demagogia, che non serve a niente". Franceschini replica parlando di episodio "gravissimo" e accusa la maggioranza di non difendere "la dignità del Paese". È un acceso botta e risposta davanti alle telecamere del programma di RaiUno Unomattina quello tra i due capigruppo del Pdl e del Pd alla Camera. "Abbiamo un interlocutore - osserva Cicchitto - che è Gheddafi, che presenta caratteristiche singolari ma con il quale dobbiamo fare i conti. Può scaricarci migliaia e migliaia di immigrati sulle nostre coste. Va condannato tutto l'episodio del peschereccio, è deplorevole, ma una rottura con Gheddafi e con la Libia comporterebbe conseguenze disastrose per il nostro Paese". "Nessuno vuole rompere - replica Franceschini - ma questo non vuol dire chinare la testa. All'episodio qualsiasi Paese avrebbe reagito in modo durissimo, da noi è stato archiviato come incidente. Ed è gravissimo che il ministro dell'Interno abbia detto 'credevano ci fossero degli immigrati', come se in quel caso fosse lecito sparare". Per l'esponente democratico "c'è un atteggiamento di sottomissione psicologica nei confronti del colonnello, cui abbiamo offerto in agosto un palcoscenico per fare spettacolo quando è venuto in Italia".

Pd e Idv: "Maroni e Frattini riferiscano al Senato". Pd e Idv chiedono che Frattini e Maroni sulla vicenda riferiscano in Senato. Lo rendono noto la democratica Anna Finocchiaro e Fabio Giambrone (Idv) al termine della conferenza dei capigruppo. "Il Mediterraneo non è di Gheddafi e lui in questo momento se ne sta appropiando. La comunità internazionale, per prima l'Italia - dice Antonio Di Pietro - deve farsi rispettare".

Question time, Vito: "Fatto grave, non deve ripetersi". Il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, parla di "un episodio molto grave che richiede un impegno forte affinché azioni del genere non si ripetano". Rispondendo nel corso del Question Time alla Camera a un'interrogazione del Pd sul peschereccio, Vito ricorda che Tripoli ha "presentato formalmente le scuse" al governo italiano e che "il Trattato di amicizia Italia-Libia non modifica precedenti accordi tra i due Paesi in materia di lotta alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina", come quelli del 2000, del 2007 e del 2009.

Gli esami balistici del Ris. Il peschereccio "Ariete" è stato sottoposto oggi agli esami balistici del Ris di Messina. L'imbarcazione, giunta stamani all'attracco di Porto Empedocle, è attualmente sotto sequestro da

parte della Procura di Agrigento che ha aperto un'inchiesta sulla vicenda. I magistrati, che ipotizzano reati di tentato omicidio plurimo aggravato e danneggiamento, vogliono capire se dal natante libico, a bordo del quale c'erano anche militari italiani della Gdf, gli spari siano partiti con il proposito di uccidere, così come dichiarato dal comandante del peschereccio. La Procura sentirà poi i finanzieri che si trovavano a bordo della motovedetta: "Abbiamo già un'idea di come si sono svolti i fatti - ha detto il procuratore Di Natale - sarà importante però sentire i militari che erano a bordo e per questo stiamo cercando di identificarli".

(15 settembre 2010)

 

 

 

 

2010-09-14

Mazara, la Cei accusa: "Il governo è inerte"

Frattini riferirà alla Camera, Maroni: "Incidente"

Duro monito dei vescovi. "Question time" in aula per il ministro degli Esteri sugli spari della motovedetta libica contro il peschereccio siciliano. Che, per Frattini, "sapeva di pescare illegalmente". Esaminato il Gps del peschereccio: era in acque internazionali

Mazara, la Cei accusa: "Il governo è inerte" Frattini riferirà alla Camera, Maroni: "Incidente" Il ministro dell'Interno Roberto Maroni

ROMA - Il ministro degli Esteri Franco Frattini riferirà domani alla Camera, nel "question time", sul motopeschereccio italiano mitragliato da una motovedetta libica. Lo ha annunciato la vicepresidente Rosy Bindi aggiungendo che la Presidenza della Camera informerà il governo anche delle richieste di venire in aula avanzate in apertura di seduta da Pier Ferdinando Casini per l'Udc e dal capogruppo dell'Idv Massimo Donati. Per Frattini, se i libici sapevano su chi sparavano 1, come afferma il comandante del peschereccio "Ariete", anche il comandante "sapeva di pescare illegalmente". Il titolare della Farnesina lo ha sottolineato rispondendo alla domanda di un giornalista a margine di un'audizione al Senato.

Intanto giunge il durissimo monito monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici: nel Mediterraneo si spara e il Governo italiano sta a guardare. La Libia si scusa, ma le scuse non resuscitano i morti. Questo il senso delle parole del religioso dopo aver preso atto delle dichiarazioni con cui il ministro dell'Interno Maroni ha annunciato le scuse di Tripoli e giudicato "incidente, grave ma incidente" gli spari esplosi da una motovedetta libica 2, con a bordo anche militari italiani, contro un peschereccio siciliano. Che il Gps oggi dice essere stato in acque internazionali. "Assistiamo a una vera e propria inerzia del governo italiano - accusa il vescovo -. Preoccupa molto che non ci sia nessuna iniziativa politica sulla questione della competenza circa le acque del Mediterraneo. E la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone". Anche l'opposizione non ci sta, contesta le parole del ministro e chiede che sia rivisto l'accordo con Tripoli. Interviene il ministro degli Esteri Franco Frattini: "Incidente grave, ma i rapporti con la Libia non cambiano". La testimonianza dei pescatori 3: "E' stato un inferno. I proiettili rimbalzavano ovunque".

LE FOTO 4

Il vescovo: "Gheddafi amplia limiti acque libiche". Parlando ai microfoni di Radio Vaticana, monsignor Mogavero chiarisce il punto: "E' sempre lo stesso: il limite delle acque territoriali libiche. Il governo di Gheddafi, con atto unilaterale ha allargato il limite delle acque territoriali fino a 72 miglia marine, contro le 12 previste dal diritto internazionale. Tutte le volte che un peschereccio della nostra flotta, secondo la loro impostazione delle cose, sconfina, per loro è una atto di aggressione. Per noi invece è operare in mare aperto secondo le convenzioni internazionali". Quanto alle scuse libiche, il vescovo è lapidario: "Son buone, ma se ci fosse stato il morto non l'avrebbero resuscitato".

Maroni: "Libia si è scusata". "Quello che è successo l'altroieri sera non doveva accadere, e la Libia si è scusata". Lo annuncia - nel corso del programma Mattino 5, a Canale 5 - il ministro dell'Interno, Roberto Maroni -. Immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini, ma con l'inchiesta che abbiamo aperto verificheremo cos'è accaduto". "La motovedetta - spiega ancora Maroni - è una delle sei che abbiamo consegnato alla Libia sulla base di un accordo siglato nel 2007 dall'allora ministro Giuliano Amato". A bordo, ha precisato, "ci sono militari italiani che per un periodo forniscono assistenza tecnica ai libici ma non hanno funzioni di equipaggio. Ieri abbiamo ricevuto il loro rapporto, non sono stati coinvolti nell'operazione e oggi faremo una riunione al ministero per verificare ciò che è accaduto. Penso che si sia trattato di un incidente grave, ma pur sempre un incidente: studieremo le misure perché non accada più".

Frattini: "Lavoriamo ad accordo sulla pesca". "Nulla cambia nei rapporti" tra Italia e Libia e non c'è stato alcun contatto tra Silvio Berlusconi e il leader libico Muammar Gheddafi dopo la vicenda del peschereccio. Così il ministro degli Esteri Franco Frattini, che poi ricorda come "c'è uno spazio marittimo che, secondo la Libia, fa parte del suo mare territoriale e nel quale i pescherecci italiani vanno pacificamente a pescare. In molti casi non succede niente, in altri avvengono incidenti". "Il problema è in corso di negoziato da molto tempo - prosegue Frattini -, almeno un anno. Si tratta di una questione vitale e abbiamo cominciato a lavorare per definire un accordo di pesca italo-libico. Altra cosa - continua il titolare della Farnesina - è la questione delle regole di ingaggio. L'accordo del 2007 spiegava con chiarezza le caratteristiche delle pattuglie italo-libiche. Ma non si dice in quell'accordo che quelle pattuglie devono lavorare esclusivamente in operazione anti-immigrazione, che potrebbe essere utile".

Galan: "Pesca, a ottobre ne parlerò con i libici". Il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, competente anche in materia di pesca, giudica "incomprensibile e inaccettabile" quanto è accaduto. E rassicura gli uomini del "nostro peschereccio" che "si adopererà in ogni modo per dare un senso accettabile al pericolosissimo episodio". "In ogni caso - conclude la nota di Galan -, nel mese di ottobre, il mio ministero affronterà i temi della pesca con le competenti autorita' libiche".

Le opposizioni: "Indegno difendere la Libia, il Trattato va sospeso". "Episodio gravissimo e inquietante" accusa in aula alla Camera il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, chiedendo che il governo riferisca "immediatamente" al Parlamento sui contenuti del trattato con la Libia.

Il democratico Giuseppe Lumia sottolinea un altro aspetto della vicenda: "Il fatto che la motovedetta abbia sparato perché aveva scambiato il peschereccio per una nave di clandestini non è meno grave. Non si può liquidare quello che è successo al largo delle coste libiche come un mero incidente. Qui è in discussione il rispetto delle norme internazionali e dei diritti fondamentali della persona umana".

Leoluca Orlando, portavoce dell'Idv, giudica "indegna" la difesa della Libia da parte del governo italiano. "Maroni e Frattini, invece di difendere i nostri pescatori e alzare la voce, continuano a genuflettersi al dittatore libico in nome degli interessi economici del presidente del Consiglio. Il governo venga immediatamente in Parlamento a riferire. L'Italia non è un piedaterre della Libia". E il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, chiede: "Ai migranti è lecito sparare addosso? E' così che l'Italia vuole gestire i flussi migratori?". E chiede "all'Unione europea di intervenire immediatamente perché un paese dell'Unione non può appaltare la gestione dei diritti umani dei migranti al dittatore Gheddafi".

Indaga la Procura di Agrigento. Tra le ipotesi dell'indagine, anche il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti. Al Ris dei carabinieri spetterà esaminare i fori di entrata dei proiettili per verificare se i militari abbiano sparato ad altezza d'uomo. La Procura ha disposto il sequestro del peschereccio. Intanto è già noto il risultato dell'esame del sistema 'Blue box', sorta di rilevatore Gps che ogni peschereccio al di sopra di una certa stazza deve avere installato a bordo e grazie al quale può essere seguito dalle autorità italiane: il peschereccio 'Ariete' era in acque internazionali, a 30 miglia a nord di Zuwarah, cittadina sulla costa libica non molto lontana dalla Tunisia. Il diritto internazionale stabilisce il limite delle acque territoriali a un massimo di 12 miglia dalla costa di uno stato. Il peschereccio, quindi, si trovava 18 miglia fuori dalle acque territoriali libiche.

(14 settembre 2010)

 

 

 

2010-09-13

Peschereccio della flotta di Mazara

mitragliato da motovedetta libica

La sparatoria è avvenuta domenica sera. L'equipaggio è riuscito a evitare l'abbordaggio e ad allontanarsi. L'imbarcazione dei libici è una di quelle della guardia di finanza cedute al governo di Gheddafi. A bordo anche alcuni militari italiani. La Capitaneria: "Hanno sparato per colpire". Marinai sotto shock

di FABIO RUSSELLO

Peschereccio della flotta di Mazara mitragliato da motovedetta libica La parete del peschereccio forata dai proiettili

AGRIGENTO - "E' stato un inferno: i proiettili rimbalzavano dal ponte fino alla sala macchine. Ci siamo distesi tutti a terra pregando che nessuno di noi venisse colpito". Il capitano Gaspare Marrone va in mare da oltre trent'anni, con la sua barca ha affrontato molte volte la burrasca e ha salvato la vita a decine e decine di migranti che avevano fatto naufragio nel Canale di Sicilia. Ma i momenti terribili vissuti ieri sera, insieme con i suoi dieci uomini d'equipaggio, difficilmente potrà dimenticarli.

"Ha ragione il comandante, siamo vivi per miracolo", continuano a ripetere i marinai dell'"Ariete", il peschereccio della flotta di Mazara del Vallo mitragliato da una motovedetta libica perché non si era fermato all'alt.

Quello che il capitano Marrone e i suoi uomini non sanno ancora, mentre nel porto di Lampedusa ricostruiscono gli attimi convulsi dell'assalto, è che a bordo dell'unità militare libica c'erano anche alcuni uomini della Guardia di finanza italiana. Si tratta infatti di una delle sei motovedette consegnate alla Libia dal governo italiano, nell'ambito del trattato di "amicizia" siglato due anni fa tra i due Paesi.

Il tentativo di abbordaggio è avvenuto intorno alle 22, quando il motopesca si trovava a circa 30 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali: "Ci hanno intimato di fermarci - racconta il comandante - ma io, sapendo quello che ci aspettava, ho preferito proseguire spingendo i motori al massimo. A questo punto hanno aperto il fuoco, continuando a sparare a intervalli di circa un quarto d'ora-venti minuti".

Il capitano ha ancora negli occhi il terrore provocato da quei colpi di mitraglia: "Ci hanno inseguito fin quasi dentro le nostre acque territoriali. Solo all'alba, quando eravamo in vista di Lampedusa, ci siamo sentiti in salvo".

Da anni le autorità libiche rivendicano la loro giurisdizione sul Golfo della Sirte, sequestrando le imbarcazioni mazaresi sorprese a pescare in quel tratto di mare.

Ma il capitano assicura che l'"Ariete", al momento del tentativo di abbordaggio, stava navigando e non era impegnato in una battuta: "Non avevano nessun diritto di fermarci".

E invece i militari libici, nonostante la presenza a bordo dei finanzieri italiani, hanno usato le maniere "forti" per convincere i marinai a desistere dalla fuga, come testimoniano la fiancata sinistra e la cabina del motopesca sforacchiati dai proiettili: "Hanno sparato all'impazzata. Solo per un caso non hanno provocato l'esplosione di alcune bombole di gas che erano in coperta", sottolinea Alessandro Novara, uno componenti dell'equipaggio. Gli fa eco Tameur Chaabane, un altro marittimo tunisino imbarcato sull'"Ariete": "I libici sono degli incoscienti, perché sparare all'altezza della cabina di comando significa volere uccidere".

Ed è proprio il comandante Marrone a sollevare, con i suoi marinai, il dubbio che la motovedetta che li ha mitragliati sia uno dei sei pattugliatori italiani "regalati" a Gheddafi.

"Non posso esserne certo - spiega - ma era del tutto simile a quelle utilizzate dalla nostra Guardia di finanza e dalla Capitaneria di porto".

La conferma arriverà solo qualche ora dopo, quando l'equipaggio dell'"Ariete" ha già ripreso il mare per proseguire la battuta di pesca nel Canale di Sicilia

(13 settembre 2010)

 

 

 

 

2010-08-31

I vescovi sulla visita di Gheddafi

"Uno show che diventa boomerang"

Il giorno dopo i festeggiamenti per il trattato di amicizia tra Libia e Italia, non si placano le critiche. L'Avvenire "Incresciosa messa in scena". Zaia (Lega): "Inviti a islamizzazione? Vada a farli a casa sua"

I vescovi sulla visita di Gheddafi "Uno show che diventa boomerang"

ROMA - È terminata la visita di Gheddafi in Italia. Il leader libico si è imbarcato a Ciampino sull'aereo che lo riporta in patria. Ma il giorno dopo i festeggiamenti per il trattato di amicizia tra Italia e Libia, le lezioni di Corano alle hostess italiane, lo spettacolo equestre e la cena di gala, non si placano le polemiche 1 sulla visita del Colonnello nel nostro Paese. Anche i vescovi intervengono sulla vicenda, definendola un' "incresciosa messa in scena". E il presidente del Veneto, Luca Zaia (Lega), rincara le critiche già mosse nei giorni scorsi dalla Lega: "'Gheddafi i suoi inviti all'islamizzazione li vada a fare a casa sua", ha detto, facendo eco al titolo con cui la Padania 2 apre la prima pagina di oggi.

"Forse solo un boomerang", "certamente è stata una lezione, magari pure per i suonatori professionisti di allarmi sulla laicità insidiata": così il quotidiano dei vescovi, Avvenire, in un editoriale firmato dal direttore Marco Tarquinio tira le fila della visita del leader libico a Roma, tra affari e provocazioni. "Incontrarsi serve comunque e sempre", premette Tarquinio lodando la "nuova stagione" e la "riconciliazione" tra Roma e Tripoli. Però - sottolinea il giornale della Cei - non si possono sottacere "aspetti sostanziali e circostanze volutamente folkloristiche" della visita così come "momenti incresciosi e urtanti" quali l'incontro per "una sessione di propaganda islamica (a sfondo addirittura europeo) tra il leader libico e hostess appositamente reclutate".

Avvenire si chiede quindi come Gheddafi - nella "tollerante e pluralista Italia" dalle "profonde e vive radici cristiane" e al tempo stesso capace di "una positiva laicità" - abbia potuto "fare deliberato spettacolo di proselitismo (anche grazie a un Tg pubblico incredibilmente servizievole...). Non sapremmo dire in quanti altri paesi tutto questo avrebbe avuto luogo o, in ogni caso,avrebbe avuto spropositata (e stolida) eco".

"Probabilmente è stato un boomerang - conclude l'editoriale -una dimostrazione di quanto possano confondersi persino in certo islam giudicato non (più) estremista piano politico e piano religioso".

Da parte sua, Zaia ritiene fuori luogo tutti gli onori riservati al Colonnello che, secondo lui, avrebbe meritato lo stesso trattamento di qualsiasi altro cittadino: "Se potessi incontrarlo gli farei osservare che come ospite non ha un gran senso dell'educazione - ha detto il governatore del Veneto -, che i suoi strali evangelizzanti, anzi islamizzanti, no mi piacciono. Direi che farebbe meglio ad attenersi ai temi dell'accordo economico commerciale sottoscritto tra Italia e Libia" Zaia, comunque, riserva parole di elogio per lo scambio economico tra i due Paesi. "È un buon accordo - dice Zaia - vantaggioso e il Governo ha lavorato bene, basti pensare che Maroni ha convinto Tripoli a fermare gli sbarchi clandestini". Al di là delle osservazioni su quanto organizzato per la visita di Gheddafi in Italia, Zaia racconta del suo incontro con Gheddafi: "È una persona di straordinario acume - rileva -. Saranno quegli occhi da beduino, ma esercita un carisma eccezionale".

(31 agosto 2010)

 

 

 

 

 

Gheddafi, spettacolo e polemiche

Frattini: "Critiche senza senso"

Incontro di mezz'ora tra il Colonnello e Berlusconi. Il ministro degli Esteri: "Chi critica non conosce politica e interessi d'Italia". La Padania titola: "L'Europa sia cristiana". Seconda lezione a 200 ragazze: "L'Islam è l'ultima religione"

Gheddafi, spettacolo e polemiche Frattini: "Critiche senza senso"

ROMA - Una giornata intensa e decisamente varia quella vissuta oggi dal leader libico Muammar Gheddafi. Dopo aver impartito la seconda lezione a 200 ragazze e aver incontrato il premier Berlusconi, in serata ha partecipato ai festeggiamenti per l'anniversario del Trattato di amicizia tra Libia e Italia organizzati nella caserma 'Salvo D'Acquisto'. Qui, prima di assistere al Carosello storico dell'Arma del reggimento dei carabinieri a cavallo, il leader libico ha preso la parola per un lungo intervento: ''Saluto il grande coraggio del mio grande amico Silvio Berlusconi", ha detto, ringraziando l'Italia per la condanna del colonialismo e per il coraggio dimostrato ammettendo gli errori del passato. "Non vogliamo commettere lo stesso errore un'altra volta - ha detto ancora - vogliamo amicizia e collaborazione e che il Mar Mediterraneo sia un mare di pace". Gheddafi ha anche parlato del problema dell'immigrazione: ''Per fermare l'immigrazione clandestina - ha concluso il leader libico - la Libia, sostenuta dall'Italia, chiede all'Europa, che un domani, davanti a milioni di immigrati che avanzano potrebbe diventare Africa, almeno 5 miliardi di euro all'anno''.

Prima di Gheddafi, Silvio Berlusconi aveva rivolto un breve saluto al leader libico, ricordando che "tutti dovrebbero rallegrarsi" della nuova amicizia tra Italia e Libia sancita dal Trattato di Bengasi e sottolineando che chi critica i rapporti di amicizia tra lui e Muammar Gheddafi "appartiene al passato, è prigioniero di schemi superati".

Dopo

il carosello dei carabinieri c'è stato l'attesissimo spettacolo equestre con i 30 cavalli berberi, fatti arrivare in aereo dalla Libia per l'occasione. Dopo i festeggiamenti, una cena offerta da Berlusconi al leader libico. Con la presenza di tanti i big dell'economia al ricevimento.

Nel tardo pomeriggio, in un incontro durato circa mezz'ora, il presidente del Consiglio e il leader libico avevano affrontato temi come immigrazione, infrastrutture ed energia. Un incontro che si è tenuto nella tenda del leader libico e a cui ha partecipato anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini. L'immancabile tenda che accompagna il Colonnello in tutti i suoi viaggi è stata montata in giornata nella residenza dell'ambasciatore. ''I colloqui sono andati bene. Abbiamo parlato anche di economia internazionale e di come uscire dalla crisi'', ha detto Frattini al termine dell'incontro. Il ministro degli Esteri ha criticato, poi, le polemiche sollevate dall'opposizione per la visita del leader libico: "È gente che non conosce affatto né la politica estera né gli interessi dell'Italia - ha detto -. Gheddafi è un leader importante per tutto il Medio Oriente, e noi - ha aggiunto Frattini - da questa opposizione non ci aspettiamo niente".

A quanto si è appreso nell'incontro tra i due leader si è parlato anche di politica internazionale con un approfondimento particolare nei confronti dell'Africa. Si sono, poi, valutate le prospettive di pace in Medio Oriente a seguito dei più recenti sviluppi, mentre sul piano economico è stata rinnovata l'attenzione verso l'apertura dei mercati libici nei confronti della penetrazione delle imprese italiane. Un'apertura che, sottolineano le stesse fonti, rappresenta una conferma della politica avviata grazie al trattato di amicizia siglato dai due paesi esattamente due anni fa.

Dopo il colloquio privato, Berlusconi e Gheddafi hanno inaugurato la mostra fotografica che ripercorre i rapporti storici tra italia e libia, allestita presso l'Accademia libica. Il leader libico, insieme al premier, ha svelato una targa e tagliato un nastro verde per l'inaugurazione della sede romana dell'Accademia libica in Italia.

La lezione alle hostess. In precedenza il Colonnello aveva tenuto la sua seconda lezione di Corano. Duecento hostess sono arrivare all'Accademia libica anche questa mattina per incontrare la "Guida della Rivoluzione". Una decina di ragazze indossava il tradizionale velo islamico, mentre una portava appesa al collo una foto del Colonnello. Per le altre camicetta bianca e gonna nera.

Scese frettolosamente da quattro autobus, non hanno rilasciato dichiarazioni ai giornalisti che da stamani stazionavano di fronte all'Accademia libica. Tra loro anche le tre ragazze convertitesi ieri all'Islam. Le hostess sono in numero molto minore rispetto all'incontro precedente 1, quando nella villa ne erano arrivate oltre 500.

"La donna è più rispettata in Libia che negli Stati Uniti e in Occidente". Sarebbe stato questo il messaggio principale del Colonnello nel nuovo incontro con le hostess. Lo hanno riferito alcune delle partecipanti al termine del meeting. Gheddafi ha sottolineato che in Occidente alle donne viene permesso di fare lavori che non sono consoni al loro fisico e avrebbe portato l'esempio del tranviere o del minatore. "In Libia non sarebbe mai possibile una cosa del genere", avrebbe aggiunto il leader libico invitando tutte le ragazze a visitare il suo Paese. Non è mancato un nuovo invito a convertirsi. "L'Islam "è l'ultima religione", avrebbe detto il Colonnello, "se bisogna credere in una sola fede, deve essere quella di Maometto".

La polemica. Non si spengono intanto le polemiche politiche sulla visita del leader libico. Nonostante lo stesso Berlusconi avesse definito solo "folklore" le uscite di Gheddafi 2, oggi si è registrato un fuoco incrociato. "L'Europa sia cristiana". Questo il titolo di apertura a tutta pagina della 'Padania' di domani. Nel sottotitolo il quotidiano del Carroccio così prosegue: "Gheddafi sogna il vecchio Continente convertito a Maometto".

Poi cita il professore Del Valle che dice: "Il rischio concreto si chiama Turchia, vero cavallo di Troia dell'espansione islamica". Polemiche anche da ambienti "finiani". La fondazione "Farefuturo", vicina al presidente della Camera paragona l'Italia alla Disneyland del Colonnello. "Se l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi", si legge sul sito della fondazione", la ragione è purtroppo politica. Nelle passeggiate romane il rais libico esibisce la sua amicizia con il premier, la sua paradossale centralità nella politica internazionale" dell'Italia, "che è progressivamente passata dall’atlantismo all’agnosticismo, dalle suggestioni neo-con alla logica commerciale, per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione". E "visto che Gheddafi paga, le sue diventano anche le 'nostre' ragioni e la sua politica la 'nostra'".

"L'incontro tra Gheddafi e il presidente del Consiglio presenta aspetti offensivi per il nostro paese in parte

resi possibili dall'atteggiamento di colpevole accondiscendenza del nostro governo. Ciò che a prima vista sembra essere una carnevalata serve soprattutto a distrarre l'attenzione dalle questioni salienti. Meglio, infatti, parlare di cavalli e hostess che dei diritti calpestati dei migranti e soprattutto di quali accordi economici sta sottoscrivendo il nostro paese e l'imprenditore Silvio Berlusconi, che non si fa scrupolo di usare

la carica istituzionale per curare gli affari di famiglia", ha detto Livia Turco capogruppo del Pd nella commissione affari sociali, mentre il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, parla di uno show che rappresenta "un danno di credibilità e di immagine per il Paese".

Sulla stessa linea anche Generazione Italia, l'associazione vicina a Italo Bocchino. "Vi immaginate Gheddafi che va a Parigi o a Berlino e organizza un incontro con 500 hostess per dir loro 'diventate musulmane'? Noi no. E non a caso Gheddafi certe pagliacciate - è il termine giusto - le viene a fare a Roma, non a Parigi o a Berlino". Lo scrive il direttore dell'associazione, Gianmario Mariniello.

Anche Carmelo Briguglio, deputato di Fli, esprime perplessità: "Queste visite di Gheddafi da un lato aumentano le distanze tra il governo italiano e i nostri tradizionali alleati, Stati Uniti in testa, e dall'altro creano con la S.Sede e con le gerarchie cattoliche problemi e malumori di cui nessuno sentiva il bisogno".

La protesta dell'Idv. Una tenda da campeggio piantata davanti la residenza dell'ambasciatore libico a Roma e tanti cartelli con slogan come 'Gheddafi e Berlusconi: convertitevi alla democrazia!. È la protesta inscenata oggi dal senatore dell'Italia dei Valori Stefano Pedica e da alcuni colleghi di partito.

(30 agosto 2010)

 

 

Gheddafi, spettacolo e polemiche

Frattini: "Critiche senza senso"

Incontro di mezz'ora tra il Colonnello e Berlusconi. Il ministro degli Esteri: "Chi critica non conosce politica e interessi d'Italia". La Padania titola: "L'Europa sia cristiana". Seconda lezione a 200 ragazze: "L'Islam è l'ultima religione"

Gheddafi, spettacolo e polemiche Frattini: "Critiche senza senso"

ROMA - Una giornata intensa e decisamente varia quella vissuta oggi dal leader libico Muammar Gheddafi. Dopo aver impartito la seconda lezione a 200 ragazze e aver incontrato il premier Berlusconi, in serata ha partecipato ai festeggiamenti per l'anniversario del Trattato di amicizia tra Libia e Italia organizzati nella caserma 'Salvo D'Acquisto'. Qui, prima di assistere al Carosello storico dell'Arma del reggimento dei carabinieri a cavallo, il leader libico ha preso la parola per un lungo intervento: ''Saluto il grande coraggio del mio grande amico Silvio Berlusconi", ha detto, ringraziando l'Italia per la condanna del colonialismo e per il coraggio dimostrato ammettendo gli errori del passato. "Non vogliamo commettere lo stesso errore un'altra volta - ha detto ancora - vogliamo amicizia e collaborazione e che il Mar Mediterraneo sia un mare di pace". Gheddafi ha anche parlato del problema dell'immigrazione: ''Per fermare l'immigrazione clandestina - ha concluso il leader libico - la Libia, sostenuta dall'Italia, chiede all'Europa, che un domani, davanti a milioni di immigrati che avanzano potrebbe diventare Africa, almeno 5 miliardi di euro all'anno''.

Prima di Gheddafi, Silvio Berlusconi aveva rivolto un breve saluto al leader libico, ricordando che "tutti dovrebbero rallegrarsi" della nuova amicizia tra Italia e Libia sancita dal Trattato di Bengasi e sottolineando che chi critica i rapporti di amicizia tra lui e Muammar Gheddafi "appartiene al passato, è prigioniero di schemi superati".

Dopo

il carosello dei carabinieri c'è stato l'attesissimo spettacolo equestre con i 30 cavalli berberi, fatti arrivare in aereo dalla Libia per l'occasione. Dopo i festeggiamenti, una cena offerta da Berlusconi al leader libico. Con la presenza di tanti i big dell'economia al ricevimento.

Nel tardo pomeriggio, in un incontro durato circa mezz'ora, il presidente del Consiglio e il leader libico avevano affrontato temi come immigrazione, infrastrutture ed energia. Un incontro che si è tenuto nella tenda del leader libico e a cui ha partecipato anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini. L'immancabile tenda che accompagna il Colonnello in tutti i suoi viaggi è stata montata in giornata nella residenza dell'ambasciatore. ''I colloqui sono andati bene. Abbiamo parlato anche di economia internazionale e di come uscire dalla crisi'', ha detto Frattini al termine dell'incontro. Il ministro degli Esteri ha criticato, poi, le polemiche sollevate dall'opposizione per la visita del leader libico: "È gente che non conosce affatto né la politica estera né gli interessi dell'Italia - ha detto -. Gheddafi è un leader importante per tutto il Medio Oriente, e noi - ha aggiunto Frattini - da questa opposizione non ci aspettiamo niente".

A quanto si è appreso nell'incontro tra i due leader si è parlato anche di politica internazionale con un approfondimento particolare nei confronti dell'Africa. Si sono, poi, valutate le prospettive di pace in Medio Oriente a seguito dei più recenti sviluppi, mentre sul piano economico è stata rinnovata l'attenzione verso l'apertura dei mercati libici nei confronti della penetrazione delle imprese italiane. Un'apertura che, sottolineano le stesse fonti, rappresenta una conferma della politica avviata grazie al trattato di amicizia siglato dai due paesi esattamente due anni fa.

Dopo il colloquio privato, Berlusconi e Gheddafi hanno inaugurato la mostra fotografica che ripercorre i rapporti storici tra italia e libia, allestita presso l'Accademia libica. Il leader libico, insieme al premier, ha svelato una targa e tagliato un nastro verde per l'inaugurazione della sede romana dell'Accademia libica in Italia.

La lezione alle hostess. In precedenza il Colonnello aveva tenuto la sua seconda lezione di Corano. Duecento hostess sono arrivare all'Accademia libica anche questa mattina per incontrare la "Guida della Rivoluzione". Una decina di ragazze indossava il tradizionale velo islamico, mentre una portava appesa al collo una foto del Colonnello. Per le altre camicetta bianca e gonna nera.

Scese frettolosamente da quattro autobus, non hanno rilasciato dichiarazioni ai giornalisti che da stamani stazionavano di fronte all'Accademia libica. Tra loro anche le tre ragazze convertitesi ieri all'Islam. Le hostess sono in numero molto minore rispetto all'incontro precedente 1, quando nella villa ne erano arrivate oltre 500.

"La donna è più rispettata in Libia che negli Stati Uniti e in Occidente". Sarebbe stato questo il messaggio principale del Colonnello nel nuovo incontro con le hostess. Lo hanno riferito alcune delle partecipanti al termine del meeting. Gheddafi ha sottolineato che in Occidente alle donne viene permesso di fare lavori che non sono consoni al loro fisico e avrebbe portato l'esempio del tranviere o del minatore. "In Libia non sarebbe mai possibile una cosa del genere", avrebbe aggiunto il leader libico invitando tutte le ragazze a visitare il suo Paese. Non è mancato un nuovo invito a convertirsi. "L'Islam "è l'ultima religione", avrebbe detto il Colonnello, "se bisogna credere in una sola fede, deve essere quella di Maometto".

La polemica. Non si spengono intanto le polemiche politiche sulla visita del leader libico. Nonostante lo stesso Berlusconi avesse definito solo "folklore" le uscite di Gheddafi 2, oggi si è registrato un fuoco incrociato. "L'Europa sia cristiana". Questo il titolo di apertura a tutta pagina della 'Padania' di domani. Nel sottotitolo il quotidiano del Carroccio così prosegue: "Gheddafi sogna il vecchio Continente convertito a Maometto".

Poi cita il professore Del Valle che dice: "Il rischio concreto si chiama Turchia, vero cavallo di Troia dell'espansione islamica". Polemiche anche da ambienti "finiani". La fondazione "Farefuturo", vicina al presidente della Camera paragona l'Italia alla Disneyland del Colonnello. "Se l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi", si legge sul sito della fondazione", la ragione è purtroppo politica. Nelle passeggiate romane il rais libico esibisce la sua amicizia con il premier, la sua paradossale centralità nella politica internazionale" dell'Italia, "che è progressivamente passata dall’atlantismo all’agnosticismo, dalle suggestioni neo-con alla logica commerciale, per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione". E "visto che Gheddafi paga, le sue diventano anche le 'nostre' ragioni e la sua politica la 'nostra'".

"L'incontro tra Gheddafi e il presidente del Consiglio presenta aspetti offensivi per il nostro paese in parte

resi possibili dall'atteggiamento di colpevole accondiscendenza del nostro governo. Ciò che a prima vista sembra essere una carnevalata serve soprattutto a distrarre l'attenzione dalle questioni salienti. Meglio, infatti, parlare di cavalli e hostess che dei diritti calpestati dei migranti e soprattutto di quali accordi economici sta sottoscrivendo il nostro paese e l'imprenditore Silvio Berlusconi, che non si fa scrupolo di usare

la carica istituzionale per curare gli affari di famiglia", ha detto Livia Turco capogruppo del Pd nella commissione affari sociali, mentre il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, parla di uno show che rappresenta "un danno di credibilità e di immagine per il Paese".

Sulla stessa linea anche Generazione Italia, l'associazione vicina a Italo Bocchino. "Vi immaginate Gheddafi che va a Parigi o a Berlino e organizza un incontro con 500 hostess per dir loro 'diventate musulmane'? Noi no. E non a caso Gheddafi certe pagliacciate - è il termine giusto - le viene a fare a Roma, non a Parigi o a Berlino". Lo scrive il direttore dell'associazione, Gianmario Mariniello.

Anche Carmelo Briguglio, deputato di Fli, esprime perplessità: "Queste visite di Gheddafi da un lato aumentano le distanze tra il governo italiano e i nostri tradizionali alleati, Stati Uniti in testa, e dall'altro creano con la S.Sede e con le gerarchie cattoliche problemi e malumori di cui nessuno sentiva il bisogno".

La protesta dell'Idv. Una tenda da campeggio piantata davanti la residenza dell'ambasciatore libico a Roma e tanti cartelli con slogan come 'Gheddafi e Berlusconi: convertitevi alla democrazia!. È la protesta inscenata oggi dal senatore dell'Italia dei Valori Stefano Pedica e da alcuni colleghi di partito.

(30 agosto 2010)

 

2010-08-30

Gheddafi fa il bis con duecento hostess

Farefuturo: "Siamo la sua Disneyland"

Il Colonnello parla di Corano anche oggi davanti a una platea di ragazze. Berlusconi: "Solo Folklore". Ma è polemica delle fondazioni "finiane": "Basta con questa pagliacciate"

Gheddafi fa il bis con duecento hostess Farefuturo: "Siamo la sua Disneyland"

ROMA - Seconda lezione di Corano per il colonnello Gheddafi. Duecento hostess sono arrivare all'Accademia libica anche questa mattina per incontrare la "Guida della Rivoluzione". Una decina di ragazze indossava il tradizionale velo islamico, mentre una portava appesa al collo una foto del Colonnello. Per le altre camicetta bianca e gonna nera.

Scese frettolosamente da quattro autobus, non hanno rilasciato dichiarazioni ai giornalisti che da stamani stazionano di fronte all'Accademia libica. Tra loro anche le tre ragazze convertitesi ieri all'Islam. Le hostess sono in numero molto minore rispetto all'incontro precedente 1, quando nella villa ne erano arrivate oltre 500.

A ventiquattr'ore dall'arrivo di Gheddafi è stata montata - nel giardino della blindatissima residenza dell'ambasciatore libico a Roma - anche la tenda che accompagna il Colonnello in tutti i suoi viaggi. Di colore bianco, la tenda è di dimensioni ridotte rispetto a quella grigio-verde che fu allestita nel 2009.

Due gli appuntamenti ufficiali che completeranno la giornata di Gheddafi. Alle 17 il leader libico visiterà insieme al premier Berlusconi una mostra fotografica all'Accademia libica. In serata partiranno i festeggiamenti per l'anniversario del Trattato di amicizia, con lo spettacolo equestre dei 30 cavalli berberi e il Carosello dei Carabinieri alla caserma Salvo D'Acquisto. Poi i circa 800 invitati si ritroveranno

per la cena o Iftar - il pasto che spezza il digiuno imposto ai musulmani dal mese di Ramadan - offerta da Berlusconi al leader libico.

La polemica. Non si spengono intanto le polemiche politiche sulla visita del leader libico. Nonostante lo stesso Berlusconi avesse definito solo "folklore" le uscite di Gheddafi 2, oggi si registra un fuoco incrociato da ambienti "finiani". La fondazione "Farefuturo", vicina al presidente della Camera paragona l'Italia alla Disneyland del Colonnello. "Se l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi", si legge sul sito della fondazione", la ragione è purtroppo politica. Nelle passeggiate romane il rais libico esibisce la sua amicizia con il premier, la sua paradossale centralità nella politica internazionale" dell'Italia, "che è progressivamente passata dall’atlantismo all’agnosticismo, dalle suggestioni neo-con alla logica commerciale, per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione". E "visto che Gheddafi paga, le sue diventano anche le 'nostre' ragioni e la sua politica la 'nostra'".

Sulla stessa linea anche Generazione Italia, l'associazione vicina a Italo Bocchino. "Vi immaginate Gheddafi che va a Parigi o a Berlino e organizza un incontro con 500 hostess per dir loro 'diventate musulmane'? Noi no. E non a caso Gheddafi certe pagliacciate - è il termine giusto - le viene a fare a Roma, non a Parigi o a Berlino". Lo scrive il direttore dell'associazione, Gianmario Mariniello.

Anche Carmelo Briguglio, deputato di Fli, esprime perplessità: "Queste visite di Gheddafi da un lato aumentano le distanze tra il governo italiano e i nostri tradizionali alleati, Stati Uniti in testa, e dall'altro creano con la S.Sede e con le gerarchie cattoliche problemi e malumori di cui nessuno sentiva il bisogno".

(30 agosto 2010

 

 

 

Gheddafi fa il bis con duecento hostess

Farefuturo: "Siamo la sua Disneyland"

Il Colonnello parla di Corano anche oggi davanti a una platea di ragazze. Berlusconi: "Solo Folklore". Ma è polemica delle fondazioni "finiane": "Basta con questa pagliacciate"

Gheddafi fa il bis con duecento hostess Farefuturo: "Siamo la sua Disneyland"

ROMA - Seconda lezione di Corano per il colonnello Gheddafi. Duecento hostess sono arrivare all'Accademia libica anche questa mattina per incontrare la "Guida della Rivoluzione". Una decina di ragazze indossava il tradizionale velo islamico, mentre una portava appesa al collo una foto del Colonnello. Per le altre camicetta bianca e gonna nera.

Scese frettolosamente da quattro autobus, non hanno rilasciato dichiarazioni ai giornalisti che da stamani stazionano di fronte all'Accademia libica. Tra loro anche le tre ragazze convertitesi ieri all'Islam. Le hostess sono in numero molto minore rispetto all'incontro precedente 1, quando nella villa ne erano arrivate oltre 500.

A ventiquattr'ore dall'arrivo di Gheddafi è stata montata - nel giardino della blindatissima residenza dell'ambasciatore libico a Roma - anche la tenda che accompagna il Colonnello in tutti i suoi viaggi. Di colore bianco, la tenda è di dimensioni ridotte rispetto a quella grigio-verde che fu allestita nel 2009.

Due gli appuntamenti ufficiali che completeranno la giornata di Gheddafi. Alle 17 il leader libico visiterà insieme al premier Berlusconi una mostra fotografica all'Accademia libica. In serata partiranno i festeggiamenti per l'anniversario del Trattato di amicizia, con lo spettacolo equestre dei 30 cavalli berberi e il Carosello dei Carabinieri alla caserma Salvo D'Acquisto. Poi i circa 800 invitati si ritroveranno

per la cena o Iftar - il pasto che spezza il digiuno imposto ai musulmani dal mese di Ramadan - offerta da Berlusconi al leader libico.

La polemica. Non si spengono intanto le polemiche politiche sulla visita del leader libico. Nonostante lo stesso Berlusconi avesse definito solo "folklore" le uscite di Gheddafi 2, oggi si registra un fuoco incrociato da ambienti "finiani". La fondazione "Farefuturo", vicina al presidente della Camera paragona l'Italia alla Disneyland del Colonnello. "Se l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi", si legge sul sito della fondazione", la ragione è purtroppo politica. Nelle passeggiate romane il rais libico esibisce la sua amicizia con il premier, la sua paradossale centralità nella politica internazionale" dell'Italia, "che è progressivamente passata dall’atlantismo all’agnosticismo, dalle suggestioni neo-con alla logica commerciale, per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione". E "visto che Gheddafi paga, le sue diventano anche le 'nostre' ragioni e la sua politica la 'nostra'".

Sulla stessa linea anche Generazione Italia, l'associazione vicina a Italo Bocchino. "Vi immaginate Gheddafi che va a Parigi o a Berlino e organizza un incontro con 500 hostess per dir loro 'diventate musulmane'? Noi no. E non a caso Gheddafi certe pagliacciate - è il termine giusto - le viene a fare a Roma, non a Parigi o a Berlino". Lo scrive il direttore dell'associazione, Gianmario Mariniello.

Anche Carmelo Briguglio, deputato di Fli, esprime perplessità: "Queste visite di Gheddafi da un lato aumentano le distanze tra il governo italiano e i nostri tradizionali alleati, Stati Uniti in testa, e dall'altro creano con la S.Sede e con le gerarchie cattoliche problemi e malumori di cui nessuno sentiva il bisogno".

(30 agosto 2010)

 

 

La predica irrita i cattolici del Pdl

Ma il Cavaliere: "E' solo folklore"

Alta tensione nel governo per le uscite stravaganti del leader libico. In subbuglio l'ala cattolica, in imbarazzo gli altri, a partire dai leghisti. Ma visti gli interessi economici in ballo, la parola d'ordine di Berlusconi è "non alzare polveroni"

di FRANCESCO BEI

La predica irrita i cattolici del Pdl Ma il Cavaliere: "E' solo folklore" Gheddafi a Roma

passeggia in piazza Navona

ROMA - Alta tensione nel governo per le uscite stravaganti della Guida libica 1. In subbuglio l'ala cattolica, in imbarazzo gli altri, a partire dai leghisti. Ma visti gli interessi economici in ballo, la parola d'ordine del Cavaliere è "non alzare polveroni". "Le cose serie sono altre, lasciamo perdere il folklore". Ma è evidente che tutti si augurano che il "gradito ospite" se ne riparta senza far troppi danni il prima possibile. Lo stesso Berlusconi, che questa sera offrirà al Colonnello una cena insieme ad altri 800 invitati, ieri si è tenuto lontano dalla Capitale, lasciando che fosse il ministro Franco Frattini ad accollarsi l'arrivo di Gheddafi a Ciampino.

La linea di palazzo Chigi è dunque quella di minimizzare le frasi provocatorie del dittatore libico, cercando di spostare l'attenzione sui vantaggi per l'Italia di una visita comunque difficile da gestire dal punto di vista mediatico. "Le commesse che il governo ha concordato con i libici - spiegano nel governo - hanno aiutato le imprese italiane a fronteggiare la crisi. Gli italiani questo lo capiscono benissimo". Quanto agli eccessi dello scorso anno, gli uomini del premier sono certi che stavolta sarà tutto molto più sobrio: "L'anno scorso si chiudeva un rapporto storico, veniva archiviato il passato coloniale. Un'operazione enorme, che neppure la Francia ha fatto con l'Algeria. E Gheddafi colse l'occasione per calcare un po' i toni, rivolto all'opinione pubblica dei paesi arabi e ai libici che lo seguivano dalla tv a casa. Stavolta è diverso, inoltre la parte ufficiale della visita durerà solo un giorno". C'è tuttavia anche la possibilità che questa sera Gheddafi inviti a sorpresa Berlusconi alle celebrazioni del primo settembre a Tripoli, per l'anniversario della "rivoluzione" (il colpo di stato militare) che rovesciò re Idris. A quel punto il premier non potrebbe sottrarsi, specie se l'invito sarà formulato in pubblico.

Ma la curvatura "islamica" che il Colonnello ha voluto dare alla sua visita mette a disagio i cattolici e rischia di creare qualche tensione con il Vaticano. Un rapporto, quello tra il governo e la Chiesa, che Gianni Letta cura da vicino, tanto da aver partecipato alla "Perdonanza" all'Aquila nonostante le contestazioni annunciate dei terremotati. Dal caso "Boffo" dello scorso anno quel fronte è sempre in cima alle preoccupazioni di palazzo Chigi e la predicazione coranica del Colonnello, nel cuore della città di San Pietro, scopre un nervo sensibile. Di fatti, nonostante la consegna del silenzio, gli esponenti del Pdl più vicini al mondo cattolico scalpitano. "Quello che più mi preoccupa - spiega Maurizio Lupi, reduce dal Meeting di Cl - è che ci stiamo abituando a questi show di Gheddafi, tanto che queste stupidaggini sull'Islam passano quasi in secondo piano. Bisognerebbe ricordargli che proprio la generosa accoglienza nei suoi confronti testimonia tutta la grandezza della cultura cristiana che è alla base dell'identità europea". Insomma, conclude il vicepresidente della Camera, "Gheddafi può dire quello che vuole, il governo non è in imbarazzo. Ma noi però possiamo anche giudicarlo e sarebbe bene che le sue prediche le andasse a fare da un'altra parte". Anche il sottosegretario Carlo Giovanardi mastica amaro: "Mentre Gheddafi può venire a dire a Roma quello che vuole, il Papa non può andare a Tripoli o in Arabia Saudita a fare altrettanto. È sgradevole". Giovanardi tuttavia fa una tara sulle uscite "folkloristiche" del leader libico: "Ha atteggiamenti stravaganti, ma anche il nostro benamato presidente Cossiga diceva ogni tanto cose che scandalizzavano".

C'è infine il problema della Lega Nord. Il corpaccione del Carroccio vorrebbe reagire e, come al solito, è il sulfureo Borghezio a dare voce al sentimento prevalente nella base lumbard. Se per Roberto Calderoli, visto il tragico precedente della t-shirt con le vignette su Maometto, il silenzio è comprensibile, a consigliare prudenza agli alti papaveri del Carroccio è invece la questione immigrazione. "Grazie ai libici - spiega una fonte - Maroni ha potuto bloccare gli sbarchi dei clandestini sulle coste italiane. Se li facciano arrabbiare quelli aprono i campi e si ricomincia con i gommoni nel canale di Sicilia". Insomma, la realpolitik, per una volta, impone anche ai leghisti di baciare il rospo e augurarsi che riparta in fretta.

(30 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-29

Gheddafi show nella capitale

"Islam diventi religione Europa"

L'arrivo del Colonnello per celebrare l'anniversario della firma del trattato di amicizia con l'Italia. Centinaia di ragazze ad attenderlo nella residenza dell'ambasciatore per la lezione di Corano. Tre si convertono, due se ne vanno stizzite: "Non ci hanno pagato". Per il leader libico un calendario fitto di appuntamenti privati

Gheddafi show nella capitale "Islam diventi religione Europa" L'arrivo di Gheddafi, accolto dal ministro degli Esteri Franco Frattini

ROMA - Dopo una serie di cambi di programma, il colonnello Gheddafi è arrivato a Roma per celebrare il secondo anniversario della firma del trattato di amicizia fra Italia e Libia. Sempre imprevedibile, Gheddafi è atterrato a Ciampino dopo le 13. L'arrivo a Roma era stato inizialmente annunciato per questa sera, poi anticipato a ieri e infine fissato per oggi.

Gheddafi è sceso dall'aereo scortato da due amazzoni. Vestito con un abito tradizionale libico, è stato accolto dal picchetto d'onore, dal ministro degli Esteri, Franco Frattini e dall'ambasciatore libico Hafed Gadur. Il colonnello è stato chiamato dai tanti giornalisti e fotografi presenti sulla pista d'atterraggio e si è girato salutando. Poi, a bordo della sua tradizionale limousine bianca, ha raggiunto la residenza dell'ambasciatore libico, in zona Cassia, dove stavolta è stata piantata la sua inseparabile tenda e dove sarà ospitato durante i due giorni di visita a Roma.

Lezione di Corano alle hostess. Ad attendere il suo arrivo nella residenza dell'ambasciatore centinaia di ragazze, reclutate dall'agenzia Hostessweb. Alla fine saranno quasi 500. Eleganti, multietniche, alcune vestite anche con il caratteristico velo islamico, le hostess si sono raggruppate all'Accademia libica intorno alle 12.30. "Ci hanno dato pochissime istruzioni" ha ammesso una delle ragazze. Un'altra ha fatto sapere che la giornata che le hostess passeranno con Gheddafi "non è retribuita". Un fatto che ha provocato qualche malumore. La volta scorsa, nel novembre scorso, ciascuna di loro aveva percepito un 'gettone' di 50 euro.

Il Colonnello ha tenuto una lezione di Corano a tutte le presenti. Un incontro che sarà replicato domani. "L'Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l'Europa". E' una delle frasi pronunciate dal Colonnello, a quanto racconta una delle ragazze, Erika, uscendo dall'Accademia libica. Per tutte in regalo una copia del Corano. "E' stato molto pacato e tranquillo ci ha regalato una copia del Corano", ha riferito un'altra delle hostess.

Il leader libico ha invitato le fanciulle presenti a "convertirsi e seguire 'l'ultimo dei profetì", ovvero Maometto. Tre delle ragazze, secondo il racconto di una delle presenti, si sono in effetti convertite di fronte al colonnello.

Con una sorta di "rito veloce", Gheddafi ha 'suggellato' la loro scelta.

Un'altra hostess, Tiziana, ha raccontato che il buffet non presentava alimenti a base di carne. Un buffet tutto italiano: pizza, tramezzini. "E' stata una cerimonia molto formale, organizzata meglio del novembre scorso". La ragazza ha poi riferito che nel corso della cerimonia "sono state rispettate tutte le nostre abitudini. E Gheddafi ha più volte sottolineato che la donna è libera, anche in Libia, dove può accedere a qualsiasi professione".

Una parte delle hostess era già stata nella residenza dell'ambasciatore libico per incontrare il colonnello a novembre, quando Gheddafi, per due serate consecutive, ospitò circa 150 ragazze 1della medesima agenzia.

Non è tutto però è andato per il verso giusto. Due delle hostess reclutate per l'evento hanno lasciato l'Accademia libica prima dell'incontro con il Colonnello. Scure in volto, non hanno voluto spiegare il motivo ai giornalisti assiepati fuori dal cancello. "Noi non siamo nessuno", hanno detto. E alla domanda se fosse stata una "brutta esperienza", hanno risposto: "Lasciamo perdere". La tensione nel gruppo era già emersa prima dell'ingresso in accademia, quando alcune hostess e un coordinatore avevano avuto un acceso diverbio.

Dopo i saluti da cerimoniale, per il leader libico sono previste oltre 24 ore di appuntamenti privati: fino cioè alle 17 di domani, quando si terrà il primo evento ufficiale della visita, il convegno all'Accademia libica su "i rapporti fra Libia e italia", seguito da una mostra fotografica sulla storia del paese nordafricano.

Pochi i dati certi, molte le indiscrezioni sulla prima parte della visita di Gheddafi: dagli incontri riservati con big della finanza e dell'industria italiani (è circolato ad esempio il nome del numero uno dell'Eni Paolo Scaroni, ma non ci sono conferme) alle passeggiate "spontanee" e caffè nel centro di Roma e forse perfino a nuovi "seminari" sull'Islam da impartire a ragazze italiane, simili a quelli dell'anno scorso che destarono un certo scalpore.

Anche in questa visita il leader libico porterà con sé la sua scorta di amazzoni e l'immancabile tenda beduina. Al seguito del raiss ci saranno poi 30 cavalli arabi con altrettanti cavalieri che arriveranno con un volo speciale a fiumicino: domani sera, alle 21, si esibiranno nel corso delle celebrazioni previste alla caserma Salvo D'Acquisto, alla presenza del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. I purosangue saranno ospitati nelle scuderie del IV reggimento dei carabinieri a cavallo fino al loro ritorno in patria. Lo spettacolo dovrebbe cominciare con alcuni cavalieri libici e proseguirà con il celeberrimo carosello dei carabinieri, che andrà in scena proprio in onore del leader libico e vedrà la partecipazione di circa 130 cavalli e cavalieri dell'arma, due squadroni e una fanfara. Ultimo atto sarà la cena di domani in caserma offerta dal premier italiano, e un ricevimento con 800 invitati.

(29 agosto 2010)

 

 

 

Gheddafi show nella capitale

"Islam diventi religione Europa"

L'arrivo del Colonnello per celebrare l'anniversario della firma del trattato di amicizia con l'Italia. Centinaia di ragazze ad attenderlo nella residenza dell'ambasciatore per la lezione di Corano. Tre si convertono, due se ne vanno stizzite: "Non ci hanno pagato". Per il leader libico un calendario fitto di appuntamenti privati

Gheddafi show nella capitale "Islam diventi religione Europa" L'arrivo di Gheddafi, accolto dal ministro degli Esteri Franco Frattini

ROMA - Dopo una serie di cambi di programma, il colonnello Gheddafi è arrivato a Roma per celebrare il secondo anniversario della firma del trattato di amicizia fra Italia e Libia. Sempre imprevedibile, Gheddafi è atterrato a Ciampino dopo le 13. L'arrivo a Roma era stato inizialmente annunciato per questa sera, poi anticipato a ieri e infine fissato per oggi.

Gheddafi è sceso dall'aereo scortato da due amazzoni. Vestito con un abito tradizionale libico, è stato accolto dal picchetto d'onore, dal ministro degli Esteri, Franco Frattini e dall'ambasciatore libico Hafed Gadur. Il colonnello è stato chiamato dai tanti giornalisti e fotografi presenti sulla pista d'atterraggio e si è girato salutando. Poi, a bordo della sua tradizionale limousine bianca, ha raggiunto la residenza dell'ambasciatore libico, in zona Cassia, dove stavolta è stata piantata la sua inseparabile tenda e dove sarà ospitato durante i due giorni di visita a Roma.

Lezione di Corano alle hostess. Ad attendere il suo arrivo nella residenza dell'ambasciatore centinaia di ragazze, reclutate dall'agenzia Hostessweb. Alla fine saranno quasi 500. Eleganti, multietniche, alcune vestite anche con il caratteristico velo islamico, le hostess si sono raggruppate all'Accademia libica intorno alle 12.30. "Ci hanno dato pochissime istruzioni" ha ammesso una delle ragazze. Un'altra ha fatto sapere che la giornata che le hostess passeranno con Gheddafi "non è retribuita". Un fatto che ha provocato qualche malumore. La volta scorsa, nel novembre scorso, ciascuna di loro aveva percepito un 'gettone' di 50 euro.

Il Colonnello ha tenuto una lezione di Corano a tutte le presenti. Un incontro che sarà replicato domani. "L'Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l'Europa". E' una delle frasi pronunciate dal Colonnello, a quanto racconta una delle ragazze, Erika, uscendo dall'Accademia libica. Per tutte in regalo una copia del Corano. "E' stato molto pacato e tranquillo ci ha regalato una copia del Corano", ha riferito un'altra delle hostess.

Il leader libico ha invitato le fanciulle presenti a "convertirsi e seguire 'l'ultimo dei profetì", ovvero Maometto. Tre delle ragazze, secondo il racconto di una delle presenti, si sono in effetti convertite di fronte al colonnello.

Con una sorta di "rito veloce", Gheddafi ha 'suggellato' la loro scelta.

Un'altra hostess, Tiziana, ha raccontato che il buffet non presentava alimenti a base di carne. Un buffet tutto italiano: pizza, tramezzini. "E' stata una cerimonia molto formale, organizzata meglio del novembre scorso". La ragazza ha poi riferito che nel corso della cerimonia "sono state rispettate tutte le nostre abitudini. E Gheddafi ha più volte sottolineato che la donna è libera, anche in Libia, dove può accedere a qualsiasi professione".

Una parte delle hostess era già stata nella residenza dell'ambasciatore libico per incontrare il colonnello a novembre, quando Gheddafi, per due serate consecutive, ospitò circa 150 ragazze 1della medesima agenzia.

Non è tutto però è andato per il verso giusto. Due delle hostess reclutate per l'evento hanno lasciato l'Accademia libica prima dell'incontro con il Colonnello. Scure in volto, non hanno voluto spiegare il motivo ai giornalisti assiepati fuori dal cancello. "Noi non siamo nessuno", hanno detto. E alla domanda se fosse stata una "brutta esperienza", hanno risposto: "Lasciamo perdere". La tensione nel gruppo era già emersa prima dell'ingresso in accademia, quando alcune hostess e un coordinatore avevano avuto un acceso diverbio.

Dopo i saluti da cerimoniale, per il leader libico sono previste oltre 24 ore di appuntamenti privati: fino cioè alle 17 di domani, quando si terrà il primo evento ufficiale della visita, il convegno all'Accademia libica su "i rapporti fra Libia e italia", seguito da una mostra fotografica sulla storia del paese nordafricano.

Pochi i dati certi, molte le indiscrezioni sulla prima parte della visita di Gheddafi: dagli incontri riservati con big della finanza e dell'industria italiani (è circolato ad esempio il nome del numero uno dell'Eni Paolo Scaroni, ma non ci sono conferme) alle passeggiate "spontanee" e caffè nel centro di Roma e forse perfino a nuovi "seminari" sull'Islam da impartire a ragazze italiane, simili a quelli dell'anno scorso che destarono un certo scalpore.

Anche in questa visita il leader libico porterà con sé la sua scorta di amazzoni e l'immancabile tenda beduina. Al seguito del raiss ci saranno poi 30 cavalli arabi con altrettanti cavalieri che arriveranno con un volo speciale a fiumicino: domani sera, alle 21, si esibiranno nel corso delle celebrazioni previste alla caserma Salvo D'Acquisto, alla presenza del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. I purosangue saranno ospitati nelle scuderie del IV reggimento dei carabinieri a cavallo fino al loro ritorno in patria. Lo spettacolo dovrebbe cominciare con alcuni cavalieri libici e proseguirà con il celeberrimo carosello dei carabinieri, che andrà in scena proprio in onore del leader libico e vedrà la partecipazione di circa 130 cavalli e cavalieri dell'arma, due squadroni e una fanfara. Ultimo atto sarà la cena di domani in caserma offerta dal premier italiano, e un ricevimento con 800 invitati.

(29 agosto 2010)

 

L'UNITA'

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.unita.it/

2010-09-17

La GdF: su motovedetta libica nessuna arma italiana

S'infittisce il giallo del peschereggio Ariete, mitragliato da una motovedetta libica. Le motovedette libiche che hanno sparato al motopeschereccio Ariete erano dall'Italia "sono state cedute alla Guardia Costiera libica prive di qualsiasi armamento fisso e/o portatile", ha precisato stasera in una nota la Guardia di Finanza, sottolineando così che "i colpi esplosi in direzione del peschereccio italiano provenivano da armi portatili di bordo, non montate su supporto fisso, di proprietà della Guardia Costiera libica". Le motovedette, dice la GdF, erano "originariamente dotate di armamento navale di tipo mitragliera Breda calibro 30mm".

Intanto, dalla Libia è arrivata la notizia che il comandante della motovedetta sarebbe stato sospeso dal servizio 1 e messo sotto inchiesta. In serata è stato interrogato insieme con tutto l'equipaggio.

16 settembre 2010

 

 

 

2010-09-14

"Governo inerte con Libia" Vescovo della Cei attacca sul peschereccio

E' durissimo l'attacco del vescovo di Mazaro del Vallo a Palazzo Chigi, ovvero su come si è comportato sull'attacco al peschereccio italiano. "Assistiamo a una vera e propria inerzia del governo italiano": così dice monsignor Domenico Mogavero, presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici, commenta la vicenda del motopeschereccio siciliano bersagliato dai colpi di una motovedetta libica. "Quello che preoccupa molto è che non ci sia nessuna iniziativa politica che metta mano quanto meno ad affrontare la questione della competenza circa le acque del Mediterraneo. Noi siamo molto preoccupati - aggiunge - per la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone".

"La Libia si è scusata per quello che è successo". Il ministro dell'Interno Roberto Maroni va addirittura in tv per smorzare le polemiche sul peschereccio di Mazara del Vallo mitragliato da una motovedetta libica con a bordo anche militari italiani. "Evidentemente – cerca di giustificarsi Maroni - c'è stato un errore di interpretazione, posso immaginare che abbiano scambiato il peschereccio, come avviene ogni tanto, per una barca che non fermandosi all'alt immaginavano potesse avere a bordo dei clandestini o cose del genere. Posso solo immaginarlo perché non abbiamo ancora tutte le informazioni: ho aperto un'inchiesta per accertare quello che è avvenuto, appena avrò le informazioni saremo in grado di valutare e ovviamente di evitare che in futuro si ripetano episodi del genere".

Ma queste parole stupiscono e fanno arrabbiare chi si è visto sparare addosso, ovvero il capitano del peschereccio "Ariete", Gaspare Marrone. Saputo cosa ha detto il ministro si sente "arrabbiato" e "molto sorpreso": "Non so perché il ministro dica questo, ma tutto si può affermare tranne che sia stato un incidente. Né è possibile sostenere che ci abbiano scambiati per immigrati, per clandestini. Era evidente chi fossimo: pescatori italiani. Glielo avevo detto prima dell'attacco. Erano dunque informati. Eppure ci hanno sparato ad altezza d'uomo, hanno sparato per colpirci e potevano ucciderci. Lo ripeto: siamo vivi per puro miracolo. Questa storia non sta in piedi".

"La motovedetta - ricorda baldanzoso in tv a Mattino5, su Canale5, il ministro leghista - fa parte del gruppo di 6 consegnate alle autorità libiche sulla base di un accordo contro l'immigrazione clandestina stipulato dal mio predecessore, il ministro Amato, che ovviamente devono essere utilizzate per contrastare l'immigrazione clandestina: a bordo ci sono dei militari italiani che per un certo periodo di tempo limitato servono per dare assistenza tecnica e manovrare le motovedette, ma non hanno funzioni di equipaggio". Si tratta di un "dispositivo in atto da un anno e mezzo circa", un dispositivo che "funziona e bene visto che gli sbarchi a Lampedusa sono cessati" ma "ovviamente quello che è successo ieri non è un fatto che doveva accadere".

Il rapporto dei militari italiani a bordo della motovedetta? "L'abbiamo ricevuto ieri – balbetta il ministro - loro non sono stati coinvolti nelle operazioni ovviamente perché sono, come detto, tecnici che si occupano della manutenzione, sono lì per addestrare i libici e non sono parte dell'equipaggio: oggi faremo una riunione al ministero per verificare esattamente quello che è avvenuto, siamo in contatto con le autorità libiche con cui c'è un'ottima collaborazione da tutti i punti di vista". "La mia opinione - taglia corto Maroni - è che si sia trattato di un incidente, grave ma appunto un incidente, studieremo le misure perché in futuro ciò non accada più".

In realtà, dopo le raffiche di mitra di domenica sera, la procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta e da Tripoli si è espresso solo un "rammarico", nominando anche un comitato d'inchiesta. Furioso il ministro Frattini che ha affermato senza mezzi termini che le "regole d'ingaggio" sui pattugliamenti congiunti "vanno chiarite e integrate". Le opposizioni hanno chiesto al governo di riferire in Aula.

Anche perché il capitano, oggi in mattinata, svela un altro dettaglio inquietante: "Se avessimo saputo che c'erano militari italiani ci saremmo fermati, senza tentare la fuga per evitare il sequestro e l'arresto. Invece, la voce che mi ha risposto in perfetto italiano, in quanto evidentemente apparteneva a un italiano, ha negato di esserlo, affermando di essere un libico". Al che viene da domandare: perché?

14 settembre 2010

 

 

 

 

2010-09-13

Militari italiani sulla nave libica che ha sparato al peschereccio

Colpo di scena nella vicenda del peschereccio di Mazara del Vallo (Trapani) assalito dai libici in mare. A bordo dell'imbarcazione che ha sparato c'erano militari italiani: la motovedetta appartiene infatti alla Guardia di Finanza ed è una delle navi consegnate dal governo italiano a Tripoli per combattere l'immigrazione clandestina. Il comandante racconta: ci hanno inseguito, è stata una notte di terrore.

Il peschereccio di Mazara del Vallo (Trapani), l'Ariete (nella foto), è stato bersaglio ieri sera di alcuni colpi di mitra. Ha sparato una motovedetta libica, dopo aver intimato lo stop all'imbarcazione. L'equipaggio, che non è stato ferito, è riuscito a sfuggire e a proseguire la navigazione verso Lampedusa (Agrigento).

Il comandante racconta: "Al momento in cui è avvenuto il tentativo di abbordaggio eravamo in navigazione e non stavamo pescando. Non avevano alcun diritto di fermarci", dichiara all'Ansa il comandante dell'"Ariete" Gaspare Marrone. Il capitano, che ha già ripreso il mare con i dieci uomini d'equipaggio per proseguire la battuta di pesca nel Canale di Sicilia, ricostruisce i momenti convulsi dell'assalto, avvenuto ieri sera intorno a circa 30 miglia dalle coste libiche: "Ci hanno intimato di fermarci - racconta - ma io, sapendo quello che ci aspettava, ho preferito proseguire spingendo i motori al massimo. A questo punto hanno aperto il fuoco, continuando a sparare a intervalli di circa un quarto d'ora venti minuti". Il suo è racconto di chi ha la sensazione d'averla scampata bella: "È stato un inferno: i proiettili rimbalzavano dal ponte fino alla sala macchine. Il mio rimore era che colpissero qualcuno dell'equipaggio, per questo ci siamo messi tutti a terra. Ci hanno inseguito fin quasi dentro le nostre acque territoriali. Solo all'alba, quando eravamo in vista di Lampedusa, ci siamo sentiti in salvo".

Un marinaio ha avuto l'impressione che motovedetta fosse una di quelle consegnate a Tripoli dall'Italia:"Non posso esserne certo - spiega il comandante - ma era del tutto simile a quelle utilizzate dalla nostra Guardia di Finanza e dalla Capitaneria di Porto". Quel marinaio pare abbia visto giusto. Le sei motovedette battono bandiera libica e apparengono a Tripoli. I militari italiani a bordo sarebbero finanzieri: l'accordo prevede infatti che per un periodo siano a borso come osservatori e consulenti tecnici.

13 settembre 2010

 

 

 

 

2010-09-03

Gheddafi e le hostess proletarie

di Nadia Urbinatitutti gli articoli dell'autore

Caro direttore, c’è qualcosa di sano, di straordinariamente sano nelle risposte delle hostess proletarie che hanno recitato la parte del pubblico nello show di Gheddafi nella Roma berlusconiana: la paga giornaliera è una cosa seria, le stupidaggini dei politici clown sono un pretesto. Sfogliando il Libro verde della rivoluzione libica ricevuto insieme al Corano come gadget della parata, una ragazza (che doveva premunirsi di restare anonima per non perdere il salario) ha cosí commentato, secondo le parole riportate dal giornalista di Repubblica: "Siamo qui per soldi, per noi è solo un lavoro". È un lavoro fare platea, anche perché se non fosse per il compenso alle spettatrici, il nuovo profeta islamico non avrebbe avuto pubblico. Il pubblico lo si deve in qualche modo risarcire, e se non è la rappresentazione che vale da risarcimento allora occorre pagare.

A preoccuparsi debbono essere i cittadini italiani, dobbiamo essere noi: poiché la politica nel nostro paese ha generato nuove professioni, agenzie che fanno affari con lo spettacolo politico e i suoi attori. Questo è grave, e le ragazze in fila per la "giornata" ce lo ricordano con limpida semplicità. E lo fanno con straordinario disincanto: poiché non sono lí per essere convertite, anche se al tiranno libico conviene essere visto in questa veste (ecco perché la condizione per essere selezionate è stata il silenzio stampa!), ma per fingere di poter essere oggetto di conversione: le tre presunte convertite pare abbiamo ricevuto un extra. Tutto finto, come l’ottone quando viene esposto per ingannare chi lo guarda ed essere scambiato per oro. Sono loro, quelle ragazze, con il loro ragionare economico spiccio e diretto, con la loro curiosità un po’ troppo da Canale 5 che ce lo fanno capire bene. Ci fanno capire che la parata libica è stata un espediente per affari altri da quelli mostrati alle televisioni.

Ci fanno naturalmente porre la domanda che noi, come cittadini/e, dobbiamo e siamo legittimati a porre a chi ci governa: sul conto di chi è stato messo lo show per il leader libico? Insomma, chi ha pagato le hostess a giornata? E poi, quali sono esattamente gli affari succulenti che sono stati siglati con la scusa del circo - poiché soltanto questo ha attirato l’attenzione dei media? Per il bene di chi si è messo in scena uno spettacolo del quale c’è da vergognarsi di fronte a tutte le nazioni del mondo, e soprattutto a quelle politicamente e culturalmente più vicine a noi? Anche perché è davvero imbarazzante vedere come Berlusconi sia l’unico nei paesi democratici a dirsi e comportarsi come amico dei dittatori e degli autocrati: di quello della Bieolorussia, della Russia e della Libia. A chi giova questa sua amicizia privata? Giova alla nostra nazione? Giova alla nostra economia e agli impegni politici che il nostro Stato ha solennemente preso per difendere i diritti umani e operare per promuoverli?

C’è dunque una ragione fondata per restare allibiti/e nel vedere che le ragazze italiane hanno messo nella lista delle possibili (e sempre più necessarie) attività saltuarie quella di apparire alle feste organizzate dalla politica di Stato. Quando ero universitaria, le mie coetanee racimolavano qualche soldo facendo le stagiste nelle fiere (Bologna, città fieristica, era un buon mercato per molte). Per noi ragazze "impegnate" quella scelta era disdicevole, ma non dichiaravano ostracismo per quelle di noi che avevano bisogno di raccogliere qualche soldo e si mettevano la divisa di stagiste. Cosí oggi non dovremmo penalizzare quelle ragazze hostess del circo Gheddafi-Berlusconi. Però oggi, c’è di diverso e davvero gravissimo che i capi di Stato (per giunta quelli di un paese democratico) si sentano autorizzati a fare dello spazio pubblico una fiera, di aver bisogno di stagiste per offrire all’ospite di turno ciò che chiede. Oggi le ragazze da convertire al Corano, e domani? E com’è possibile che la Farnesina acconsenta di fare tanti strappi al protocollo delle cerimonie ufficiali?

Ciò che è diverso rispetto ai tempi andati è che la politica si faccia essa stessa fiera, che si faccia piazza per affari - grandi e piccoli - che i cittadini e le cittadine abbiano appreso che c’è un nuovo tipo di bracciantato, al quale si sottomettono senza nemmeno chiedersi per quali piani sono prestatori d’opera, al di là di quelli fasulli nei quali essi sono i primi a non credere. Di diverso c’è che queste agenzie assoldino e paghino (con il contributo di chi?) a patto che le ragazze non parlino con i giornalisti - ma non era questa "fiera" libica un evento promosso sotto l’egida dello Stato? Com’è possibile che per poter fare un servizio che è a tutti gli effetti pubblico le ragazze siano state invitate a non parlare con il pubblico? È questo permanente privatismo dello spazio pubblico che disturba, inquieta e deve, giustamente, fare rabbrividire. Ed è grazie alle hostess alla giornata che vediamo meglio questo disgustoso spettacolo. Ma perché l’opposizione non incalza con un’interpellanza parlamentare per porre queste domande al governo a nome nostro, di noi cittadini attoniti?

02 settembre 2010

 

 

 

Frattini, piazzista di Tripoli: porta in Europa il ricatto libico

di Umberto De Giovannangelitutti gli articoli dell'autore

Dalla diplomazia degli affari a quella del ricatto. Un Paese trasformato nell’"Ambasciata di Libia" in Europa. È l’Italia del Cavaliere. Non è folklore. È farsi carico del "ricatto" del Colonnello all’Ue. Muammar Gheddafi ha concluso ieri la sua visita-show a Roma affidando un incarico pressante all’"amico Silvio": farsi parte attiva con l’Europa perché sia sancito il ruolo della Libia come Gendarme del Mediterraneo. Il raìs ha fissato anche il prezzo: 5 miliardi di euro all’anno. FRANCO IN CAMPO L'Italia - aveva affermato Gheddafi l’altra notte dal palco della caserma "Salvo D’Acquisto" - deve convincere i suoi alleati ad accettare la proposta libica". perché, secondo il Colonnello, c'è il rischio che l'Europa, davanti a milioni di immigrati che dall'Africa attraversano il Mediterraneo, "potrebbe diventare nera, così come", in passato, "popolazioni provenienti dall'Asia" si sono stanziate nel vecchio continente. La Libia, aveva aggiunto il Rais-Gendarme, "è l'ingresso dell'immigrazione non gradita" e, senza un contrasto efficace, "non possiamo sapere cosa accadrà. Contrastare l'immigrazione clandestina è un'opera grande per l'Europa e per tutta l'Africa. Bisogna fermarla sulle frontiere libiche", aveva concluso Gheddafi. Il mandato è chiaro: farsi piazzisti in Europa del "modello" Italia-Libia. Inteso nella versione osannata dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni: repressione e impedimenti. Gestiti dalla Libia. Pagati dall’Italia. E, Gheddafi docet, in un futuro che deve farsi presente, dall’Europa. Con l’eccezione della Francia del "Respingitore" Sarkozy, l’Europa ha assistito con imbarazzo e sconcerto alla "colonizzazione" libica del Belpaese. IRRITAZIONE E IMBARAZZO Si spiega così l’irata uscita di Frattini: Attorno alla visita di Gheddafi a Roma "c'è molta speculazione politica misera ai danni dell'Italia", tuona il ministro degli Esteri, a margine di un incontro alla University of Washington a Roma. "Abbiamo visto sulla stampa internazionale grande enfasi sugli affari, sull'aumento dei rapporti economici italo-libici, e questo - sottolinea il titolare della Farnesina - viene fatto legittimamente dai nostri competitor, cioè quelli che gli affari vorrebbero farli loro al posto dell'Italia".

01 settembre 2010

 

 

 

Il vero debitore è Bossi

di Giovanni Maria Bellututti gli articoli dell'autore

La minaccia della "invasione africana" è da anni una delle armi preferite da Gheddafi. Prima dell’accordo sui respingimenti, l’intensità dei flussi verso Lampedusa indicava con precisione lo stato dei nostri rapporti con la Libia. Se l’Italia gli appariva esitante o dubbiosa rispetto a qualche sua pretesa, il colonnello apriva il rubinetto. Se le nostre risposte lo soddisfacevano, lo chiudeva. E i suoi uomini a Roma gli inviavano relazioni sul prodigioso effetto che quella semplice operazione idraulica produceva da noi. E le rassegne stampa con quei titoloni su "emergenze", "assalti" e invasioni".

Eppure le cifre erano modeste: ogni anno 15-20.000 arrivi via mare. Meno del 10 per cento del totale degli ingressi irregolari. Ma una percentuale molto elevata del totale dei richiedenti asilo. Perché circa la metà delle donne e degli uomini che arrivavano a Lampedusa poi otteneva l’asilo politico o la protezione umanitaria. Nel 2008, anno in cui Gheddafi tenne i rubinetti quasi sempre aperti, si arrivò a 38.000. Ma da noi le parole di Gheddafi sono più forti dell’aritmetica. Il colonnello per dar corpo alle sue minacce periodicamente fa sapere che la Libia ospita "milioni di immigrati". Forse fu per questo che nel 2004 il governo parlò di "due milioni di africani pronti a partire per l’Italia". Informazione del tutto infondata che ebbe il solo effetto di accrescere la paura, il potere di ricatto della Libia e anche i voti della Lega Nord. Quei 5 miliardi Gheddafi avrebbe fatto meglio a chiederli a Umberto Bossi.

01 settembre 2010

 

 

 

Gelo in Europa, il "circo" italiano mette a rischio il negoziato con Tripoli

di Marco Mongiellotutti gli articoli dell'autore

L’Unione europea non può essere ricattata dalla Libia sulla questione dell’immigrazione e l’Italia non può diventare il portavoce di questo ricatto. A dirlo ad alta voce è stato il capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, David Sassoli, ma a Bruxelles sono in molti a condividere la preoccupazione per l’atteggiamento del governo italiano nei confronti di Tripoli. La Commissione Ue si è trincerata dietro un diplomatico "no comment" sulla richiesta del leader libico, Muammar Gheddafi, di cinque miliardi di euro all’anno per fermare l’ondata migratoria africana verso l’Europa. Né sono state commentate le ancora più preoccupanti parole del ministro degli Esteri Frattini che, dimenticandosi di essere stato commissario europeo, ha difeso le ragioni del Colonnello spiegando che la questione sarà affrontata in sede Ue e che in fondo quello del dittatore libico è "un ragionamento che hanno fatto tutti gli altri leader arabi del Nord Africa". Imbarazzo Matthew Newman, il portavoce del commissario Ue per Giustizia, Diritti fondamentali e Cittadinanza, Viviane Reding, si è limitato a ribadire che l’esecutivo Ue predilige il "dialogo" e che "la cooperazione con le autorità libiche può migliorare, in particolare nella lotta all’immigrazione irregolare". L’apertura incondizionata dell’Italia alla Libia però rischia di far saltare i difficili equilibri del negoziato in corso tra Bruxelles e Tripoli in vista di un accordo di cooperazione da firmare entro l’anno. Risale al 2004 la decisione della Commissione europea di togliere le sanzioni contro la Libia, ma al momento l’Ue e il Paese nordafricano non hanno ancora relazioni diplomatiche formali. Dopo grandi difficoltà il 9 giugno scorso si è arrivati alla firma di un accordo preliminare di cooperazione su settori come economia, sanità, educazione, energia e immigrazione e allo stanziamento di 60 milioni di euro di fondi europei destinati alla Libia per il periodo 2011-2013. Quello con Tripoli è un dialogo "difficile ma necessario", ha riassunto il commissario europeo per gli Affari interni e l’Immigrazione, Cecilia Malmström. Ma "una cosa è mantenere rapporti diplomatici con uno Stato importante per gli equilibri euro-mediterranei come la Libia", ha spiegato Sassoli, "altro è trasformare questi rapporti nel circo a cui abbiamo assistito in questi giorni. L’Europa non può venire umiliata né posta sotto ricatto con l’acquiescenza di chi è alla guida di un Paese che è tra i suoi primi fondatori e che dovrebbe esserne una delle colonne portanti". Parole di critica per come è stata gestita la visita di Gheddafi a Roma sono arrivate anche dagli eurodeputati della maggioranza come Roberta Angelilli, Pdl, e Mario Borghezio, della Lega. Secondo il vicepresidente vicario dell’Europarlamento, Gianni Pittella, la realtà è che "in nome degli affari il governo preferisce chiudere gli occhi senza curarsi del pugno di ferro con cui Gheddafi stringe il suo Paese, delle torture, del trattamento inumano riservato alle donne, agli oppositori e ai migranti".

01 settembre 2010

 

 

 

Figlio di imam: "Gheddafi comprò giudici italiani"

Il leader libico Muammar Gheddafi, avrebbe corrotto i giudici italiani che hanno assolto la Libia da ogni responsabilità nell'oscura vicenda dell'imam sciita libano-iraniano scomparso nel 1978 durante il suo viaggio ufficiale a Tripoli. Lo afferma oggi Sadreddin Sadr, figlio dell'uomo religioso.

In una rara intervista giornalistica all'agenzia nazionale libanese Nna per il 32esimo anniversario della scomparsa dell'imam, Sadr figlio si è rivolto alle autorità giudiziarie di Beirut "perché facciano pressioni su Gheddafi perché la smetta di mentire, lui che ha comprato i giudici italiani, che poi affermarono che mio padre era forse giunto a Roma (da Tripoli)".

In tre decenni in Italia si sono celebrati tre processi sulla vicenda: nell'ultimo, del 2004, i giudici romani hanno stabilito che l'imam possa effettivamente essere arrivato a Roma su un volo Alitalia proveniente da Tripoli.

Di fatto assolto dalla sentenza del 2004, il regime libico dal 1978 è accusato dal Libano di aver rapito, assieme a un giornalista e a un collaboratore libanesi, l'imam, che all'epoca vantava un seguito di oltre due milioni di persone e che svolgeva un ruolo religioso e politico di primo piano nel turbolento scenario libanese e mediorientale. I due primi procedimenti della magistratura italiana, del 1978 e del 1982, avevano invece provato che l'imam e i suoi due compagni non erano mai arrivati in Italia.

 

31 agosto 2010

2010-08-31

Gheddafi: donne in Libia più rispettate che in Occidente

"Il colonnello ha detto che in Libia la donna è più rispettata di quanto si pensi in Occidente. In Libia si preferisce che la donna faccia dei lavori più femminili, ma ciò non significa che non sia libera di scegliere, Per spiegare il colonnello ha fatto l'esempio di una donna che guidi un treno o di una donna minatore: in Libia le donne possono fare questi lavori, ma si preferisce che facciano qualcosa che sia più adatto al loro fisico". Questo è quanto riferisce Elena Racoviciano, una delle 200 hostess convocate oggi per allietare il capo di Stato libico. Che ha incontrato il premier Berlusconi nella tenda da beduino montata nel giardino della residenza dell'ambasciatore libico a Roma. Subito dopo Berlusconi e Gheddafi inaugurano una mostra fotografica nella sede romana dell'Accademia libica. Stando alle agenzie di stampa, i due leader non hanno parlato dello scottante tema dell'immigrazione clandestina né del dramma dei rifugiati in territorio libico.

"Chi non capisce" che l'amicizia fra Libia e Italia è "a vantaggio di tutti, appartiene al passato ed è prigioniero di schemi superati, noi invece vogliamo guardare al futuro". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi, nel corso del suo intervento durante le celebrazioni per il secondo anniversario del trattato di amicizia fra Italia e Libia.

C'è chi contesta il leader libico. "Siamo qui per consegnare la laurea "horroris causa" al colonnello Gheddafi", ha dichiarato il senatore dell'Idv Stefano Pedica, che sta facendo un sit in di protesta, insieme ad un gruppo di manifestanti dell'Italia dei Valori, davanti all'ambasciata libica. E attacca: l'agenzia che ha fornito le hostess al leader libico Muammar Gheddafi "va chiusa perché istiga alla prostituzione. Hanno dato un'idea indegna dell'Italia e delle ragazze".

IL FLASH MOB: SFILANO I LIBRI

Tra le notizie che accompagnano il vertice, le agenzie parlano di un sistema satellitare di controllo delle frontiere terrestri libiche che sarà fornito da Selex sistem di Finmeccanica e di un accordo in via di definizione nel settore militare della Difesa.

"I rapporti bilaterali a questo punto possono solo crescere", ha detto Gheddafi a Berlusconi. Tutte le fonti confermano come la discussione tra i due leader si sia concentrata sui rapporti bilaterali, l'economia e la politica estera. Sempre secondo le agenzie si sta concretizzando anche l'assegnazione degli appalti alle 20 imprese italiane incaricate di costruire la autostrada costiera che da sempre sogna Gheddafi: dovrebbe attraversare la Libia dall'Egitto alla Tunisia e che sarà costruita con i soldi che l'Italia sta girando alla Libia (5 miliardi di dollari in 20 anni) previsti dal Trattato come compensazione dei danni del colonialismo europeo.

Per il flash mob "Un libro per il colonnello", con letture da Sibilla Aleramo, Elsa Morante, Alda Merini, Margherita Hack e altre donne, per una "sfilata di cultura" ben diversa dalla sfilata di ragazze-immagine che piacciono tanto a Gheddafi (e a Berlusconi) (questo il gruppo su Facebook: clicca qui). Parteciperà anche Francesca Fornario portando "Le nostre idee non moriranno quasi mai", di ElleKappa. Una donna italiana che non vuole mai comparire in pubblico, ma che ogni giorno fa sfilare i suoi meravigliosi personaggi, le sue idee, i suoi neuroni.

Il fondatore dell'evento è "Italia Indignata", un collettivo di donne e di uomini - giornalisti, studenti, attori, impiegati, ma anche militanti del Pd, dell'Idc, di Sel, dei Radicali e di Rifondazione - troppo depressi di fronte alle immagini delle hostess pagate per ascoltare i discorsi del leader libico per non reagire. L'appuntamento è alle 20.30 davanti alla Caserma dei Carabinieri Salvo D'Aquisto (a Viale Tor di Quinto 151, vedi mappa) dove ceneranno il leader libico e altri ottocento invitati. "Dopo che abbiamo assistito alla passerella di centinaia di ragazze, convocate da un'agenzia di casting e rigorosamente "giovani, carine e disposte - per 70 euro - ad ascoltare Gheddafi" , abbiamo deciso di lanciare una passerella tutta nostra", dicono gli organizzatori.

Ciascuno potrà portare il libro che sente maggiormente più vicino. Seguiranno reading di strada dove ognuno potrà leggere un passo del libro.

30 agosto 2010

 

 

 

 

 

2010-08-30

Morante, Aleramo, Merini "sfilano" per Gheddafi

di Francesca Fornariotutti gli articoli dell'autore

Visto che a Gheddafi piacciono tanto le passerelle di belle ragazze, gliene offriamo una anche noi. E gratis. Le belle ragazze che sfileranno stasera davanti alla caserma Salvo D'Aquisto, dove Gheddafi è ospite a cena di Berlusconi, si chiamano Elsa Morante, Sibilla Aleramo, Alda Merini, Margherita Hack e tante altre strepitose bellezze, italiane e straniere. Sfileranno nelle mani delle donne e degli uomini che parteciperanno al flash mob "Un libro per il colonnello (questo il gruppo su Facebook: clicca qui). Ognuno di loro stringerà tra le mani un libro scritto da una "bella ragazza", e ne leggerà qualche passo. Una sfilata di cultura, per reagire allo spettacolo offerto da Gheddafi. Parteciperò anche io, e porterò con me "Le nostre idee non moriranno quasi mai", di ElleKappa. Una donna italiana che non vuole mai comparire in pubblico, ma che ogni giorno fa sfilare i suoi meravigliosi personaggi, le sue idee, i suoi neuroni. Sono queste le sfilate che mi mettono il buonumore.

Il fondatore dell'evento è "Italia Indignata", un collettivo di donne e di uomini - giornalisti, studenti, attori, impiegati, ma anche militanti del Pd, dell'Idc, di Sel, dei Radicali e di Rifondazione - troppo depressi di fronte alle immagini delle hostess pagate per ascoltare i discorsi del leader libico per non reagire, facendo sfilare "le belle donne che piacciono a noi". L'appuntamento è alle 20.30 davanti alla Caserma dei Carabinieri Salvo D'Aquisto (a Viale Tor di Quinto 151, vedi mappa) dove ceneranno il leader libico e altri ottocento invitati. "Dopo che abbiamo assistito alla passerella di centinaia di ragazze, convocate da un'agenzia di casting e rigorosamente "giovani, carine e disposte - per 70 euro - ad ascoltare Gheddafi" , abbiamo deciso di lanciare una passerella tutta nostra", dicono gli organizzatori dell'evento. Invitiamo I cittadini, italiani e stranieri di qualsiasi religione e non rimanere fermi a guardare l'avvilente show che Gheddafi e Berlusconi stanno mandando avanti. Faremo sfilare la vera Italia, quella della cultura, della passione, della coscienza civile. Donne e uomini sfileranno con in mano un libro: ciascuno potrà portare il libro che sente maggiormente rappresentativo della propria personalità. Seguiranno reading di strada. Ognuno potrà leggere pubblicamente un passo significativo del libro con cui ha deciso di sfilare.

Sarà un modo per far capire al Colonnello e al Presidente del Consiglio che le donne non sono "oggetti di abbellimento" ma sono esseri dotati di una propria personalità, sensibilità, intelligenza, femminilità e, soprattutto, di una propria ricchezza culturale. Sarà un chiaro messaggio pacifico per rompere un silenzio troppo lungo sullo svilimento della figura femminile in Italia". "Io porterò La visita della vecchia signora di Friedrich Dürrenmatt", dice uno scrittore. "Io il Candido di Voltaire", ribatte una giovane giornalista. "Io 'Una Donna' di Sibilla Aleramo", aggiunge una delle organizzatrici. "Io sono a Londra e non posso essere presente di persona - dice la scrittrice Igiaba Scego - ma avrei tanto voluto esserci. Ho raccolto le storie di rifugiati somali che sono passati dalla Libia. ragazzi giovani, 17 anni, 18 anni, 23 anni. Ho a casa tantissimi CD con le loro voci. In quei CD c'è la loro saggezza e il dolore che hanno provato in Libia. Avrei portato stasera con me la voce di Abubaker, Dolly, Dieci, Hassan. Le loro voci non sono solo somale, ma eritree, etiopi e di tutti quelli che Gheddafi sta torturando con l'aiuto di Berlusconi".

"Anche la Somalia, L'Eritrea e L'etiopia hanno subito il colonialismo – spiega ancora Scego –. Ma nessuno ci ha chiesto scusa. il contenzioso coloniale con noi è aperto. Avrei portato quelle voci perché Berlusconi a noi ci deve chiedere scusa due volte per il colonialismo e per le violenze che subiamo in Libia. Gheddafi dice di insegnare la religione islamica ma non sa che cos'è. Ho ricevuto un messaggio Messaggio disperato dai duecento eritrei prigionieri del campo di Brak, in Libia, che stanno morendo nel deserto del Sahara. Sono colpiti da malattie contagiose, la tortura è una pratica comune e, quel che è peggio, sono rinchiusi in celle sotterranee dove la temperatura supera i 40°. Stanno soffrendo e morendo. Questi profughi innocenti stanno perdendo la speranza e rischiano la morte. Mi scrivono: 'Perché dovremmo morire nel deserto dopo essere fuggiti dal nostro Paese dove venivamo torturati e uccisi?'".

30 agosto 2010

 

 

 

I finiani: siamo Disneyland di Gheddafi

I finiani di Ffwebmagazine (www.ffwebmagazine.it), periodico online della Fondazione Farefuturo, attaccano duramente le ragioni e i modi della visita di Gheddafi: "Se l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi, il parco-giochi delle sue vanità senili, la ragione è purtroppo politica - scrive sul magazine Carmelo Palma, direttore di www.libertiamo.it. -. Nelle passeggiate romane il rais libico non esibisce il suo temperamento eccentrico, ma la sua legittimazione, la sua amicizia con il premier, la sua paradossale centralità nella politica internazionale di un governo, quello berlusconiano, che è progressivamente passato dall'atlantismo all'agnosticismo, dalle suggestioni neo-con alla logica commerciale, per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione. E visto che Gheddafi paga, le sue diventano anche le "nostre" ragioni e la sua politica la "nostra"".

"Il centro-destra - insiste Palma - che aveva denunciato "l'equivicinanza" della politica estera dalemiana, sempre in mezzo tra aggrediti e aggressori, a distanza di sicurezza dagli uni e dagli altri, l'ha scavalcata, iniziando a distinguere gli autocratici buoni da quelli cattivi sulla base della loro amicizia e disponibilità personale e delle convergenze di interessi di breve periodo. Quest'idea ha portato Berlusconi a Minsk a tributare sperticati elogi all'ultimo dittatore europeo, il bielorusso Aleksandr Lukashenko, a difendere, in ogni dove, le ragioni e la legittimità della "demo-autocrazia" putiniana e a farsi garante della rispettabilità politica del colonnello Gheddafi, che ormai sale in Italia a divertirsi quando e come vuole. Come si dice: pago, spendo, pretendo!".

30 agosto 2010

il SOLE 24 ORE

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http://www.ilsole24ore.com/

2010-09-17

 

 

 

 

 

2010-09-14

Maroni: "La Libia si è scusata". Il comandante: "Impossibile scambiarci per un barcone"

Cronologia articolo14 settembre 2010Commenti (9)

Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2010 alle ore 10:27.

"Penso che si sia trattato di un incidente grave, ma pur sempre un incidente: quello che è successo l'altro ieri sera è un fatto che non doveva accadere e la Libia si è scusata". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, dai microfoni di Mattino 5, parlando della vicenda del motopeschereccio siciliano mitragliato da una motovedetta libica sulla quale erano presenti anche alcuni militari italiani come osservatori. La motovedetta libica è in realtà una delle sei ex unità della Finanza donate alla Libia dall'Italia per contrastare l'immigrazione clandestina. "Immagino - ha detto Maroni, che ha aperto un'inchiesta sull'accaduto - che abbiano scambiato il peschereccio per una nave con clandestini, ma con l'inchiesta verificheremo ciò che è accaduto".

Ben diversa la versione del comandante del motopeschereccio ai microfoni di Radio 24, che smentisce l'ipotesi del ministro. "Non si può scambiare un moto-peschereccio di 36 metri con un barcone", ha sottolineato Gaspare Marrone, comandante dell'Ariete. "E se erano clandestini li ammazzavano tutti?", si è domandato Marrone, ricordando come lui ha personalmente salvato tanti migranti in mare. Il comandante ha confermato di aver "personalmente parlato con un italiano a bordo della motovedetta. Parlava italiano meglio di me - racconta a Radio 24 - gli ho chiesto se era un ufficiale italiano, ma non mi ha risposto. Mi ha detto che se non mi fossi fermato, avrebbero aperto il fuoco". Marrone riferisce che "era in acque internazionali. Mi sono identificato come moto-peschereccio, col numero di matricola e nazionalità. Ho chiesto che se mi avessero dovuto controllare, lo facessero in presenza di autorità italiane. Ho avuto paura di essere sequestrato e portato in Libia. Perché abbiamo esperienza del sequestro che fanno loro e di come ci trattano".

La versione libica filtrata ieri sostiene, invece, che l'imbarcazione di Mazara era entrata in acque territoriali e la reazione si é resa necessaria per bloccare la pesca di frodo. Secondo la versione libica si trovavano al largo della località di Abu Kammash, a circa 30 miglia dal porto di Zwarah.

È annunciata una riunione tecnica per modificare le regole di ingaggio contenute nell'intesa bilaterale, intervenendo su quei punti del "trattato d'amicizia" che lasciano spazio all'interpretazione sull'utilizzo delle motovedette e sui compiti effettivi assegnati agli ufficiali che attualmente hanno soltanto funzioni di "osservazione e supporto". In merito alla presenza di personale delle Fiamme gialle a bordo della motovedetta libica, Maroni ha precisato che si tratta di "militari italiani che per un periodo forniscono assistenza tecnica ai libici, ma non hanno funzioni di equipaggio", Ieri hanno inviato il loro rapporto, dal quale risulta che non sono stati coinvolti nell'operazione.

Dito puntato dalla Cei contro la latitanza di una presenza politica nazionale e internazionale sulla gestione delle acque territoriale di confine con la Libia. "Questi episodi - ha commentato a Radio Vaticana mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio della Conferenza episcopale italiana per gli affari giuridici sulla vicenda del peschereccio mazarese mitragliato da una motovedetta libica - si verificano con regolarità e il punto di contrarietà è sempre lo stesso: il limite delle acque territoriali libiche. Il governo di Gheddafi, con atto unilaterale ha allargato il limite delle acque territoriali fino a 72 miglia marine, contro le 12 previste dal diritto internazionale. Quindi tutte le volte che un peschereccio della nostra flotta, secondo la loro impostazione delle cose, sconfina, per loro è una atto di aggressione. Per noi invece è operare in mare aperto secondo le convenzioni internazionali".

"Sono episodi - prosegue - accaduti anche di recente con sequestri di pescherecci. Questa volta l'Ariete ha avuto la meglio sulla motovedetta ed è riuscito ad attraccare a Lampedusa. Però sono episodi che si ripetono e la preoccupazione qui è grande, perché si vede soprattutto l'assenza di un'azione politica a livello nazionale ed internazionale che affronti finalmente nelle sedi dovute questa questione ormai spinosa". (N.Co.)

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2010-09-13

Motovedetta libica attacca peschereccio italiano. A bordo un ufficiale italiano

Cronologia articolo13 settembre 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2010 alle ore 19:09.

Un motopeschereccio della flotta di Mazara del Vallo, l'"Ariete", è stato raggiunto da alcuni colpi di mitraglia sparati da una motovedetta libica che gli aveva intimato di fermarsi. La sparatoria, avvenuta domenica sera a largo delle coste libiche, non ha avuto conseguenze sull'equipaggio, che è riuscito ad evitare l'abbordaggio e ad allontanarsi. Sulla motovedetta di Tripoli, una delle sei imbarcazioni donate dal governo italiano nell'ambito dell'accordo per contrastare l'immigrazione clandestina, c'erano alcuni militari italiani.

In serata la conferma della Guardia di Finanza: l'unità navale libica è un mezzo navale della classe 'Bigliani' in dotazione alle Fiamme Gialle e donato dall'Italia alla Libia per il contrasto all'immigrazione clandestina. Confermato anche il fatto che a bordo dell'unità libica c'era anche un ufficiale delle Finanza con funzioni di osservatore. Sulla vicenda e sulla sparatoria avvenuta a Mazara del Vallo la Guardia di Finanza ha chiesto dettagliate informazioni.

"Era una motovedetta molto nuova, e questo mi fa pensare che possa essere una di quelle donate dall'Italia alla Libia per il servizio di respingimento". Così il comandante Gaspare Marrone del motopeschereccio Ariete ha commentato l'attacco. Marrone ha raccontato che l'intimazione a fermarsi è giunta da un uomo che parlava con un accento italiano impeccabile: "Ci hanno intercettato verso le 18, e ci hanno seguiti per un paio d'ore. Poi qualcuno, che parlava l'italiano meglio di me, e non aveva nessuna inflessione straniera, ci ha urlato 'fermatevi, o questi vi sparano'. Che motivo aveva di dire 'questi'? Piuttosto avrebbe detto 'fermatevi o vi spariamo'. E' davvero una cosa molto strana". Poi l'incredibile serie di colpi. "È stato un inferno - ha aggiunto Marrone - i proiettili rimbalzavano dal ponte fino alla sala macchine. Ci siamo distesi tutti a terra pregando che nessuno di noi venisse colpito".

Dopo l'attacco, che ha causato la perforazione della "zona morta" dello scafo e del gommone usato come tender, l'Ariete è tornato al porto di Lampedusa. "Per fortuna nessuno si è fatto male, e l'equipaggio sta bene - ha spiegato ancora Marrone, che in passato si è distinto più volte per aver salvato decine di migranti intercettati nel Canale di Sicilia -. Adesso riprenderemo il mare, e dopo altri cinque giorni di pesca faremo ritorno a Mazara del Vallo". La motovedetta non aveva armi pesanti, ma vi era stata sistemata a bordo una mitragliatrice Mg, che poi è quella che ha sparato. I colpi di mitraglia contro il motopesca "Ariete" sono solo l'ultimo episodio di una lunga "guerra" che si combatte tra i pescatori mazaresi e la Libia. Il 10 giugno scorso le motovedette libiche avevano sequestrato altri tre pescherecci mazaresi, l' "Alibut", il "Marine 10" e il "Vincenza Giacalone", che erano stati rilasciati dopo tre giorni grazie all'intervento personale del premier Silvio Berlusconi.

Tra gli armatori della flotta di Mazara del Vallo e le autorità di Tripoli da anni si trascina un contenzioso che riguarda la possibilità di pescare al largo delle coste libiche. Gheddafi rivendica infatti la propria giurisdizione all'interno di tutto il Golfo della Sirte, ben oltre dunque il limite delle acque territoriali sancito dal diritto marittimo internazionale che parla di 12 miglia, come avviene per l'Italia, che possono essere estese fino ad un'area "contigua" di 24 miglia.

La Farnesina segue da vicino il caso che dimostra come ci sia la necessità di arrivare presto a un'intesa con la Libia sulle risorse marine. "L' Ambasciata d' Italia a Tripoli - spiega una nota del Ministero degli Esteri - è stata attivata per acquisire, in raccordo con le competenti autorità libiche, dettagliati elementi sulla vicenda e per accertare l' esatta dinamica dei fatti, alla luce dello stretto rapporto di collaborazione fra i due Paesi, nonchè dell' esigenza di accelerare le procedure per addivenire ad un'intesa in materia di risorse marine prevista dal Trattato di Bengasi"

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2010-08-31

La visita show di Gheddafi si chiude tra le polemiche

di Claudio TucciCronologia articolo31 agosto 2010Commenti (7)

Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2010 alle ore 12:21.

Muammar Gheddafi ha lasciato l'Italia dopo una visita di 48 ore carica di polemiche. L'aereo del leader libico, che indossava una camicia sahariana marrone, è ripartito da Ciampino poco prima delle ore 13. Il soggiorno a Roma per i festeggiamenti per il secondo anniversario del Trattato di amicizia italo-libico era iniziato domenica con una lezione di Islam a 500 ragazze di un'agenzia di hostess.

Ma l'intera visita romana del colonnello libico ha fatto discutere. Una tre giorni colorita di tanti show, ma anche di importanti contatti commerciali. "Basta palcoscenico per il rais" chiedono in una lettera il piediellino Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera e Mario Mauro, capogruppo del Pdl all'Europarlamento e si dice infastidita dall'appello alle giovani italiane il ministro per la Gioventù, Giorgia Meloni. "Uno spettacolo avvilente", l'ha definito invece il capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, David Sassoli. Ancora una volta, ha aggiunto, "ci siamo fatti ridere dietro dal resto d'Europa". Del resto, anche il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, pur riconoscendo l'importanza degli accordi commerciali tra Roma e Tripoli, si è detto convinto che il colonnello Gheddafi dovesse essere ricevuto "come un qualsiasi altro cittadino".

L'Europa ha scelto la via della diplomazia. "Non commentiamo le dichiarazioni di mister Gheddafi", ha detto il portavoce della vice presidente della Commissione Ue Viviane Reding, riferendosi alle parole del leader libico che ieri aveva chiesto a Bruxelles 5 miliardi di euro l'anno per fermare l'immigrazione irregolare.

Critiche sono arrivate invece dal Vaticano. Per Avvenire, il quotidiano dei vescovi, la visita di Gheddafi è stata un' "incresciosa messa in scena" o "forse solo un boomerang", "certamente è stata una lezione, magari pure per i suonatori professionisti di allarmi sulla laicità insidiata". Avvenire si chiede soprattutto come Gheddafi - nella "tollerante e pluralista Italia" dalle "profonde e vive radici cristiane" e al tempo stesso capace di "una positiva laicità" - abbia potuto "fare deliberato spettacolo di proselitismo (anche grazie a un Tg pubblico incredibilmente servizievole...)".

 

 

 

 

Islam europeo rivisto e scorretto

di Khaled Fouad AllanCronologia articolo31 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2010 alle ore 09:12.

L'ultima modifica è del 31 agosto 2010 alle ore 09:22.

Quando si getta uno sguardo sui movimenti di protesta, di resistenza o rivoluzionari del secolo scorso, sia in Occidente che nei paesi ex colonizzati, si rimane sorpresi dalla profonda differenza tra la violenza politica di allora e quella di oggi. La guerra di Spagna contava tra i suoi militanti filosofi e poeti come Machado e Garcia Lorca, e c'è un abisso tra il "viva la muerte" cantato da quei rivoluzionari degli anni 30 e lo slogan "amiamo la morte" lanciato negli anni 90 dal Gruppo islamico armato (Gia) in Algeria e ripreso oggi dalle nuove milizie, figlie del salafismo, chiamate Al Shebab.

 

Questi movimenti islamisti sono il prodotto della destrutturazione del sistema mondiale e della profonda crisi che attraversa le giovani generazioni nel mondo musulmano. Si chiamano shebab, in arabo "giovani"; la radice triletterale della parola rimanda anche alla nozione di "bellezza". La fascia di età delle reclute va dai 17 ai 30 anni. Provengono da tutto il mondo - Europa, Usa, Asia, Africa, Medio Oriente - e il loro ideale s'inscrive in un'interpretazione radicalista e militante del Corano. L'instaurazione delle corti islamiche rappresenta per loro l'autentico ordine islamico: nulla a che vedere dunque con gli ideali di libertà e giustizia che hanno caratterizzato i movimenti di liberazione nazionale, negli stessi paesi, durante il XX secolo.

Che cosa è accaduto dunque a un'intera generazione? Qual è la natura del cambiamento, da Est a Ovest, da Nord a Sud? Che cosa accomuna un ragazzo musulmano della periferia di Amsterdam a un coetaneo di Casablanca o di Mogadiscio?

Come più volte ho sottolineato, avere vent'anni nel mondo musulmano non è la stessa cosa che avere vent'anni in Occidente. In quegli ambiti culturali il conflitto generazionale non esplode mai, la relazione tra genitori e figli è sempre verticale e rigidamente autoritaria, tutti i ruoli sono predeterminati. Ma ecco che il sistema mondiale, e la cultura occidentale che ne è alla base, scardinano completamente l'ordine tradizionale mettendo in crisi le certezze. Non è un caso, dunque, che nella stessa Europa si assista a un duplice fenomeno: la dimensione urbana non produce più società, e interi quartieri si rinchiudono nella dimensione comunitarista; così gruppi di giovani si impadroniscono dell'islam, lo strutturano a loro modo investendo la loro violenza in una dimensione religiosa. Così l'urbanità postmoderna si coniuga con nuove forme d'identità religiosa, e l'islam diviene una specie di Weltanschauung per chi combatte su tutti i fronti del mondo, dall'Afghanistan alla Somalia. Questi giovani borderline sanno bene che fanno parte di una cultura perdente, e che il cammino dell'emancipazione femminile è irreversibile anche nel mondo islamico. La loro violenza è proporzionale ai cambiamenti in corso, anche se con molta difficoltà, in quella cultura.

La crescita di questi movimenti e di queste nuove forme di violenza è un segnale anche per l'Occidente: il fatto di trovare nei gruppi di combattenti shebab dei giovani musulmani che provengono da paesi occidentali ci deve interrogare sulla questione dell'integrazione. Perché integrazione non significa solo riconoscimento di un'identità specifica, ma anche condivisione dei valori che sono all'origine dell'Occidente, vale a dire libertà ed eguaglianza.

Lo sfaldarsi della coesione sociale è quindi una minaccia per l'Europa: un vasto programma di educazione dovrebbe aiutare a prevenire queste nuove forme di violenza che esplodono nelle zone di conflitto nel mondo. In particolare la costruzione di un islam europeo potrebbe aiutare a definire dei modelli virtuosi di comportamento affinché questi shebab che partono anche dall'Europa possano allontanarsi dalla violenza.

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Gheddafi: con le aziende italiane altre commesse nella difesa

Nicoletta PicchioCronologia articolo31 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2010 alle ore 08:00.

Mezz'ora di faccia a faccia, nella tenda piantata nella residenza dell'ambasciatore libico a Roma. Con l'economia in primo piano: dallo scenario internazionale a come uscire dalla crisi agli accordi bilaterali e un impegno comune per l'Africa. "I rapporti economici bilaterali possono solo crescere", è stata la promessa reciproca dei due leader, Muammar Gheddafi e Silvio Berlusconi. In primo piano, le commesse nel campo della difesa.

Il Colonnello si è profuso in complimenti: "Avete una straordinaria industria della difesa", ha detto al nostro premier, accompagnato dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, e dal sottosegretario alla presidenza Gianni Letta. "Vogliamo fare più accordi con voi anche in questo settore", ha detto Gheddafi, mentre Berlusconi ha apprezzato la politica del Colonnello nell'edilizia popolare. Poi una richiesta alla Ue: Per "fermare" l'immigrazione clandestina "la Libia, sostenuta dall'Italia, chiede all'Europa almeno 5 miliardi di euro all'anno": è nell'interesse dell'Europa stessa, che altrimenti "davanti a milioni di immigrati, potrebbe diventare Africa".

Non ci sono sul piatto solo i 1.700 chilometri dell'autostrada sulla costa libica, un business da oltre 5 miliardi di euro per le imprese di costruzione italiane. Il leader libico ha confermato la volontà di attrarre investimenti italiani. I contratti nel settore della difesa dovrebbero riguardare richieste di forniture nei confronti di Finmeccanica e Fincantieri. Un business che dovrebbe essere approfondito presto, forse già a fine settembre, dai ministri della Difesa dei due Paesi, e che si aggiunge a quello di trasporti ed energia: solo l'Eni ha già annunciato investimenti in Libia per 25 miliardi di dollari. Il giro d'affari potenziale dopo il pre-accordo siglato l'anno scorso da Finmeccanica con i fondi sovrani libici Libyan Investment Authority e la Libya Africa Investment Portfolio, per dare vita ad una joint venture nei settori dell'aerospazio, elettronica, trasporti ed energia per operare in Libia, Africa e Medio Oriente è stimato in 20 miliardi di euro.

I big dell'economia e della finanza erano presenti in gran numero tra gli 800 invitati della cena di ieri sera, alla Caserma dei Carabinieri Salvo D'Acquisto, l'evento-spettacolo preceduto dall'esibizione a cavallo dei Carabinieri e da quella dei 27 cavalli berberi arrivati in aereo da Tripoli. Berlusconi e Gheddafi si sono fermati insieme in mezzo all'arena. Il Colonnello ha lodato il coraggio di Berlusconi per aver firmato il Trattato di Bengasi e per le scuse del passato coloniale italiano in Libia, il nostro premier se l'è presa con le critiche fioccate in questi giorni: l'amicizia Italia-Libia "è un vantaggio di tutti - ha detto - chi non capisce è prigioniero di schemi superati". Lo show della visita, gli incontri sul Corano (anche ieri mattina con 200 ragazze, alle quali ha assicurato che "in Libia la donna è più rispettata che in Occidente") hanno scatenato dure polemiche. A prendere posizione in modo netto i finiani di Farefuturo: "Se l'Italia è diventata la Disneyland di Gheddafi, c'è una ragione politica. Si è passati dall'atlantismo all'agnosticismo". Una "logica commerciale per cui chi paga ha ragione". Perplessa Stefania Craxi, sottosegretario agli Esteri: "Qualsiasi fede religiosa merita rispetto". Ma oggi la "Padania" leghista titolerà: "L'Europa sia cristiana".

A tagliare corto sull'opposizione è Frattini: "È gente che non conosce affatto né la politica estera, né l'interesse dell'Italia". Un'importanza che il governo italiano ha sancito nelle tappe della visita, compresa l'inaugurazione della mostra fotografica sulla storia dei rapporti Italia-Libia all'Accademia libica (Berlusconi si è commosso guardando le foto della situazione in Libia durante l'occupazione italiana). Molti i nomi noti alla cena: dall'ad dell'Eni, Paolo Scaroni, a quello di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, ai vertici Enel, Piero Gnudi e Fulvio Conti, il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, il presidente Alitalia, Roberto Colaninno, Massimo Ponzellini, numero uno Impregilo, Luisa Todini (presidente Todini Costruzioni, che ha realizzato la Caserma), il presidente Bnl, Luigi Abete, il presidente degli industriali di Roma, Aurelio Regina, l'ad di Unicredit, Alessandro Profumo e il finanziere Tarak Ben Ammar. Ora resta aperta la risposta che il Governo italiano dovrà dare a Gheddafi, sulla partecipazione al 41° anniversario della rivoluzione libica, il 1° settembre. I leader francesi e spagnoli non ci saranno, Berlusconi dovrà decidere se andare o farsi rappresentare da Frattini.

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Incontro tra Berlusconi e Gheddafi. Il premier: "Chi non capisce è prigioniero del passato"

di Claudio TucciCronologia articolo30 agosto 2010Commenta

Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2010 alle ore 19:31.

Dopo lo show di ieri con le hostess e l'invito all'Europa a convertirsi all'Islam, che ha sollevato un polverone tra i politici di ogni schieramento, il leader libico Muhammar Gheddafi ha incontrato oggi il premier Silvio Berlusconi. L'incontro è avvenuto alle ore 17 sotto una tenda beduina allestita presso la residenza dell'ambasciatore libico a Roma.

Secondo quanto riferito da fonti di Governo, i colloqui si sono incentrati prevalentemente sulla politica internazionale, in particolare sull'Africa, e sul Medio Oriente. I due leader,

hanno spiegato le stesse fonti, hanno fatto una serie di valutazioni sulle prospettive della pace in Medio Oriente a seguito degli ultimi sviluppi nell'area. Gheddafi avrebbe inoltre rinnovato l'attenzione della Libia alla penetrazione delle imprese italiane nel Paese, frutto della firma del trattato di Amicizia tra Italia e Libia di cui ricorre il secondo anniversario. Secondo le stesse fonti non sono stati firmati accordi specifici, ma da parte di Tripoli si sarebbe semplicemente ribadita la disponibilità ad accogliere gli investimenti italiani nel Paese. Per il ministro degli Esteri Franco Frattini, "i colloqui sono andati bene e si è parlato anche di come uscire dalla crisi".

Lasciata la residenza dell'ambasciatore, Berlusconi e Gheddafi hanno svelato una targa e tagliato un nastro verde per l'inaugurazione della sede romana dell'Accademia libica in Italia, in occasione della Giornata di amicizia italo-libica. Sulla targa posta all'ingresso dell'Accademia c'è scritto in caratteri arabi:"per l'occasione del secondo anniversario della firma del trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la grande Jamaryiha e la Repubblica italiana, il fratello leader della rivoluzione Mummar Gheddafi ha inaugurato in presenza del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, la sede dell'Accademia libica in Italia per essere un ponte di congiungimento culturale e civile tra la grande Jamaryiha e la Repubblica italiana. Roma 30 agosto 2010". Dopo aver scoperto la targa, Gheddafi e Berlusconi sono andati a visitare la mostra fotografica - sempre nell'Accademia libica - sulla storia delle relazioni italo-libiche.

In serata i festeggiamenti per l'anniversario del Trattato di amicizia, alla caserma Salvo D'Acquisto. Circa 800 gli invitati - compreso l'intero Governo italiano - chiamati dal premier Berlusconi per la cena o Iftar - il pasto che spezza il digiuno imposto ai musulmani dal mese di Ramadan - offerta al leader libico. Uno spettacolo d'eccezione: una sfilata equestre dei 30 cavalli berberi portati appositamente da Tripoli, a cui ha fatto seguito il Carosello dei Carabinieri.

Anche la seconda giornata di Gheddafi a Roma ha acceso le polemiche politiche. Nel Pdl si appoggia l'accoglienza data da Berlusconi al leader libico e si invita ad andare oltre gli aspetti "folkloristici" della visita. "L'ospite è sempre sacro", si è limitato a dire il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, mentre il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri sottolinea i "vantaggi" per le imprese italiane dopo gli accordi con la Libia e la maggiore sicurezza vista "la riduzione degli ingressi di clandestini". Nessun commento da parte dei vertici della Lega Nord. Un silenzio "assordante", sottolinea l'opposizione. La Lega "strilla per le moschee e tace su Gheddafi", dice Silvana Mura, Idv. "Nei vertici di quel partito non ci sono valori né principi, né cristiani né civili, ma solo freddo calcolo e cinico interesse", osserva Deborah Serracchiani del Pd. In ogni caso, commenta il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, la visita di Gheddafi "più che teatrino libico è il teatro della politica estera berlusconiana".

"Chi non capisce" che l'amicizia fra Libia e Italia è "a vantaggio di tutti, appartiene al passato ed è prigioniero di schemi superati, noi invece vogliamo guardare al futuro" ha detto il premier Silvio Berlusconi nel corso del suo intervento durante le celebrazioni.

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Tra le lezioni sull'Islam, i cavalli berberi e i miliardi la visita di Gheddafi sui giornali stranieri

di Elysa FazzinoCronologia articolo30 agosto 2010Commenta

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2010 alle ore 15:18.

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I cavalli, la tenda, le modelle. La lezione sull'Islam. E il business. La visita di Gheddafi in Italia trova spazio sui siti dei media esteri e non c'è solo folclore. La visita di Gheddafi a Roma arriva "in un momento delicato per Silvio Berlusconi", nota il Times di Londra, che mette in evidenza le critiche rivolte al primo ministro italiano, accusato di sfruttare per "guadagno personale" la relazione con "l'eccentrico dittatore nordafricano".

Il Times, nella corrispondenza di Philip Willan intitolata "Gheddafi arriva nella ressa di Roma con tenda, cavalli e guardie del corpo femmine", ricorda l'imbarazzo diplomatico suscitato lo scorso anno quando Gheddafi arrivò esibendo, puntata all'uniforme, la foto del guerrigliero anti-italiano, il "leone del Deserto" Omar al Mukhtar. Le tensioni per il colonialismo italiano in Libia – scrive il quotidiano - sono state attenuate dalla firma di patto bilaterale d'amicizia, in base al quale l'Italia ha accettato di pagare un risarcimento di 5 miliardi di dollari. L'accordo comprende l'impegno italiano di sminare il territorio e costruire un'autostrada lungo la costa libica, mentre i libici si sono impegnati a fare pattuglie navali per impedire a immigrati africani clandestini di raggiungere l'Italia.

Dopo avere ricordato le denunce per la violazione dei diritti dei migranti da parte delle autorità libiche, il Times nota che, secondo alcune critiche, Berlusconi si è spinto troppo in là nel tendere la mano dell'amicizia al colonnello Gheddafi. E cita i sospetti di un conflitto d'interesse sollevati dalle partecipazioni di minoranza di Fininvest e della Libia in Quinta Communications, la società di produzione cinematografica di Tarak Ben Ammar.

"Gheddafi elogia l'Islam nella visita in Italia" titola sulla homepage del suo sito web il Wall Street Journal, che pubblica un lancio Ap molto gettonato sulla stampa statunitense.

"Gheddafi – si legge - ha dato lezioni sull'Islam e copie del Corano a qualche centinaio di giovani donne". L'Ap cita Michela, che riferisce della conversione di tre partecipanti. E fa notare che Gheddafi viaggia con guardie del corpo e ama definirsi femminista sui generis. Nella sua prima visita, nel luglio del 2009, criticò il modo in cui l'Islam tratta le donne, ma . aggiunge l'Ap - disse anche che "i parenti maschi dovrebbero decidere se le donne possono guidare". "Nonostante il passato coloniale", conclude l'Ap, "Italia e Libia hanno da tempo buoni legami" e grandi corporazioni italiane come l'Eni hanno investito massicciamente nel paese, ricco di petrolio. La banca centrale libica – scrive l'Ap - ha una quota del 4% in Unicredit, che ha appena ottenuto la prima licenza internazionale per operare nel paese nordafricano.

La cronaca Ap è ripresa, tra gli altri, sui siti di Chicago Tribune e Los Angeles Times col titolo "Gheddafi dà lezione sull'Islam a giovani donne italiane". "Gheddafi arriva in Italia per sottolineare i più stretti legami tra i due paesi", è il titolo della Cnn. Il San Francisco Chronicle riporta anche un lancio Bloomberg "Gheddafi porta cavalli e miliardi di business in viaggio a Roma".

Le scuse chieste dall'Italia alla Libia nel 2008 per tre decenni di colonialismo "stanno pagando dividendi alle compagnie italiane come Eni e Finmeccanica", osserva subito l'agenzia. "I legami commerciali tra i due paesi si sono intensificati" da quando è stato formato il trattato d'amicizia, si legge su Bloomberg. "Berlusconi è emerso come il più stretto alleato europeo del leader libico", mentre i suoi avversari lo accusano di ignorare le violazioni dei diritti umani di Gheddafi.

Bloomberg si sofferma sull'Eni, che ottiene il 14% della sua produzione dalla Libia, e sugli appalti in cantiere. Impregilo e Astaldi sono in gara per il progetto di autostrada, Ansaldo (Finmeccanica) ha ottenuto un contratto da 247 milioni di euro per la fornitura di sistemi di segnalazione e comunicazione ferroviaria, Finmeccanica ha firmato lo scorso ottobre un contratto da 300 milioni di euro per un sistema di sicurezza e in luglio ha avviato una joint venture con l'autorità d'investimento libica.

Dalla firma del trattato, nota ancora Bloomberg, Unicredit ha rafforzato la sua partecipazione in Unicredit, arrivando a quasi il 7%. La relazione sempre più stretta tra Italia e Libia – continua l'articolo – viene criticata dai partiti d'opposizione e dai gruppi di difesa dei diritti dell'uomo, in particolare per la politica dei respingimenti degli immigrati clandestini. Sono ricordate anche le accuse rivolte dagli avversari politici di Berlusconi per i suoi legami di business con Gheddafi e le partecipazioni di minoranza di Fininvest e della Libia in Quinta Communications.

Punta sull'Islam la stampa spagnola. "Gheddafi davanti a 500 modelle: L'Islam deve essere la religione di tutta Europa", titola El Mundo, riprendendo l'Efe. Titoli analoghi sui siti di El Pais e Abc (quest'ultimo sottolinea in una notizia a parte la conversione di tre donne davanti a Gheddafi).

Toni neutri nella cronaca Afp ripresa sul sito di Les Echos e di altri media francesi, con il titolo "Gheddafi in Italia per l'anniversario del trattato d'amicizia italo-libico". L'agenzia osserva che l'economia dovrebbe essere all'ordine del giorno degli incontri e ricorda le grandi linee: venti imprese italiane sono interessate, l'ad Eni, Paolo Scaroni, ha definito la Libia "pupilla degli occhi" del gruppo petrolifero, la Libia ha rafforzato a oltre il 6% la sua presenza in Unicredit. Una visita che, ancora una volta, "suscita polemiche".

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2010-08-30

Tra le lezioni sull'Islam, i cavalli berberi e i miliardi la visita di Gheddafi sui giornali stranieri

di Elysa FazzinoCronologia articolo30 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2010 alle ore 15:18.

I cavalli, la tenda, le modelle. La lezione sull'Islam. E il business. La visita di Gheddafi in Italia trova spazio sui siti dei media esteri e non c'è solo folclore. La visita di Gheddafi a Roma arriva "in un momento delicato per Silvio Berlusconi", nota il Times di Londra, che mette in evidenza le critiche rivolte al primo ministro italiano, accusato di sfruttare per "guadagno personale" la relazione con "l'eccentrico dittatore nordafricano".

Il Times, nella corrispondenza di Philip Willan intitolata "Gheddafi arriva nella ressa di Roma con tenda, cavalli e guardie del corpo femmine", ricorda l'imbarazzo diplomatico suscitato lo scorso anno quando Gheddafi arrivò esibendo, puntata all'uniforme, la foto del guerrigliero anti-italiano, il "leone del Deserto" Omar al Mukhtar. Le tensioni per il colonialismo italiano in Libia – scrive il quotidiano - sono state attenuate dalla firma di patto bilaterale d'amicizia, in base al quale l'Italia ha accettato di pagare un risarcimento di 5 miliardi di dollari. L'accordo comprende l'impegno italiano di sminare il territorio e costruire un'autostrada lungo la costa libica, mentre i libici si sono impegnati a fare pattuglie navali per impedire a immigrati africani clandestini di raggiungere l'Italia.

Dopo avere ricordato le denunce per la violazione dei diritti dei migranti da parte delle autorità libiche, il Times nota che, secondo alcune critiche, Berlusconi si è spinto troppo in là nel tendere la mano dell'amicizia al colonnello Gheddafi. E cita i sospetti di un conflitto d'interesse sollevati dalle partecipazioni di minoranza di Fininvest e della Libia in Quinta Communications, la società di produzione cinematografica di Tarak Ben Ammar.

"Gheddafi elogia l'Islam nella visita in Italia" titola sulla homepage del suo sito web il Wall Street Journal, che pubblica un lancio Ap molto gettonato sulla stampa statunitense.

"Gheddafi – si legge - ha dato lezioni sull'Islam e copie del Corano a qualche centinaio di giovani donne". L'Ap cita Michela, che riferisce della conversione di tre partecipanti. E fa notare che Gheddafi viaggia con guardie del corpo e ama definirsi femminista sui generis. Nella sua prima visita, nel luglio del 2009, criticò il modo in cui l'Islam tratta le donne, ma . aggiunge l'Ap - disse anche che "i parenti maschi dovrebbero decidere se le donne possono guidare". "Nonostante il passato coloniale", conclude l'Ap, "Italia e Libia hanno da tempo buoni legami" e grandi corporazioni italiane come l'Eni hanno investito massicciamente nel paese, ricco di petrolio. La banca centrale libica – scrive l'Ap - ha una quota del 4% in Unicredit, che ha appena ottenuto la prima licenza internazionale per operare nel paese nordafricano.

La cronaca Ap è ripresa, tra gli altri, sui siti di Chicago Tribune e Los Angeles Times col titolo "Gheddafi dà lezione sull'Islam a giovani donne italiane". "Gheddafi arriva in Italia per sottolineare i più stretti legami tra i due paesi", è il titolo della Cnn. Il San Francisco Chronicle riporta anche un lancio Bloomberg "Gheddafi porta cavalli e miliardi di business in viaggio a Roma".

Le scuse chieste dall'Italia alla Libia nel 2008 per tre decenni di colonialismo "stanno pagando dividendi alle compagnie italiane come Eni e Finmeccanica", osserva subito l'agenzia. "I legami commerciali tra i due paesi si sono intensificati" da quando è stato formato il trattato d'amicizia, si legge su Bloomberg. "Berlusconi è emerso come il più stretto alleato europeo del leader libico", mentre i suoi avversari lo accusano di ignorare le violazioni dei diritti umani di Gheddafi.

Bloomberg si sofferma sull'Eni, che ottiene il 14% della sua produzione dalla Libia, e sugli appalti in cantiere. Impregilo e Astaldi sono in gara per il progetto di autostrada, Ansaldo (Finmeccanica) ha ottenuto un contratto da 247 milioni di euro per la fornitura di sistemi di segnalazione e comunicazione ferroviaria, Finmeccanica ha firmato lo scorso ottobre un contratto da 300 milioni di euro per un sistema di sicurezza e in luglio ha avviato una joint venture con l'autorità d'investimento libica.

Dalla firma del trattato, nota ancora Bloomberg, Unicredit ha rafforzato la sua partecipazione in Unicredit, arrivando a quasi il 7%. La relazione sempre più stretta tra Italia e Libia – continua l'articolo – viene criticata dai partiti d'opposizione e dai gruppi di difesa dei diritti dell'uomo, in particolare per la politica dei respingimenti degli immigrati clandestini. Sono ricordate anche le accuse rivolte dagli avversari politici di Berlusconi per i suoi legami di business con Gheddafi e le partecipazioni di minoranza di Fininvest e della Libia in Quinta Communications.

Punta sull'Islam la stampa spagnola. "Gheddafi davanti a 500 modelle: L'Islam deve essere la religione di tutta Europa", titola El Mundo, riprendendo l'Efe. Titoli analoghi sui siti di El Pais e Abc (quest'ultimo sottolinea in una notizia a parte la conversione di tre donne davanti a Gheddafi).

Toni neutri nella cronaca Afp ripresa sul sito di Les Echos e di altri media francesi, con il titolo "Gheddafi in Italia per l'anniversario del trattato d'amicizia italo-libico". L'agenzia osserva che l'economia dovrebbe essere all'ordine del giorno degli incontri e ricorda le grandi linee: venti imprese italiane sono interessate, l'ad Eni, Paolo Scaroni, ha definito la Libia "pupilla degli occhi" del gruppo petrolifero, la Libia ha rafforzato a oltre il 6% la sua presenza in Unicredit. Una visita che, ancora una volta, "suscita polemiche".

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